In una società emancipata, globalizzata e multietnica come la nostra, la croce è diventata un qualcosa (o un qualcuno) da mettere ai margini e da eliminare dai nostri ambienti comuni e culturali, perché considerata segno di debolezza, di sconfitta o spesso segno di “offesa” per le altre religioni. Credo che in questo nostro tempo di confusione, soprattutto circa la fede, Angela da Foligno, una delle più grandi mistiche medievali, terziaria francescana e canonizzata da Papa Francesco qualche anno fa, abbia qualcosa di fondamentale da insegnare all’uomo del XXI secolo, che sembra aver smarrito del tutto la sua stessa identità e la meta verso cui è diretto.
Vorrei iniziare affermando che tutto il percorso di Angela da Foligno si snoda su due poli che si intrecciano reciprocamente ovvero: la conoscenza di sé e la conoscenza della croce, traendo da quest’ultima la direzione del proprio percorso interiore che porterà la santa a fare delle scelte concrete di conversione, fino ad arrivare alla trasformazione di sé stessa in quello stato mistico che consiste nel sentire Dio in se stessa e la croce di Cristo piantata dentro la sua anima.
La conoscenza della croce la troviamo descritta come sua esperienza mistica primaria nella narrazione del suo Memoriale, un’autobiografia spirituale in cui mostra i 30 passi che l’anima compie per raggiungere l’intima comunione con Dio, attraverso la meditazione dei misteri di Cristo. In modo particolare Angela la descrive nel 7°, 8° e 9° passo del suo percorso; così essa si esprime:
Nel settimo passo mi si dava di guardare la
croce, nella quale vedevo Cristo morto per noi.
Ma era ancora visione insipida, sebbene ne ricevessi grande dolore.
Nell’ottavo passo, mentre guardavo la croce,
mi fu data una maggiore conoscenza del fatto che
il Figlio di Dio morì per i nostri peccati. Allora
riconobbi tutti i miei peccati con il più grande
dolore perché sentivo che lo avevo crocifisso io […].
Ma con questa conoscenza della croce mi veniva dato un tale fuoco che, stando presso la croce, mi spogliai di tutte le vesti e mi detti tutta a lui. E sebbene con timore, tuttavia in quel momento gli promisi di conservare la castità perpetua e di non offenderlo con nessuno dei miei membri e sensi, poiché da una parte avevo paura di promettere, dall’altra quel fuoco mi spingeva a quella promessa e non potevo fare diversamente.
Nel nono passo mi veniva dato di chiedere
quale fosse la via della croce, perché potessi stare
ai piedi della croce, dove trovano rifugio tutti i peccatori.
E in una strettoia mi fu mostrata, in luce, la via della croce, e ciò avvenne in questo modo, perché mi fu ispirato che, se volevo andare verso la croce, mi spogliassi per essere più leggera. E andassi nuda verso la croce, cioè che perdonassi tutti quanti mi avessero offeso e mi spogliassi di tutte le cose terrene e di tutti, uomini e donne,
amici e parenti, e di tutti gli altri e di ogni mio possesso e di me stessa, e offrissi il mio cuore a Cristo, che mi aveva concesso tali benefici, e andassi per la via spinosa, cioè la tribolazione». (Mem. 3.20-5.7).
La croce dunque come si evince, segna per Angela con gradualità, il punto di partenza e il punto di arrivo della perfezione, che la porta in un primo momento alla piena conoscenza e alla verità di sé stessa e la immette immediatamente nella relazione con il Cristo nudo e povero, e successivamente a quell’amore trasformante che la fa passare dall’istinto delle sue passioni carnali, alla dimensione piena dello spirito.
Nello spirito del serafico padre San Francesco, anche Angela, sua degna discepola, per mezzo della conoscenza della croce e per l’amore a Gesù Crocifisso, giunge ad un distacco sia dai legami affettivi, sia da sé stessa, fino ad arrivare ad una spogliazione totale del suo “io“, che esprimerà anche esteriormente attraverso la povertà.
Sarebbe impossibile descrivere in modo esaustivo tutte le considerazioni che Angela fa sulla Croce e alla sua ammirabile conoscenza.
Certo è, che a partire da quanto sinteticamente descritto, l’uomo per giungere a possedere la pienezza e la verità del suo essere, non potrà mai fare a meno della croce di Cristo, soprattutto per comprendere il significato vero dell’Amore.
Negare la croce, cercare di distruggerla, ignorarla o dargli un significato inadeguato è, da parte dell’uomo di oggi, un andare contro sé stesso e alla sua più profonda realizzazione, perché Dio ha scelto la croce come la sapienza più alta di rivelazione per fare conoscere Sé stesso e per dire all’uomo, in Gesù Cristo, il suo incommensurabile amore divino.