Berlino 30 anni dopo: una grande occasione perduta
Per le persone della mia età – nate negli anni ’70 – quell’evento segnò l’ingresso nell’adolescenza. In quel periodo della vita, si affrontano i cambiamenti più radicali: uno di questi è l’accresciuta consapevolezza delle dinamiche del mondo in cui si vive. Ci era dunque stato spiegato che la storia dell’uomo entrava in una nuova lunga era di pace, stabilità e grandi opportunità, che fortemente contrastava con le lacerazioni e i drammi degli anni e dei decenni precedenti: la Guerra Fredda, la strategia della tensione, il delitto Kennedy, i conflitti razziali in America, il ’68, la crisi petrolifera, gli anni di piombo in Italia, Solidarnosc in Polonia, l’attentato a Giovanni Paolo II, lo “scudo stellare” e la crisi missilistica. Poi, finalmente, la Perestrojka, la stretta di mano Reagan-Gorbaciov, la fine dell’Unione Sovietica e di tutti i regimi satelliti. Sullo sfondo, il primo decennio pontificale di uno straordinario polacco, probabilmente l’unico uomo in grado di guidare la Chiesa in un passaggio così drammatico della storia. Andavamo verso un’avvenire radioso, ci dicevano. La pace globale e la ricchezza per tutti ci avrebbero garantito un futuro stabile e prospero, al punto che qualcuno azzardò a ipotizzare la “fine della Storia”.
A distanza di trent’anni esatti dalla caduta del Muro di Berlino, siamo tutti consapevoli che quell’età dell’oro non è mai iniziata. I conflitti si sono universalmente moltiplicati, tanto è vero che papa Francesco ha parlato di una “guerra mondiale combattuta a pezzi”. È emersa, a ondate, una nuova terribile forma di terrorismo, più o meno fedelmente ispirata al fondamentalismo islamico di matrice jihadista. La globalizzazione economica di stampo liberista non ha affatto portato il benessere tra i popoli: per ogni persona uscita dalla povertà, ve ne sono decine che sprofondano nella miseria e le disuguaglianze aumentano a dismisura. Idem per l’Unione Europea e per la moneta unica: il processo di integrazione è stato segnato da notevoli squilibri all’interno del vecchio continente, con interi paesi condannati a una disoccupazione e a una recessione galoppanti. Si moltiplicano i flussi migratori, parallelamente ai quali si manifestano due piaghe: la difficoltà ad assorbire ed integrare gli immigrati nei paesi che accolgono e l’agghiacciante fenomeno del traffico di esseri umani. L’emergenza educativa dilaga e, assieme ad essa, si allargano a macchia d’olio il disagio giovanile e il consumo di droghe. La rivoluzione antropologica avanza senza sosta: l’ideologia gender, l’eutanasia e il transumanesimo rischiano di stravolgere il concetto stesso di uomo e di natura, con possibili conseguenze deleterie sull’umanità stessa e, in particolare, sui più deboli. Ultimo ma non ultimo: al fanatismo religioso, si affianca, in spaventosa crescita, lo speculare fenomeno dell’intolleranza antireligiosa e laicista, di cui i cristiani sono le vittime più numerose, al punto che, nel secolo attuale, vi sono più martiri che ai primordi della cristianità.