Alexis Carrel: a Lourdes la scienza incontra la fede
La laicissima #Francia, in particolare nella prima metà del secolo scorso, è stata il luogo delle #conversioni più clamorose. Ricordando quelle, celeberrime, dell’ebreo Alphonse #Ratisbonne (1814-1884) e dei marxisti Charles Peguy (1873-1914) e André Frossard (1915-1995), ci soffermeremo qui sull’avvincente storia di Alexis Carrel (1873-1944), il medico ateo che gettò la spugna dinnanzi ai miracoli di Lourdes.
Originario di Lione, Carrel ricevette un’educazione cattolica e studiò dai gesuiti ma durante l’adolescenza si allontanò dalla fede, aderendo alla cultura positivista egemone alla fine del XIX secolo. Laureatosi in medicina, si distinse subito per i suoi brillanti studi sulla chirurgia vascolare e sui carcinomi.
Nel 1902, al ventinovenne medico lionese, fu chiesto di sostituire un collega in occasione di un pellegrinaggio di malati a Lourdes. Durante il viaggio di andata, a bordo del treno, il dottor Carrel aveva somministrato della morfina a Marie Bailly, affetta da peritonite tubercolare all’ultimo stadio, una patologia allo stadio terminale, che le gonfiava e le irrigidiva il ventre. Con amara ironia, da scettico, Carrel affermò che sarebbe stato un miracolo se la paziente fosse arrivata viva a Lourdes.
Carrel era partito per il santuario mariano pirenaico, con un atteggiamento di sfida: individuare un paziente di una gravità tale da potersi definire “inguaribile”, di modo da convincere anche il più cattolico più fervoroso sull’inesistenza dei miracoli. Mise così in campo un’autentica scommessa: se un malato del genere fosse guarito, lui stesso si sarebbe convertito.
Nei giorni successivi, visitò il santuario ed iniziò ad informarsi su quanto accadeva a Lourdes: gli vennero mostrati casi giudicati miracolosi ma Carrel li liquidò come presunte malattie psicosomatiche, i cui sintomi scomparivano nel momento in cui i pazienti si ‘persuadevano’ finalmente della propria guarigione.
Nel frattempo le condizioni di Marie Bailly erano ulteriormente peggiorate e le suore avevano deciso di portarla alla ‘piscina miracolosa’, sfidando il parere contrario del dottor Carrel, convinto che la paziente non sarebbe sopravvissuta nel pur breve spostamento. Sebbene l’immersione non fu possibile per lo stato clinico ormai agonizzante, contro ogni previsione del medico lionese, non solo la donna non morì, ma, portata poco dopo alla grotta delle apparizioni, iniziò a dare vistosi segnali di miglioramento. Carrel constatò che il gonfiore al ventre era diminuito e anche il battito cardiaco in giro di pochi minuti era tornato regolare. In serata, dopo aver visitato Marie in ospedale, lui e gli altri medici presero atto dell’avvenuta guarigione.
Più turbato che felice, Carrel iniziò a vagare senza meta per Lourdes. L’angoscia lo travolgeva: una guarigione non motivata da parametri scientifici avrebbe messo fortemente in crisi la sua professione. Entrato nel santuario, si scoprì improvvisamente devoto e si rivolse alla Madonna: “Io credo in Voi. Voi avete voluto rispondere al mio dubbio con un miracolo manifesto. Io non so vederlo, io dubito ancora…”. Credeva in Dio ma non ancora nel miracolo.
Quando la sua conversione fu definitiva e manifesta, Carrel fu emarginato dalla comunità medico-scientifica francese e persino dalla chiesa transalpina. Trasferitosi negli Stati Uniti, incontrò un ambiente ben più favorevole sia alla sua fede che alle sue ricerche, grazie alle quali, nel 1912, si guadagnò il Premio Nobel per la Medicina. Carrel aveva infatti elaborato un nuovo metodo di sutura delle ferite profonde e, grazie anche alla coltivazione a lunga scadenza dei tessuti in vitro, aveva trovato un rimedio alle emorragie post-operatorie e alla trombosi.