Fiducia supplicans: tutte le incognite di un documento divisivo

Basilica di San Pietro
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Il documento è stato emanato quasi un mese fa ma finora ci eravamo astenuti dal commentarlo sulle colonne di Cristiani Today. Molto difficile esprimere, anche a freddo, un giudizio obiettivo sulla dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni. In primo luogo, perché, neanche tre anni prima, lo stesso organo della Santa Sede – il Dicastero (ex Congregazione) della Dottrina della Fede – aveva espresso un parere completamente diverso sullo stesso argomento. Un cambiamento avvenuto durante lo stesso pontificato, ad opera di un Prefetto dicasteriale, il cardinale Victor Manuel Fernandez, nominato anche lui da papa Francesco, così come il suo predecessore, il cardinale Luis Ladaria Ferrer, autore del precedente Responsum. Cosa è successo di così grande da giustificare una svolta così radicale in così poco tempo?

Comunque la si pensi, non si può sottovalutare la portata storica di un documento come Fiducia supplicans. È vero: la benedizione nei confronti di una coppia dello stesso sesso non avrà mai valore liturgico, non potrà essere impartita in circostanze quali, ad esempio, la celebrazione di un’unione civile, né, di certo, sovverte la natura del matrimonio come vincolo sacramentale unicamente valido tra uomo e donna. Non trascuriamo nemmeno il fatto che il documento descrive quel tipo di benedizioni come rivolte a persone che “riconoscendosi indigenti e bisognosi del suo aiuto, non rivendicano la legittimazione di un proprio status, ma mendicano che tutto ciò che di vero di buono e di umanamente valido è presente nella loro vita e relazioni, sia investito, sanato ed elevato dalla presenza dello Spirito Santo” (FS 31).

Rimane, tuttavia, un dubbio: per quale motivo, se già la misericordia di Dio, esercitata per mano dei suoi pastori, non viene mai negata, in particolare agli “indigenti spirituali”, dov’era la necessità di un nuovo documento magisteriale? Se è vero che si benedice il peccatore e mai il peccato, per quale motivo si è menzionato in modo esplicito le “coppie dello stesso sesso” e non, più genericamente, le persone in situazioni irregolari o con orientamenti sessuali non confacenti al matrimonio così come riconosciuto dalla Chiesa di Roma e dalla maggior parte delle altre religioni e degli ordinamenti civili?

Che questo documento si presti alle interpretazioni più disparate lo si può facilmente evincere dalle reazioni anche molto eterogenee che ha suscitato tra le autorità ecclesiali e tra i teologi. Si pensi al commento del gesuita americano James Martin, noto per il suo ‘aperturismo’, che considera Fiducia supplicans un “netto cambiamento” rispetto al Responsum di tre anni fa e un “importante passo avanti nel ministero della Chiesa nei confronti delle persone LGBTQ [sic] e riconosce il desiderio delle coppie dello stesso sesso di ricevere la presenza e l’aiuto di Dio nelle loro relazioni impegnate e amorevoli”. La tocca ancor meno piano il teologo Andrea Grillo, docente alla Pontificia Università Sant’Anselmo, secondo il quale “la continua riaffermazione che la «dottrina resta immutata»” è qualcosa di “vero solo in parte”. Inoltre, aggiunge il teologo, è necessario “maturare una visione che sappia riconoscere ciò che in quelle comunioni di vita e di amore viene affermato” e ciò richiede alla Chiesa cattolica una “dottrina aggiornata”.

Ben diversa è la prospettiva del cardinale guineano Robert Sarah: “La preghiera della Chiesa non si rifiuta a nessuno. Ma non può mai essere deviata facendola diventare una legittimazione del peccato, della struttura del peccato, o anche dell’occasione prossima del peccato”, ha commentato il prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Da parte sua, il cardinale Gerhard Ludwig Müller, predecessore di Fernandez alla guida della Dottrina della Fede, offre una lunga e articolata argomentazione sull’inopportunità del nuovo documento, in cui, tra l’altro, afferma: “Il rapporto sessuale estraneo al matrimonio, in quanto rapporto sessuale, non può avvicinare l’uomo a Dio e non può quindi essere aperto alla benedizione di Dio. Pertanto, anche se una tale benedizione avesse luogo, il suo unico effetto – prosegue il cardinale Müller – sarebbe quello di confondere le persone che la ricevono o che assistono alla benedizione, indotte a credere che Dio abbia benedetto ciò che non può benedire”. Persino un ‘bergogliano di ferro’ come il cardinale Segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin ha dovuto ammettete che le “reazioni” a Fiducia supplicans “ci dicono che ha toccato un punto molto sensibile” e che “ci vorranno ulteriori approfondimenti”. Ultimo ma non ultimo: un gran numero di conferenze episcopali, in Africa e nell’Europa dell’Est, in primis, hanno già stabilito che non autorizzeranno alcuna benedizione alle coppie omosessuali nelle loro diocesi.

Era davvero da tanto – probabilmente dai tempi dell’enciclica Humanae vitae di San Paolo VI (1968) – che un documento pontificio non provocava così tanto dibattito e divisioni nella Chiesa. Non hanno aiutato, in tal senso, il successivo comunicato relativo alla ricezione della stessa Fiducia supplicans, né i contenuti controversi di un paio di opere giovanili dell’attuale prefetto Fernandez. Ci sono fedeli, chierici e comunità che invocano addirittura lo scisma o l’arresto del Papa. Da parte nostra, riteniamo che, mai come in questo momento, è necessario fare tutti gli sforzi possibili – spirituali e materiali – per mantenere unita la Chiesa. Ciò che papa Francesco e il cardinale Fernandez hanno disposto è indubbiamente qualcosa di divisivo e difficilmente comprensibile per chi ha sempre avuto una concezione lineare e tradizionale dell’affettività e del matrimonio, inteso sia come istituzione, sia come sacramento. Se da un lato, non è lecito contestare il primato petrino e incrinare la comunità ecclesiale, dall’altro, è legittimo esprimere perplessità e disaccordo. Un dissenso espresso non in nome di un “no” che va ghettizzare una certa categoria di persone ma in nome di un “sì” nei confronti di un bene più grande: quello della Verità, bene di tutti e fonte di libertà per tutti. Non una verità astratta ma la Verità che si fa carne, uomo e Dio nella medesima persona di Gesù Cristo.