Quante volte ci abbiamo pensato?
La #croce è un segno di addizione. Per definizione non sottrae mai ma aggiunge. Significa più, non meno. Portare la croce vuol dire includere sempre qualcuno nella propria vita, vuol dire dare se stessi, presupposto fondamentale per poter ricevere. Con la croce si è sempre in compagnia, c’è posto per tutti.
La croce è un punto di incontro. E attorno ad ogni incontro si snodano i destini, le persone si confrontano, parlano tra loro. E possono decidere di convivere o collaborare in modo stabile. Gli incroci sono i luoghi fondamentali della vita, talora luoghi di scontro ma spesso anche di svolta. Luoghi di possibilità e di libertà, con tutte le scelte che ciò comporta.
La croce offre uno sguardo sul mondo. Salirvi sopra permette di osservare la realtà in modo più distaccato e oggettivo. In cima alla croce, le nostre ambizioni e bramosie personali vengono meno e, più facilmente, possiamo accorgerci di tutto ciò che, in precedenza, avevamo colpevolmente trascurato. Da lì possiamo anche scrutare l’orizzonte, intravedere con più chiarezza il destino che ci attende.
La croce unisce cielo e terra. Un braccio è orizzontale ma è significativo che il più lungo sia l’altro, quello verticale. Nella croce alto e basso, materiale e immateriale, concreto e astratto, terreno e celeste si conciliano, si parlano, si armonizzano. È l’unico luogo dove il fisico e il metafisico si agganciano e non si pongono in contraddizione.
La croce è un abbraccio. Chi si pone sulla croce, chi va a coprirla col suo corpo, tende le braccia, mostrandosi disarmato, apparendo per quello che è, non per quello che ha. La postura è quella di chi abbraccia, nonostante tutte le fatiche patite. È la postura di chi accetta il proprio destino, di chi è disponibile verso la vita.
Alla luce di queste cinque semplici considerazioni… abbiamo ancora argomenti per affermare che la croce nella nostra vita sia qualcosa di tanto negativo?