Epidemie e miracoli: la Storia si ripeterà?

Epidemie e miracoli: la Storia si ripeterà?

Non mancano le autorità civili che hanno affidato alla Vergine Maria i comuni da loro guidati. È il caso del sindaco di Sassuolo, Gianfranco Mennani, e di quello di Venezia, Luigi Brugnaro, che ha rivolto alla Madonna della Salute la supplica composta dal patriarca lagunare, monsignor Francesco Moraglia. Non è un caso che la basilica di Santa Maria della Salute sia stata costruita a partire dal 1631, in segno di ringraziamento dei veneziani alla Vergine, per aver liberato la laguna dalla pestilenza dell’anno precedente. Il sindaco di Siena, Luigi De Mossi, poi, ha consegnato le chiavi della città alla Madonna del Voto, Advocata Senensium: non avveniva dal 1944, nel pieno del secondo conflitto mondiale.

Da ricordare anche il miracolo di Santa Caterina da Siena che, nel 1376, dopo essere andata a trovare il papa ad Avignone, volle sostare a Varazze (Savona), località natale del beato Jacopo da Varagine, cui era devota. La compatrona d’Italia ebbe la sventura di trovare il paese afflitto dalla peste ma, invece di fuggire, pensò bene di fermarsi lì a pregare finché l’epidemia non fosse scomparsa. Avendo ottenuto la fine della pestilenza, Santa Caterina divenne patrona di Varazze, dove le fu dedicata una cappella e dove ogni anno, il 30 aprile, si tiene una processione in suo onore. A fermare la peste fu anche Santa Rosalia a Palermo nel 1625, durante una processione delle reliquie della patrona. Da parte sua, San Giovanni Bosco nell’assistere i malati di colera a Torino, nel 1854, portò con sé i ragazzi del suo oratorio e nessuno di essi, per grazia di Dio, contrasse il morbo. Il santo protettore contro tutte le epidemie, per eccellenza, è comunque San Rocco (1295-1327), che dedicò vari anni della sua breve vita alla cura e al conforto spirituale degli appestati, così come nel secolo scorso Santa Teresa di Calcutta fece con i lebbrosi.

Le pestilenze dei secoli passati falcidiavano letteralmente la popolazione arrivando a ucciderne anche un terzo. In molti casi, la preghiera era l’unico conforto per i malati e per i morenti. Nella pandemia attuale, stiamo assistendo con sgomento all’impotenza delle strutture sanitarie, sull’orlo del collasso a cagione di un virus potentissimo, ancora tutto da studiare e dalle conseguenze imprevedibili. La scienza medica continua a fare progressi ma il suo contributo, da solo, non basta. La fede, che della scienza non è nemica, può e deve fare la sua parte. È proprio per questo che l’intera comunità cristiana è chiamata a dare il suo esempio. Esortare la gente a restare a casa è importante e utile ma insufficiente. Anche se la paura è umana e ci accomuna tutti, nessun cristiano può permettersi di seminare ulteriore angoscia ma deve sempre ricordarsi di indicare agli altri la preghiera come mezzo e la salvezza come fine. Come argomentava domenica scorsa il teologo don Luigi Epicoco nella sua omelia, in questi frangenti la fede non ci serve tanto a capire perché ci sta succedendo tutto questo, quanto soprattutto a capire come vivere quello che ci sta accadendo. Comprenderlo sarebbe già un primo piccolo miracolo: solo se ciò avverrà, sarà lecito attenderci miracoli più grandi…