Immigrazione e Covid: quante inaccettabili contraddizioni!

Immigrati
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Nella più totale indifferenza dei media, martedì scorso il cardinale Gualtierio Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana ha richiamato l’attenzione su uno dei più sottaciuti drammi del nostro Paese. “Ogni anno in Italia in migliaia fanno le valigie per cercare fortuna altrove – ha detto il porporato in apertura dell’Assemblea Generale Straordinaria della CEI –. Molti stentano a trovare lavoro qui oppure sono demotivati a tal punto da rinunciare a cercare un’occupazione o a studiare per raggiungerla. Non possiamo assistere a una situazione sociale e ambientale che rischia di tarpare le ali ai nostri ragazzi e di impoverire molti territori, destinati a spegnersi senza un ricambio generazionale!”.

Le parole forti e vibranti del cardinale Bassetti richiamano l’attenzione sull’anomala e ingestibile condizione dell’Italia come paese d’emigrazione e, al contempo, di immigrazione. Soltanto nella giornata di giovedì, abbiamo avuto notizia dello sbarco di 144 migranti a Crotone, mentre a Lampedusa, nelle stesse ore sono state tratte in salvo 296 persone (tra cui 14 donne e 8 minori) giunte su un barcone di soli quindici metri. All’inizio di questa settimana, 77 persone erano sbarcate in Sardegna, tra Sant’Antioco e Pula, mentre altre 215 sono arrivate in Salento, in tre sbarchi diversi a Otranto, Gallipoli e Santa Maria di Leuca. Sempre negli stessi giorni, la Sicilia è stata coinvolta in altri due sbarchi a Porto Empedocle (420 persone) e quattro a Lampedusa (260 persone).

Uno dei tanti danni irreparabili apportati dalla pandemia è stato quello di ridurre paurosamente la percezione dei cittadini ai soli problemi sanitari o, nella migliore delle ipotesi, a quel poco che gira intorno alle questioni di questi mesi: green pass, super green pass, terze dosi, nuovi obblighi vaccinali e relative sospensioni per chi non li rispetta. In questo scenario generale, dominato da un’opinione pubblica che ormai naviga a vista e non sa guardare oltre il proprio naso, nella turbolenza dei cambiamenti attuali (digitalizzazione, green economy e intelligenza artificiale), pilotati dalle élite a velocità ormai incontrollabile, è quindi ingiustamente finito nel dimenticatoio, un tema che, fino a un paio di anni fa, teneva banco su tutti i giornali. Una problematica che adesso, paradossalmente, sta riesplodendo nell’indifferenza degli stessi politici che, a quel tempo, in una direzione o nell’altra, la cavalcavano in modo anche spregiudicato.

Venendo al cuore del problema, a nessuno viene mai in mente per quale motivo, l’Italia, da cui ogni anno migliaia di giovani partono per cercare fortuna all’estero, continua ad essere meta di immigrazione clandestina? Come può un Paese che da tempo immemore offre così poche prospettive lavorative, rappresentare una speranza per le migliaia di africani (e non solo) che ogni mese approdano sulle nostre coste? È vero, per molti di questi immigrati l’obiettivo non è l’Italia ma i più prosperi paesi del Centro-Nord Europa. Eppure, questi ultimi sono gli stessi paesi che, già prima dell’emergenza pandemica, avevano iniziato contingentare gli ingressi oltre i loro confini, complice anche l’accordo di Malta del 2019, che, al di là dei proclami e delle apparenze, finisce per lasciare sulle spalle dell’Italia tutto il fardello dell’accoglienza. Ne è la prova il fatto che degli oltre 50mila migranti arrivati sulle nostre spiagge dall’inizio dell’anno allo scorso 12 novembre, soltanto 97 sono stati redistribuiti presso altri paesi dell’Unione Europea.

I 61.935 di africani e asiatici approdati sulle nostre coste nel corso di quest’anno (record assoluto dal 2014), che tipo di integrazione stanno ricevendo? Per quale motivo, in un biennio di netta frenata dei viaggi (sempre per ragioni sanitarie) dentro l’Europa e tra l’Europa e il mondo, il numero di sbarchi è sestuplicato? Ha senso che, nel momento in cui il Ministro degli Interni, Lamorgese, sposa la linea morbida con i nuovi sbarchi, il suo collega Speranza firma un’ordinanza che blocca l’ingresso in Italia a chiunque sia stato negli ultimi 14 giorni in Sudafrica o in altri sei paesi limitrofi, dove si sarebbe palesata l’ennesima variante del virus? La campagna vaccinale sta coinvolgendo anche gli stranieri più o meno irregolari? Ora che sarà necessario il green pass anche per montare a bordo dei mezzi pubblici metropolitani, a nessuno è venuto in mente che è già difficilissimo sanzionare i numerosi immigrati che ogni giorno affollano i nostri autobus sprovvisti di biglietto? Porre queste domande non è affatto peregrino, né tantomeno da complottisti ma è soltanto segno di un amore per la verità. Qualche anno fa, la parola “accoglienza” era all’ordine del giorno nei nostri dibattiti, anche in ambito ecclesiastico. Sarebbe anche ora, in un momento in cui imperversano nuove forme di discriminazione, che questa parola venisse rispolverata. In modo intelligente, però.