Benedizioni “arcobaleno”: ecco perché la Chiesa non cambia idea

ombrello arcobaleno
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La Chiesa può ‘modernizzarsi’ quanto vuole ma rimarrà sempre sottomessa alla realtà e alla natura umana. Ecco perché non ci meravigliamo dell’ultimo documento della Congregazione per la Dottrina della Fede mentre, semmai, ci stupiamo… di chi si stupisce.

Giova ricordare, in primo luogo, che il Responsum ad dubium della Santa Sede è arrivato per fare chiarezza e mettere fine alle illusioni maturate negli ultimi anni in “alcuni ambienti ecclesiali”. Effettivamente, molte diocesi e comunità (a dir la verità più in ambito mitteleuropeo e anglosassone che non in Italia o nei paesi latini) stanno diffondendo “progetti e proposte di benedizioni per unioni di persone dello stesso sesso”.

Spaccando il capello in quattro, com’è nella sua migliore tradizione, l’ex Sant’Uffizio opera una sacrosanta distinzione tra la dignità delle persone e le loro inclinazioni. Anche senza impartire alcuna benedizione alle coppie dello stesso sesso, quindi, la Chiesa continuerà a stare al fianco delle persone con “tendenza omosessuale”, evitando ogni “ingiusta discriminazione” e aiutandole a “comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita”. Com’è possibile tutto questo? I fautori della ‘chiesa arcobaleno’, si domandano: non è forse discriminatorio impedire di amare chi si vuole, se questo amore è sincero e disinteressato?

Come spiegato nel Responsum, sul piano rituale, le benedizioni sono finalizzate ad aiutare la persona a “ricevere la grazia e dispongono a cooperare con essa”. Per ricevere una benedizione, allora, è necessario che “ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore”. Alla luce di ciò, le relazioni che implicano una “prassi sessuale fuori dal matrimonio” non sono “di per sé ordinate a servire quei disegni”. Pertanto, le coppie dello stesso sesso vanno escluse dalle benedizioni, anche qualora le loro relazioni possano presentare “elementi positivi” (quali l’amicizia, la stima e la dedizione reciproche, ecc.), che “in sé sono pur da apprezzare e valorizzare”.

A fondamento di questa decisione ‘impopolare’ della Santa Sede, vi sono una serie di importanti documenti magisteriali, tutti più o meno recenti. Già, nella Amoris laetitia, papa Francesco aveva ribadito che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppur remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia” (AL, 251). Tutto ciò, naturalmente, non contraddice la raccomandazione per i pastori della Chiesa ad “accogliere con rispetto e delicatezza le persone con inclinazione omosessuale”, come del resto è stabilito dal Catechismo (n. 2358) e da un’altra lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede, la Homosexualitatis problema (n. 15).

Si possono, è vero, effettuare benedizioni sulle “singole persone con inclinazione omosessuale” ma farlo sulle coppie significherebbe “approvare e incoraggiare una scelta ed una prassi di vita che non possono essere riconosciute come oggettivamente ordinate ai disegni rivelati di Dio”. Il principio, dunque, è quello di sempre: la Chiesa “non benedice né può benedire il peccato”; essa, però, “benedice l’uomo peccatore, affinché riconosca di essere parte del suo disegno d’amore e si lasci cambiare da Lui”.

Un’altra giustificazione per la non benedizione delle coppie omosessuali è illustrata nell’articolo di commento al Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede. Può essere benedetta, spiega l’articolo, soltanto l’“unione indissolubile di un uomo e una donna, aperta di per sé alla trasmissione della vita”. Ciò avviene, perché la Chiesa non è responsabile soltanto nei confronti degli uomini ma il suo magistero ha un riscontro sovrannaturale. La Chiesa, quindi, “non può disporre dei disegni di Dio, che altrimenti verrebbero disconosciuti e smentiti”, né è “arbitra di quei disegni e delle verità di vita che esprimono, ma loro fedele interprete e annunciatrice”.

Ad illuminare ulteriormente la posizione ufficiale della Chiesa riguardo alle unioni omosessuali, è un articolo pubblicato su Kath.net dal cardinale Gerhard Ludwig Müller, che, della Congregazione per la Dottrina della Fede, è stato prefetto dal 2012 al 2017. Se sdoganasse questo tipo di relazioni, argomenta il porporato tedesco, la Chiesa contradirebbe la “natura” dell’uomo, che non può ridursi al “fattuale-materiale” ma presenta anche una componente “spirituale-personale”, che “dona all’essere materiale la sua forma e la sua essenza”.

Giustificare le unioni omosessuali – e, con esse, tutta l’ideologia gender – vorrebbe dire “distruggere l’ordine naturale e con ciò l’integrità anima-corpo dell’uomo”. Significherebbe ridurre l’uomo alla sua componente “biologico-materiale”, volta esclusivamente “al proprio piacere o all’arbitrio altrui”. Al contrario, osserva il cardinale Müller, “l’identità dell’uomo sta in primo luogo nella sua persona, uomo o donna, nella sua lingua, la sua cultura, la sua coscienza, etc., non nell’attrazione erotica verso sé stesso o verso altri uomini”. Soltanto il sacramento del matrimonio (per definizione tra uomo e donna) è in grado di andare oltre la corporeità sessuale e realizzare “una comunione di intimo amore personale e di totale responsabilità reciproca”. Il matrimonio, cioè, è “una partecipazione degli sposi all’amore creatore di Dio, divenendo uno nella carne (in Cristo come sacramento), e alla realizzazione della volontà creatrice attraverso l’ordine delle generazioni”, aggiunge il porporato.

La questione non è di poco conto, essendovi, in particolare negli USA, in Germania, in Austria e in Belgio, sacerdoti e vescovi che hanno annunciato disobbedienza alle indicazioni del Vaticano. L’argomentazione ricorrente di questi pastori fa riferimento alla “ricchezza della differenza” che le persone lgbt apporterebbero al corpo ecclesiale che, con la loro esclusione, ne uscirebbe ferito. Asserto, quest’ultimo, particolarmente fallace non solo teologicamente ma anche razionalmente: si mette in risalto il valore della persona, non per la sua dignità intrinseca ma in base al suo orientamento sessuale. Un riduzionismo intollerabile per una religione integrale come quella cristiana. Le persone dalle tendenze omosessuali valgono molto più di quanto ritengono taluni zelanti pastori “dalla mente aperta”. E se, invece di enfatizzare la libertà di questi uomini e donne, lasciassimo spazio, una volta tanto, alla libertà di Dio nei loro confronti? Siamo così sicuri che i progetti umani siano più esaltanti di quelli divini?