A poco più di una settimana dalle elezioni europee, per gli elettori cristiani si rinnova una sfida: quella di dare fiducia a rappresentanti che siano all’altezza dei loro valori e dei loro principi. Il discorso sulle radici cristiane dell’Europa è assai lungo e complesso. L’Unione Europea, fin dai lavori della Convenzione Europea (2003) e, a maggior ragione, dal successivo Trattato di Lisbona (2007), ha compiuto la deliberata scelta di rinnegare le fondamenta del proprio passato. Una decisione molto più coerente e lineare di quanto possa sembrare. Nella logica delle euroburocrazie, l’idea di Dio – tanto più di un Dio cristiano, che soccorre i deboli, che predica il distacco dal denaro, che sfida apertamente i potenti – è percepita come incompatibile con gli idoli post-cristiani della competizione, dei parametri tecnocratici da rispettare, della moneta unica come nuovo valore non negoziabile.
I risultati di questa cultura neo-pagana e plutocratica sono sotto gli occhi di tutti:
– le ripetute crisi finanziarie e monetarie hanno allargato il solco tra i ricchi e i poveri, mentre il tenore di vita degli europei è complessivamente calato;
– alcuni paesi come l’Italia sono in crescita zero, mentre la Grecia, da almeno un decennio sta sprofondando in una crisi di debito senza fine, per cui l’intero welfare è stato smantellato, tutti i principali asset strategici sono stati privatizzati o acquisiti da soggetti stranieri, arrivano a scarseggiare medicine e beni di prima necessità e la mortalità infantile è tragicamente tornata ad aumentare;
– favorita anche da strutture non propriamente democratiche, si è ormai radicata un’agenda di progetti fortemente contrari alla vita, alla famiglia e alla libertà educativa, come testimoniano le direttive Estrela e Lunacek ma anche le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che hanno negato le cure per malati gravi come Charlie Gard, Alfie Evans e Vincent Lambert;
– la crisi migratoria esplosa all’inizio di questo decennio come conseguenza dei conflitti mediorientali e nordafricani è stata gestita nel peggiore dei modi, il sistema delle “quote” non è stato rispettato e paesi come l’Italia hanno visto gravare sulle proprie spalle la rigidità del Trattato di Dublino, dovendo sostenere un numero di immigrati irregolari largamente superiore a quello dei partner europei;
– rarissime se non inesistenti sono state le risoluzioni e le iniziative a favore dei cristiani perseguitati nel mondo, nei confronti dei quali, i massimi vertici delle istituzioni europee hanno sempre riservato un silenzio assordante e un’ingiustificabile indifferenza.
Con queste premesse e fermo restando l’incerto pronostico del voto del prossimo 26 maggio (in cui comunque il Partito Popolare Europeo e il Partito Socialista Europeo dovrebbero mantenere la maggioranza, nonostante la probabilissima avanzata delle forze euroscettiche e sovraniste), i cristiani che andranno alle urne avranno la conferma che il loro ruolo è ormai quello che papa Benedetto XVI aveva definito di “minoranze creative”, chiamate a “riconquistare” una terra che, un tempo, era fortemente permeata della loro cultura e dei loro valori.
Forse, però, molti dei fondamentalisti dell’eurolaicismo attuale ignorano l’esistenza di un simbolo cristiano che finora nessuno di loro ha mai messo in discussione. Stiamo parlando della bandiera europea, il ben noto vessillo azzurro con le dodici stelle posizionate circolarmente. La bandiera venne approvata dall’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa nel 1955, due anni prima del Trattato di Roma. Nel 1985, essa divenne la bandiera della Comunità Economica Europea, poi, dopo il Trattato di Maastricht (1992), ha iniziato a rappresentare sia l’Unione Europea che il Consiglio d’Europa.
Il concorso di idee indetto nel 1950 per la scelta del vessillo europeo promosse la proposta del disegnatore francese Arsène Heitz, che, successivamente spiegò di essersi ispirato a un noto passo dell’Apocalisse di San Giovanni: “Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap 12). La risoluzione che approvava la nuova bandiera europea fu votata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, a Parigi, l’8 dicembre 1955, solennità dell’Immacolata Concezione. «Sullo sfondo blu del cielo del Mondo occidentale, le stelle rappresentano i popoli dell’Europa in un cerchio, simbolo di unità… proprio come i dodici segni dello zodiaco rappresentano l’intero universo, le dodici stelle d’oro rappresentano tutti i popoli d’Europa – compresi quelli che non possono ancora partecipare alla costruzione dell’Europa nell’unità e nella pace», si leggeva nel testo illustrativo della nuova bandiera.
Guardacaso, Heitz era un fervente devoto mariano e portava al collo la Medaglia Miracolosa, fatta coniare e diffondere da Santa Caterina Labouré nel 1830, dopo le apparizioni a Rue de Bac. Sulla Medaglia campeggiano le dodici stelle dell’Apocalisse e l’invocazione: “Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te”. Heitz, in prima battuta, non aveva rivelato l’ispirazione mariana della sua creazione, limitandosi a dire che il numero dodici, nella sapienza antica, era considerato un “simbolo di pienezza”.
Ci sono altri particolari che conferiscono in modo ancor più credibile alla bandiera europea gli attributi di “simbolo mariano”. Nel bozzetto originale di Heitz, infatti, le dodici stelle non erano dorate come nella versione in uso ma bianche: l’azzurro e il bianco sono i caratteristici colori mariani ma sono anche i colori della bandiera dello stato di Israele, istituito pochi anni prima della bandiera europea. È significativo, infatti, che il presidente della giuria incaricata di scegliere il vessillo europeo, l’ebreo Paul M.G.Lévy, si dichiarò particolarmente entusiasta della scelta. Maria, inoltre, è considerata dagli ebrei “figlia di Sion” e anche il numero dodici rappresenta una forte simbologia sia per l’Antico che per il Nuovo Testamento: dodici sono, infatti, le tribù di Israele, così come gli Apostoli.
Questa storia dimenticata (o forse mai raccontata) delle origini della bandiera europea rappresentano un monito e, al tempo stesso, una speranza. Potranno rimuovere tutte le croci, i crocifissi e ogni altro simbolo cristiano ma difficilmente a qualcuno potrebbe venire in mente di cambiare il vessillo a dodici stelle. Se tutti coloro che amano la bandiera europea, conoscessero almeno il modo in cui essa è nata, forse guadagneremmo un pizzico di rispetto in più per la nostra storia e le nostre tradizioni. E qualcosa, in meglio, potrebbe cambiare.