La meravigliosa complessità del cristianesimo

Presepe Natività Sacra Famiglia Gesù Bambino
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Stiamo vivendo un tempo di Natale davvero eccezionale. Mentre papa Benedetto XVI è ormai giunto alla fine dei suoi giorni terreni, la polemica sulle simbologie natalizie ha assunto una piega diversa rispetto agli anni passati. Non è più il presepe in sé l’oggetto del contendere: ciò che dà fastidio è Gesù Bambino in persona, né più né meno come, duemila anni fa, quello stesso Bambino dava fastidio al re Erode.

Adorare un Dio bambino è semplicistico? Basta riflettere un attimo, senza animosità, né pregiudizi e chiunque, anche un non cristiano, ammetterà che è vero l’esatto contrario. Il cristianesimo è la religione dei paradossi apparenti che vanno oltre la naturale comprensione delle cose, senza per questo negare la possibilità di una conoscenza razionale dell’esistente. Dio che si fa uomo è un primo elemento di complessità (e di mistero). La stessa Resurrezione è l’altro fatto ai limiti dell’inspiegabile, eppure, in due millenni, nessuno è mai riuscito a smentirla. Qualcuno ravvisa del semplicismo in tutto questo?

L’affermazione che meglio sintetizza la complessità del cristianesimo è di Blaise Pascal (1623-1662): “L’ultimo passo della ragione è il riconoscere che vi sono un’infinità di cose che la sorpassano. Essa è proprio debole, se non giunge fino a conoscere questo. Se le cose naturali la trascendono, che dire di quelle soprannaturali?”. Ci sono cose, dunque, che stentiamo a comprendere: ciò, però, non vuol dire che la nostra intelligenza – si badi bene: limitata – non possa migliorare costantemente e portarci, di volta in volta, verso mete e frontiere sempre più affascinanti. Inoltre – non è superfluo ribadirlo – la fede non è mai un ostacolo all’intelligenza e alla comprensione razionale della realtà: al contrario ne è un incentivo. Alcuni dei più grandi scienziati di tutti i tempi (Copernico, Mendel, Barsanti), non solo erano graniticamente cattolici ma erano addirittura sacerdoti…

Dio si è fatto uomo, per condividere ogni attività con gli uomini: prima di predicare, Gesù svolge una professione, quella del falegname, poi, nei suoi tre anni con i Dodici, condivide con loro il cibo, il lavoro manuale, aiuta Pietro e gli altri a pescare (cfr Lc 5,1-11); molte delle sue parabole, poi, sono vere e proprie lezioni di economia e di amministrazione dei beni materiali. Può un Dio perfetto, figlio unigenito del Padre celeste, interessarsi così tanto alle questioni terrene nei loro dettagli e risultare in questo semplicistico?

La complessità del cristianesimo è riscontrabile anche nel comandamento dell’amore, l’undicesimo, che conferisce anima e senso agli altri dieci (cfr Gv 13,34). L’amore di Dio è complesso per definizione, in quanto sfugge alle logiche terrene: in primo luogo, l’amore per il nemico è qualcosa che esula dalla natura umana. Ci sono preti che, nei corsi di preparazione al matrimonio, mostrano ai fidanzati il crocifisso e dicono: “Saresti capace di amarlo/a così?”. Un cuore ricolmo di Cristo non può accontentarsi di un’insulsa paccottiglia sentimentale ma è capace di lanciarsi, con tutte le sue contraddizioni, nell’imitazione di Cristo stesso, talora risultandone persino credibile.

Anche l’insegnamento della Chiesa sull’amore carnale è il meno semplicistico possa esistere tra tutte le dottrine religiose, filosofiche e psicologiche mai esistite nel mondo. Come ha spiegato Fabrice Hadjadj, autore dello splendido saggio Mistica della carne, la profondità dei sessi (Medusa Edizioni, 2009), “la Chiesa non proibisce certo il sesso, non è repressiva, al contrario: è favorevole al sesso fino alle estreme conseguenze”, cioè per quella “pienezza della sessualità”, che impedisce al sesso di ridursi a un “atto di consumo”.

L’insegnamento cristiano, sempre all’insegna dell’et-et e mai dell’aut-aut, è il più complesso (e completo) anche in altri campi. La dottrina della Chiesa esalta la dignità e la libertà della donna ma, al tempo stesso, vede nella maternità la sua più alta e nobile realizzazione. Il femminismo, con il suo semplicismo manicheo, non riesce a conciliare i due aspetti. In campo economico, la Chiesa è sempre stata dalla parte dei lavoratori e degli sfruttati, senza per questo essere stata mai contro la proprietà privata, né contro la classe imprenditoriale. Il marxismo, in maniera molto più superficiale, ha sempre visto soltanto i buoni da una parte e i cattivi dall’altra.

C’è indubbiamente, per converso, un risvolto di semplicità nel cristianesimo, che però esula da ogni banalità e luogo comune. Dio nasconde le cose più preziose ai (finti) sapienti e le svela agli umili (cfr Mt 11,25), ma non perché si compiaccia della loro ignoranza: al contrario, vuole spianare loro una via privilegiata di conoscenza del divino, che sarebbe invece preclusa a chi ha la mente zavorrata sì di conoscenze ma anche di tanti pregiudizi. Ciò non toglie, che un gran numero di santi siano stati canonizzati con il titolo di dottori della Chiesa (Sant’Agostino, Sant’Alberto Magno, San Tommaso d’Aquino, San Bonaventura, solo per fare pochissimi nomi): costoro hanno saputo sposare la sapienza all’umiltà, sottomettendo il loro punto di vista al Logos che ci trascende e che imprime verità oggettiva in ogni cosa.

Rispondendo in modo costruttivo alla polemica degli ultimi giorni, Marcello Veneziani ha scritto: “Il carattere di una religione è di essere rivolta al popolo, e dunque chiara, semplice, diretta, alla portata di tutti. Ognuno vede Dio secondo il suo grado di comprensione. C’è chi legge la Summa Teologica e chi apprende il Cristianesimo dal Ciclo della Natività di Giotto, che spiega con le figure il senso e il racconto di una fede”. L’apice del paradosso e della complessità cristiana è proprio questo: anche il povero, l’umile e l’ignorante possono conoscere e scoprire il segreto dell’universo e ciò che lo muove. In ciò, sottolinea ancora Veneziani, “il cristianesimo è in sintonia con le altre visioni del mondo tradizionali alle origini di ogni civiltà, di ogni mito, di ogni rito, di ogni liturgia e simbologia: ritrovare la purezza delle origini”.

È significativo, infine, che gli ultimi a bollare Gesù Cristo come una fake news sarebbero stati il fondatore del World Economic Forum, Klaus Schwab e il suo braccio destro Yuval Noah Harari. Secondo la visione dei tecnocrati di Davos, non ci sarebbe spazio per Dio nell’umanità, proprio perché le élite possederebbero i mezzi per sostituirsi a Dio e provvedere a tutto ciò di cui gli uomini avrebbero bisogno. Programma, a nostro parere, fin troppo ambizioso: meglio affidarlo all’unico vero Maestro di quella meravigliosa complessità che ogni giorno ci regala una ragione per scoprire questo mondo e viverlo pienamente.