Don Pino Puglisi: a far tremare la mafia bastò un sorriso…
Lo chiamarono con il suo nome e lui si voltò. “Me l’aspettavo”, disse. Guardò negli occhi l’uomo armato davanti a lui e sorrise. Poi un colpo di pistola alla nuca e a-Dio #donPinoPuglisi. Così morì il 15 settembre 1993, nel giorno del suo 56° compleanno, il più noto martire cristiano della mafia. Don Puglisi fu un vero missionario, incaricato di compiere il proprio apostolato non in terre lontane ma nel suo quartiere natale.
Chiamato ad annunciare il Vangelo negli anni più drammatici della storia siciliana recente, il beato Puglisi ha vissuto da martire non solo gli ultimi istanti della propria esistenza ma l’intero suo ministero. In lui si riscontrano in modo formidabile tutte le caratteristiche dei primi cristiani: l’accoglienza del debole in opposizione alla logica del potere, la povertà evangelica come risposta alla mondanità, la misericordia in opposizione alla vendetta e alla violenza, la gioia come risposta alla disperazione. Don Puglisi era la massima pietra d’inciampo in cui sarebbe mai potuta incorrere l’apparentemente indistruttibile mafia palermitana degli anni ’80 e ’90.
Eppure il beato sacerdote del Brancaccio non fu affatto un “professionista dell’antimafia”. Semplicemente rispose alla propria vocazione e la visse fino in fondo, fedele radicalmente al Vangelo e alla cruda realtà che la Provvidenza gli affidò. Di umili origini, Puglisi fu parroco, formatore di seminaristi e coppie di sposi, direttore spirituale e insegnante di religione. Pienamente consapevole del contesto drammatico che lo circondava, don Pino lavorava principalmente per costruire. Non gli interessava tanto distruggere il nemico quanto sottrarre le greggi ai lupi e riaccompagnarle all’ovile.
Già negli anni ’70, era riuscito nell’improba impresa di disinnescare una faida a Godrano, piccola località nella Diocesi di Palermo. Forte di quell’esperienza, nel 1990 era tornato al Brancaccio ed è lì che la sua opera pastorale inizia a seminare e a far sbocciare i suoi fiori più belli. Senza paura don Pino tuona contro la prepotenza mafiosa ma il suo carisma va molto oltre. Il parroco del Brancaccio è amatissimo dai giovani, ai quali insegna il rispetto degli altri e di se stessi, il senso del sacrificio nel lavoro e nello studio, la cultura dell’onestà e della legalità, tutt’altro che scontate in un quartiere come il suo e in un’epoca in cui una buona parte del clero era omertosa o collusa. “Era un parroco fastidioso che spaventava Cosa Nostra – ha raccontato monsignor Vincenzo Bertolone, postulatore della causa di beatificazione di Puglisi –. Don Pino era una spina nel fianco. Predicava, predicava, prendeva i ragazzini e li toglieva di strada. Faceva processioni, gridava di lottare. Questo era sufficiente, anzi era sufficientissimo per farne un obiettivo da togliere di mezzo”.