Abusi sessuali: la radicale svolta di Francesco

È assolutamente significativo che #PapaFrancesco abbia voluto diffondere la propria #Lettera al popolo di Dio nell’imminenza del suo viaggio a #Dublino. Vuoi perché l’Irlanda è stato il paese europeo più pesantemente colpito dagli abusi sessuali nel clero, vuoi perché l’Incontro Mondiale delle Famiglie, che si conclude domani nella capitale irlandese, in virtù della compresenza e del confronto tra clero e laici, può diventare lo scenario ideale per una riconciliazione all’interno della Chiesa a seguito degli scandali.

Al di là degli aspetti simbolici e strategici, ciò che balza all’occhio è proprio quell’indirizzarsi al “popolo di Dio”, che rappresenta un passo in avanti senza precedenti. A più riprese, durante i suoi cinque anni di pontificato, Bergoglio ha richiamato l’attenzione sulla gravità del fenomeno in oggetto, prendendo anche provvedimenti importanti all’insegna della ‘tolleranza zero’. Con la lettera pubblicata lunedì scorso, ha però compiuto un ulteriore salto di qualità sotto vari punti di vista. In primo luogo, citando San Paolo, il Pontefice ha ricordato che, nella Chiesa, “se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme” (1Cor 12,26). Le sofferenze delle vittime “non vanno mai prescritte”, dureranno per l’intera loro vita e segneranno in negativo anche le rispettive comunità, con tutte le conseguenze a catena, dirette e indirette, che si possono immaginare. Non usa mezze parole, il Santo Padre, nell’evocare il danno che è stato compiuto: “Guardando al passato, non sarà mai abbastanza ciò che si fa per chiedere perdono e cercare di riparare il danno causato. Guardando al futuro, non sarà mai poco tutto ciò che si fa per dar vita a una cultura capace di evitare che tali situazioni non solo non si ripetano, ma non trovino spazio per essere coperte e perpetuarsi”.

Anche chi non è stato coinvolto direttamente in alcuno di questi scandali, è fortemente chiamato in causa. Non perché abbia responsabilità morali oggettive o soggettive sui fatti accaduti ma perché, attraverso la preghiera, il digiuno ma anche l’educazione e l’esempio, chiunque può contribuire a creare un clima più virtuoso, affinché i tragici errori del passato non si ripetano più. Il messaggio del Papa, dunque, non è diretto esclusivamente ai vescovi o ai sacerdoti, che pure sono chiamati a rispondere in modo diretto di tali scandali, ma anche ai laici, affinché sappiano essere ‘buoni samaritani’ o ‘cirenei’ nei confronti di chi è stato vittima di abusi o di chi ne ha sofferto di riflesso. Sul piano più pratico, è da rilevare l’esortazione del Papa a non essere ‘innocentisti’ per partito preso e a collaborare sempre con la giustizia secolare per “camminare nella verità appoggiando tutte le mediazioni giudiziarie che siano necessarie”.

C’è un altro aspetto assai interessante che emerge nella lettera ed è legato alla guerra senza quartiere dichiarata da Francesco contro il clericalismo, inteso come abuso dell’autorità nell’ambito della Chiesa. Una comunità viziata dal clericalismo sarà, giocoforza, una comunità chiusa e autoreferenziale, con “programmi, scelte teologiche, spiritualità e strutture senza radici, senza memoria, senza volto, senza corpo, in definitiva senza vita”, scrive il Papa. Quando si impedisce anche ad una sola delle “componenti del popolo di Dio” di partecipare attivamente alla vita clericale, si finisce per “annullare la personalità dei cristiani” ma anche per “sminuire” e “sottovalutare la grazia battesimale che lo Spirito Santo ha posto nel cuore della nostra gente”. Con il risultato che i leader, siano essi sacerdoti o laici, viziati dal loro clericalismo autoritario, iniziano ad agire in modo dispotico e amorale, perdendo completamente la percezione dei propri limiti e, in ultima analisi, la fede.

Il dramma degli abusi sessuali e della pedofilia non è certo l’unico crimine di cui si è macchiata la Chiesa durante la sua storia bimillenaria. È però un male da cui, con l’aiuto di Dio e delle preghiere di tutti i battezzati, il Papa vuole trarre un bene: una Chiesa penitente, più umile e più unita che in passato. Una Chiesa che ammette i suoi errori ed è pronta a ricominciare, proprio come Pietro che si pente di aver rinnegato il Signore e si appresta finalmente a “pascere le sue pecorelle” e a seguire Cristo fino al martirio (cfr Gv 21,15-23).