Vivere da risorti? Sì, già in questa vita!

Resurrezione di Cristo
Resurrezione di Cristo - Tintoretto (ca. 1578-1581)

Basta guardarci intorno con attenzione, ogni giorno della nostra vita, per notare quante persone morte dentro ci siano in giro. Uomini e donne apparentemente molto vitali ma sfiancati da una solitudine, una mancanza di senso e una sfiducia da far spavento. Molto più della morte del corpo fa paura la morte dell’anima. Quest’ultima è molto più subdola, striscia in silenzio e avvelena lentamente le sue vittime ignare.

La Resurrezione del Signore che celebreremo domani ci riscatta da ogni tipo di morte. Il decesso del corpo lo vivremo soltanto una volta. Non così per lo spirito: chiunque di noi che ora sta leggendo avrà vissuto tante volte quel senso di liberazione, di consolazione, di uscita dai propri sepolcri morali ed esistenziali. La vicenda concreta di un Uomo veramente morto e veramente risorto è ciò che più ha cambiato la storia dell’umanità. Non l’ha cambiata, però, soltanto due millenni orsono. Gesù Cristo che risorge cambia la storia ogni volta che qualcuno crede nella sua Resurrezione, la prende sul serio e la mette in pratica nella propria vita. Altrimenti, come suggerisce San Paolo, sarebbe vana la nostra fede (cfr 1Cor 15,14).

È possibile, allora, vivere da risorti già in questa vita? Oltre che possibile, è assolutamente necessario, se vorremo un giorno vivere la Pasqua eterna. E in che modo si vive da risorti? Un sacerdote salesiano, anni fa, mi spiegò che ciò avviene, quando si guadagna: una mente nuova che guarda il mondo come lo guarda Cristo; un cuore nuovo che ama tutti, indistintamente, a partire dai più poveri e dai propri nemici; mani nuove che realizzano opere nuove e sante, per Cristo, per la Chiesa, per gli ultimi.

Viviamo da risorti, quando finalmente realizziamo che la morte è ineludibile ma non invincibile, che si può camminare inzaccherati nel fango ma sorridendo di cuore. Viviamo da risorti quando siamo consapevoli del male ma non ne abbiamo più paura, né più ci scandalizza o deprime. Viviamo da risorti quando riusciamo a gioire anche durante una malattia o quando qualcuno ci rende la vita impossibile. Non è uno scandalo compiacersi di un cielo sereno, anche quando sulla terra tutto pare sinonimo di lutto e distruzione.

Anni fa conobbi un uomo della mia età, rimasto vedovo con quattro bambini. La moglie era morta nel dare alla luce l’ultima figlia. Quel dolore immenso non gliel’aveva tolto nessuno ma anche sotto il peso di quella croce, aveva colto il senso di una vita che andava avanti e la coglieva nei figli che crescevano, negli abbracci consolanti degli amici, nella bellezza della musica che suonava: tutto ciò era un dono di Dio e solo Dio poteva dare un significato a tutto ciò.

Viviamo da risorti quando, stupendoci di noi stessi, riusciamo a realizzare qualcosa che non avremmo mai ritenuto alla nostra portata e – al tempo stesso – sappiamo che non è per nostro merito. Viviamo da risorti quando riconosciamo che ogni nostra opera veramente degna è sempre realizzata a quattro mani: due umane e due divine.

Conosco un frate francescano noto per il suo bellissimo intercalare esortativo: “Coraggio!”. Lo dice sempre, sia nelle omelie, sia nei discorsi informali con gli amici. È proprio vero quel che sosteneva Manzoni: se un uomo non è dotato di coraggio, non se lo può dare da sé. Effettivamente, il coraggio non è mai innato in nessuno di noi: Qualcuno, però, può donarcelo. Quando San Giovanni Paolo II proclamava: “Non abbiate paura, spalancate le porte a Cristo!”, alludeva proprio alla Resurrezione. Gli Undici sono stati i primi, a partire da Pietro, a venire guariti dal demone della paura che li aveva rinchiusi forzatamente nel Cenacolo per tutta la giornata successiva alla morte del Maestro.

Tre anni fa, abbiamo vissuto la famosa “Pasqua del lockdown”: niente messe, niente celebrazioni, niente festeggiamenti con i propri cari. Oggi che quel momento triste è alle spalle, tuttavia, siamo sicuri di essere usciti anche dal nostro Cenacolo interiore? Chiunque nel profondo del suo cuore lo desidera ma, per volerlo sul serio, bisogna prima recarsi al sepolcro e toccarlo. Non possiamo conoscere il Cielo se prima non scendiamo negli inferi della nostra umanità imperfetta: da soli non ne usciremo mai, ma nel momento in cui la Sua mano ci tirerà su, ogni cosa ci apparirà diversa. E avremo cominciato a vivere da risorti.