GRIDARE PER AMORE

papa Francesco
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Lo sapevi che sei un’invocazione che alle volte si trasforma in un grido? Hai mai considerato quanto sia umano domandare, chiedere, mostrarti bisognoso di aiuto? Queste le provocazioni che il Papa con l’udienza di questa mattina ci lascia, continuando il ciclo delle catechesi in cui ci offre degli spunti sul tema della preghiera.

Prendendo spunto dal salmo 27 (28), dialogo dell’uomo con il suo Dio, contrassegnato dall’intensità data dalla forma comunicativa del grido, il Santo Padre ci introduce nella considerazione della preghiera come un atto sommamente umano, proprio perché connaturale alla relazione. Umano poi, significa vicino alla nostra vita quotidiana, tramite la richiesta dei doni feriali, quali pane, salute, casa, lavoro, perdono e pace nei nostri rapporti. È proprio la capacità di domandare, di fare richieste, ci reintroduce nella nostra creaturalità, ci permette di ricordare che l’essere umano non è autosufficiente, ma ha bisogno di Dio, nella dinamica di quella domanda, che è già ritorno a Lui.

In questa maniera Francesco arriva alla splendida definizione dell’essere umano come un’invocazione che può trasformarsi in un grido. Nella preghiera infatti, come in un dialogo con l’amico, deve essere presente ogni cosa relativa alla nostra esistenza: anche le sue sfumature di sofferenza. Ed è anche questa dimensione che ci colloca in quel che san Paolo definisce come gemito della creazione (cf. Rm 8,22), per la quale, tuttavia siamo gli unici intercessori, essendo esclusiva dell’uomo la consapevolezza di entrare in dialogo. Da qui consegue – ci ricorda il Papa – che il bisogno di pregare sia normale, perché la nostra natura è relazionale. Il riferimento che resta in filigrana di tutto intero il discorso del Pontefice, è la preghiera del Padre Nostro, preghiera di richiesta, di domanda, per eccellenza.

Come reagisce Dio alla supplica, al nostro grido? Il Santo Padre anzitutto ci ricorda che quella del Padre è una risposta: certa, immancabile, sebbene alle volte richieda attesa e pazienza da parte dell’uomo. Infine il nostro sguardo interiore viene portato alla similitudine di questi due atteggiamenti con li tempo liturgico di Avvento, che stiamo vivendo. Anche la vita è attesa, come preghiera, e la morte trema di fronte all’orazione, perché sa che l’uomo che dialoga con Dio, è alla presenza del vincitore della morte.

Papa Francesco termina ricordandoci la dimensione della vigilanza: “Il Signore viene a visitarci, non solo in queste grandi feste – il Natale, la Pasqua -, ma il Signore ci visita ogni giorno nell’intimità del nostro cuore se noi siamo in attesa. E tante volte non ci accorgiamo che il Signore è vicino, che bussa alla nostra porta e lo lasciamo passare. «Ho paura di Dio quando passa», diceva Sant’Agostino, «Ho paura che passi ed io non me ne accorga». E il Signore passa, il Signore viene, il Signore bussa. Ma se tu hai le orecchie piene di altri rumori, non sentirai la chiamata del Signore”.

Gridiamo dunque con la nostra vita, gridiamo, perché questa è la nostra natura profonda. E il nostro sia un grido cosciente di avere come unico motivo l’amore, e di essere intercessione che si radica nella sola relazione veramente vitale, quella con il Creatore. Infatti, possiamo dire, ripetendo le parole di Alda Merini, che sembrano tanto in linea con ciò che oggi ci propone il Pontefice: “Credo che tutto ciò che fa parte del legno e delle piante, faccia segretamente parte della nostra risurrezione”. Certi, che il nostro grido per amore sta per trasformarsi in un unico grande grido di gioia, nel giorno dell’Eternità.