Il recente sisma che ha colpito Turchia e Siria ci scuote terribilmente, riportandoci a una realtà che sembrava finita nel dimenticatoio. La Siria, in particolare, non è più sotto lo sguardo del mondo come 5-10 anni fa, eppure il suo dramma non è mai finito. Il terremoto va a sedimentarsi sui flagelli della guerra e delle sanzioni, riportando così alla luce uno storico elemento di dissidio tra la Chiesa e le élite laiche globali.
Le parole e le azioni di papa Francesco e dei principali vescovi e patriarchi locali non lasciano spazio a equivoci: il primo passo per pacificare la martoriata Siria è liberarla dal fardello delle sanzioni. Lo ha ribadito, tra gli altri, padre Bahjat Karakach, parroco francescano della Chiesa Latina di Aleppo: “La ricostruzione post-bellica – dice – non è mai iniziata: tutto è frenato dall’embargo che ci isola dal resto del mondo. Non ci sono investimenti, c’è molta corruzione, la gente continua a emigrare. La politica delle sanzioni non porta a nessuna soluzione”. Padre Bahjat riferisce di persone che si recano da lui per un pasto caldo e che hanno paura di tornare a casa per paura di nuove scosse sismiche. Molti dei bambini orfani di guerra accolti nei centri dell’associazione Pro Terra Sancta, racconta il francescano, “sono nati sotto i bombardamenti e ora alcuni di loro sono morti sotto il terremoto”.
Suor Marta, una trappista del monastero di Azer, ai confini del Libano, smaschera l’ipocrisia delle personalità istituzionali che hanno inviato i loro messaggi di cordoglio: “Dove eravate in questi anni, voi che avreste potuto fare una grande differenza, quando giorno dopo giorno la nostra gente è arrivata letteralmente a morire di fame?”.
La rimozione delle “inique” sanzioni è stata richiesta anche in un appello formale dei patriarchi e dei capi delle comunità ecclesiali siriane, che chiedono sia messa fine “alle sofferenze del popolo siriano” per “consentire ai cittadini siriani di vivere con dignità, secondo quanto è affermato nella Dichiarazione universale dei diritti umani”. Il terremoto, denunciano i prelati, “ha distrutto luoghi di culto, presidi sanitari, centri di assistenza sociale, alimentando una nuova impennata nel numero dei senzatetto e degli sfollati interni, proprio mentre l’inverno fa registrare le sue temperature più rigide”.
Anche il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (Middle East Council of Churches-MECC, organismo ecumenico di collegamento delle Chiese e comunità ecclesiali presenti nei Paesi mediorientali e del Nord Africa) ha chiesto “l’immediata revoca delle sanzioni contro la Siria e l’accesso a tutte le risorse, in modo che le sanzioni non si trasformino in un crimine contro l’umanità”.
In realtà il governo degli Stati Uniti ha annunciato una sospensione delle sanzioni per 180 giorni, al fine di autorizzare i soccorsi del post-terremoto. Una misura giudicata però insufficiente dalle comunità locali. “Abbiamo vissuto più di dieci anni di guerra, ma forse questi momenti sono i più terribili, a causa del terrore che abbiamo sperimentato… Non possiamo descrivere ciò che abbiamo vissuto”, racconta Joelle Klzi, animatrice dell’oratorio salesiano di Aleppo.
Sollevare definitivamente la Siria dal peso delle sanzioni sarebbe un gesto dal valore inestimabile, destinato a modificare l’assetto geopolitico del Medio Oriente e di tutto il mondo. La Siria è infatti alleata della Russia, anch’essa sottoposta a sanzioni analoghe, sebbene dall’esito completamente differente. Un gesto distensivo nei confronti del regime di Bashar Assad farebbe scattare un effetto domino tra il polo occidentale del mondo e quello orientale. La Chiesa Cattolica (così come, in larga parte, anche quella ortodossa) gioca un ruolo determinante nel processo di pacificazione, facendo da ponte tra quei due mondi. Il cristianesimo si è senz’altro diffuso in massima parte in Occidente ma la sua culla è l’Oriente. I segnali della decadenza della civiltà occidentale sono sotto gli occhi di tutti ed essa stessa potrà un giorno anche dissolversi. Questa fine, però, non coinciderà affatto con l’eclissi della Chiesa che, pur immischiata in quella crisi, per sua natura è destinata a uscirne e a risorgere. Il cristianesimo è l’unico fattore di pace possibile per un mondo spaccato in due: solo in Cristo, una civiltà si rigenera dopo una crisi e, al tempo stesso, le crisi aiutano una civiltà a rigenerarsi, perché la costringono ad abbracciare la Croce: così sarà anche per la Siria, per la Russia e per il mondo intero.