Caso Viganò: un dossier dai molti punti oscuri

Caso Viganò: un dossier dai molti punti oscuri

A distanza di una settimana ancora non si è spenta l’eco delle dichiarazioni dell’ex nunzio apostolico negli USA, monsignor Carlo Maria Viganò. Non solo per i contenuti particolarmente inquietanti ma anche e soprattutto per la diretta accusa nei confronti di papa Francesco, al quale l’alto prelato – caso senza precedenti nella storia ecclesiale recente – ha chiesto le “dimissioni”, ovvero la rinuncia al ministero pretino. Una precisazione: il memoriale di monsignor Viganò non va affatto preso sottogamba ed un approfondimento delle affermazioni del presule è quantomeno doveroso, specie in una fase come l’attuale, segnata dalla ‘linea dura’ di Bergoglio nei confronti degli abusi sessuali da parte del clero, in special modo sui minori. Ci sono, tuttavia, una serie di elementi che lasciano pensare a un’operazione strumentale, irrispettosa dell’autorità papale e che rischia di riattizzare preoccupanti focolai di guerra all’interna della Curia Romana e della Chiesa tutta. Andiamo a vederli uno per uno.

Carlo Maria Viganò: un rapporto controverso con la propria famiglia e con la Santa Sede. Non è la prima volta che il nome dell’ex nunzio sale alla ribalta delle cronache. Già all’inizio del 2012, pochi mesi dopo l’inizio del suo incarico oltreoceano, la stampa italiana rivelò l’esistenza di una lettera riservata indirizzata a papa Benedetto XVI e all’allora Segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, in cui, l’anno precedente, Viganò (dal 2009 al 2011, segretario generale del Governatorato della Città del Vaticano, dopo essere stato per undici anni delegato delle rappresentanze pontificie della Segreteria di Stato) denunciava una serie di presunti atti di corruzione e operazioni finanziarie illecite, nell’ambito della Curia. Un documento riservato quello di Viganò che, a posteriori, è stato ritenuto da molti come la causa scatenante del suo allontanamento da Roma.

C’è poi un’altra vicenda controversa, legata alle relazioni familiari di Viganò: il fratello Lorenzo, sacerdote gesuita e biblista, dopo essere stato colpito da ictus, ha accusato dell’ex nunzio di circonvenzione di incapace, denunciandolo per appropriazione indebita ed estorsione: alla base dei fatti vi è una contesa familiare per ragioni patrimoniali, in cui la sorella dei Viganò si è schierata dalla parte del gesuita e contro il vescovo. Due episodi che non gettano una buona luce sul personaggio.

Operazione mediatica ad opera di una ‘fronda’. Le testate e i giornalisti che per primi hanno diffuso il memoriale di monsignor Viganò sono arcinoti per portare acqua al mulino di vari gruppi d’opposizione interna a papa Francesco. Si tratta degli stessi media e degli stessi think tank che, ad esempio, hanno sostenuto i dubia di quattro cardinali in merito al capitolo VIII dell’esortazione apostolica Amoris laetitia. Quindi, non propriamente uomini al di sopra delle parti, né, tantomeno, al di sopra di ogni sospetto. Era quasi un anno, effettivamente, che il movimento d’opinione antibergogliano, sia a mezzo stampa che a mezzo social, aveva perso un po’ di smalto. È ipotizzabile, dunque che cercassero una scossa per rinvigorire l’attenzione del malcontento catto-conservatore.

Strano tempismo. Il giorno scelto per la pubblicazione del dossier Viganò è tutto tranne che casuale: nel giorno in cui il Santo Padre si recava in Irlanda, con un programma che prevedeva l’incontro con otto vittime di abusi sessuali e più di un discorso che avrebbe toccato lo scabroso tema, le affermazioni di Viganò sembrano apparire sulla scena come il classico granellino che fa saltare tutti gli ingranaggi di una macchina. Se c’era, infatti, un risvolto del pontificato di Francesco che aveva finora riscosso scarse critiche era stato proprio l’impegno per fermare la piaga della pedofilia e degli abusi sessuali nella Chiesa.