È incredibile come la maggior parte delle persone si ostini a ignorare i meccanismi ingannevoli dell’informazione. Un esempio su tutti, di strettissima attualità: nel biennio 2019-2021, gli sbarchi di immigrati sulle nostre coste sono sestuplicati, eppure quasi nessun organo di stampa ha mai messo in rilievo il dato. L’emergenza pandemica veniva prima di ogni altra cosa. Oggi che il governo italiano – a torto o a ragione – stabilisce dei limiti agli ingressi nel nostro Paese, la questione torna alla ribalta delle cronache.
Al di là dei risvolti specifici dell’argomento migrazioni nel Mediterraneo e al di là delle opinioni che si possono avere a riguardo, il dibattito è viziato da una serie di ipocrisie che è doveroso smascherare. È spiacevole, innanzitutto, dover constatare l’atteggiamento aggressivo della maggior parte dei partner europei nei confronti dell’Italia. La Francia, che quest’anno, come nel 2018, è andata vicina alla crisi diplomatica con Roma, è la prima ad aver praticato severe restrizioni agli ingressi di nuovi immigrati, respingendone migliaia, in particolare alla frontiera con Ventimiglia: strategia ripetuta con il recente invio di 500 gendarmi ai nostri confini. Significativo che certe politiche migratorie poco accoglienti siano portate avanti anche da governi di sinistra: si pensi alla Danimarca o alla Spagna, dove le guardie costiere hanno anche l’autorizzazione a sparare sui barconi e dove spicca l’imponente barriera di separazione tra Ceuta e Melilla, nell’enclave in territorio marocchino. Il fatto che, ogniqualvolta vi siano di mezzo migranti “economici”, in forza del discutibile Trattato di Dublino, l’Italia venga sempre caricata del fardello più grosso, è qualcosa che lascia altrettanto perplessi.
Un altro atteggiamento miope è l’enfasi sul discorso dell’accoglienza, neanche fosse l’unico aspetto di rilievo in tema di immigrazione. Pochissimi sono i commentatori che si soffermano su cosa vi sia a monte e a valle degli sbarchi. Le cause scatenanti dell’immigrazione, cioè, non sono quasi mai analizzate, così come è un tabù anche la sola idea di favorire programmi di sviluppo nei paesi d’origine, in grado di limitare i flussi migratori. Specularmente, desta molto poco interesse quale sia il destino degli immigrati – clandestini o no – una volta arrivati in Italia e in altri Paesi europei.
Ben diverso è l’approccio di papa Francesco, menzionato quasi sempre a sproposito dagli ultrà dell’immigrazionismo. Il Santo Padre è solito indicare quattro parole chiave: accoglienza, protezione, promozione, integrazione. Una visione del problema onnicomprensiva e non banalizzante quella del Pontefice. Il Papa, oltretutto, ha spesso insistito sul fatto che, se da un lato l’accoglienza è un dovere morale, dall’altro l’immigrato ha il dovere di rispettare le leggi e le tradizioni del Paese che lo ospita. Significativo è anche che il Santo Padre, durante la conferenza stampa sul volo di ritorno dal Bahrein, abbia sottolineato che sui migranti “la responsabilità è europea” e che l’Italia “non può far nulla senza l’accordo con l’Europa”. Francesco ha quindi aggiunto che “l’Europa deve cercare di fare piani di sviluppo in Africa”, ritenendo “un’ipocrisia risolvere il problema dei migranti in Europa”, quando si potrebbe “risolverlo a casa loro”.
Un terzo punto che sfugge ai nostri poco lungimiranti commentatori: attualmente l’Italia è un Paese di immigrazione ma, al contempo, anche di emigrazione. L’esodo dei nostri giovani è sempre più massiccio e preoccupante, come ha confermato anche l’ultimo Rapporto Italiani nel Mondo a cura della Fondazione Migrantes. “È da tempo che i giovani italiani non si sentono ben voluti dal proprio Paese e dai propri territori d’origine, sempre più spinti a cercare fortuna altrove – si legge nel dossier –. La via per l’estero si presenta loro quale unica scelta da adottare per la risoluzione di tutti i problemi esistenziali (autonomia, serenità, lavoro, genitorialità, ecc.). E così ci si trova di fronte a un’Italia demograficamente in caduta libera se risiede e opera all’interno dei confini nazionali e un’altra Italia, sempre più attiva e dinamica, che però guarda quegli stessi confini da lontano”.
La reviviscenza dell’emigrazione è uno dei problemi italiani più sottovalutati, forse in assoluto il più trascurato. Come può un Paese che non riesce a garantire un futuro ai suoi giovani, prodigarsi nell’ospitare dei giovani stranieri? Le due realtà migratorie simultanee, in entrata e in uscita, unite al gravissimo problema dell’inverno demografico, rendono il futuro dell’Italia più che mai difficile e incerto. Da qualunque prospettiva lo si guardi, l’abbandono forzato della propria terra è una sconfitta e una ferita non solo per i singoli migranti ma per le comunità coinvolte. Un emigrante è una persona che, nel bene o nel male, fa una scommessa con il proprio destino, camminando lungo il crinale della morte, unico sentiero che può condurlo a una nuova vita. È anche questo il motivo per il quale, chi emigra merita sempre rispetto ma le migrazioni, nei limiti del possibile, andrebbero evitate.