Ucraina: cristiani e ortodossi sotto le bombe. L’ecumenismo che resiste

Cattedrale Sant'Andrea Kiev
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A posteriori, le parole di papa Francesco suonano come un ultimo drammatico appello inascoltato: “Ho un grande dolore nel cuore per il peggioramento della situazione nell’Ucraina. Nonostante gli sforzi diplomatici delle ultime settimane si stanno aprendo scenari sempre più allarmanti. Come me tanta gente, in tutto il mondo, sta provando angoscia e preoccupazione. Ancora una volta la pace di tutti è minacciata da interessi di parte. Vorrei appellarmi a quanti hanno responsabilità politiche, perché facciano un serio esame di coscienza davanti a Dio, che è Dio della pace e non della guerra; che è Padre di tutti, non solo di qualcuno, che ci vuole fratelli e non nemici”. Così si era espresso il Santo Padre, al termine dell’udienza generale del 23 febbraio, poche ore prima dello scoppio effettivo del conflitto russo-ucraino.

L’invito del Pontefice a fare del prossimo Mercoledì delle ceneri una “Giornata di digiuno per la pace” ha tutta l’aria di non limitarsi al solo inizio Quaresima. La penitenza dei cristiani per la pace sembra destinata a diventare una costante dei prossimi mesi e dei prossimi anni. Su questo terreno, le parole del Papa vanno decisamente a convergere con i messaggi della Madonna a Medjugorje degli ultimi 40 anni: pregare, digiunare e mortificarsi per la pace. Non è un caso che quello di “Regina della Pace” sia l’epiteto più diffuso per indicare la Vergine Maria nelle sue apparizioni balcaniche.

Come si sta sviluppando, intanto, l’azione diplomatica della Santa Sede in Europa orientale? “I tragici scenari che tutti temevano stanno diventando purtroppo realtà – ha dichiarato il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin –. Ma c’è ancora tempo per la buona volontà, c’è ancora spazio per il negoziato, c’è ancora posto per l’esercizio di una saggezza che impedisca il prevalere degli interessi di parte, tuteli le legittime aspirazioni di ognuno e risparmi il mondo dalla follia e dagli orrori della guerra. Noi credenti non perdiamo la speranza su un barlume di coscienza di coloro che hanno in mano i destini del mondo”. Anche il cardinale Parolin ha richiamato l’attenzione sulla potenza della preghiera e del digiuno.

Gestire una situazione di conflitto così accesa e degenerata in tempi tanto rapidi sarà un’operazione altamente complessa, anche perché va ad intrecciarsi col delicato nodo delle relazioni catto-ortodosse in Ucraina e nei territori limitrofi. Le relazioni tra Italia e Russia, oltretutto, sono importanti non solo sul piano economico ed energetico ma anche in ambito religioso. Italiano è infatti l’arcivescovo di Mosca, il 59enne romagnolo monsignor Paolo Pezzi, un passato da missionario nella Fraternità di San Carlo. Il presule guida la piccola comunità cattolica di Mosca dal 2007. “Stiamo seguendo questa situazione, già da diverse settimane, in un clima di preghiera. Ad ogni messa, vengono elevate preghiere per la pace in Ucraina. In questi giorni ricordavamo anche un’espressione di Giovanni Paolo II: quando i grandi potenti della terra si incontrano, la Chiesa prega”, ha dichiarato monsignor Pezzi al SIR. Più che soluzioni diplomatiche, l’arcivescovo cattolico di Mosca indica la strada della preghiera e della “forza del perdono”.

Lo stesso messaggio distensivo arriva dal patriarca ortodosso Kirill che ha lanciato un appello al clero, ai religiosi e ai laici delle chiese russe e ucraine, “affinché forniscano tutta l’assistenza possibile a tutte le vittime, compresi i rifugiati, le persone rimaste senza riparo e mezzi di sussistenza”. Gli obiettivi del Patriarcato di Mosca sono l’unità e la fratellanza tra il popolo russo e quello ucraino, in forza della loro “storia comune secolare”.

Sullo sfondo della crisi, si prospetta un nuovo incontro tra Francesco e Kirill – dopo il primo storico colloquio a Cuba, nel febbraio 2016 – che, come anticipato dall’ambasciatore russo presso la Santa Sede, Aleksandr Avdeev, potrebbe tenersi a giugno o a luglio, in località da stabilirsi. Proprio con Avdeev, Bergoglio si è incontrato ieri presso l’ambasciata russa, per un confronto di mezz’ora, dopo aver annullato, sull’onda dell’emergenza, quasi tutte le udienze previste durante la mattinata.

Questa vicinanza sempre più stretta tra Vaticano e Mosca stride però con le fortissime divisioni tra le chiese ucraine, tra cui spiccano la consistente minoranza greco-cattolica e una quindicina di chiese ortodosse, tutte, però segnate da differenze importanti e da una certa conflittualità. Le comunità ucraine sono polarizzate tra i fedeli al Patriarcato di Mosca (comunque contrari all’invasione russa) concentrati nel Donbass, e la chiesa autocefala di Kiev, molto più nazionalista. Va detto, però, che anche i cattolici ucraini sono tendenzialmente anti-russi. L’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, ha puntato il dito contro Vladimir Putin che, facendo invadere l’Ucraina, ha “distrutto le basi per del lungo processo di ripristino della pace” nel Paese, aprendo le porte a “un’operazione militare su vasta scala contro il popolo ucraino”. Pur lanciando anch’egli appelli alla pace, Shevchuk ha sottolineato: “Difendere la nostra Patria è un nostro diritto naturale e il nostro dovere civico. Siamo forti quando siamo insieme”. Una profonda spaccatura che è il frutto di otto lunghi anni di guerra civile.

In questo scenario, la Chiesa Cattolica, in quanto ‘soggetto terzo’, potrebbe avere un potenziale ruolo di peacemaker per tutta l’area russo-ucraina. La richiesta di unità e di pace, però, partirebbe più facilmente ‘dal basso’, nell’ambito di popolazioni stremate che non hanno più nulla da perdere. Molto più difficile sarà trattare con i leader religiosi e, soprattutto, politici. Quando il pericolo incombente è quello di una terza guerra mondiale, gli schemi diplomatici vanno gambe all’aria. Non ha più senso una pace basata sul ‘do ut des’ o sul risarcimento dei danni subiti. Se ne esce solo assimilando un concetto più alto: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (Gv 14,27).