La Resistenza “cattolica”: segno di contraddizione e di pace nella tragedia della guerra
La genuinità della partecipazione non ideologica dei cattolici alla Resistenza è riscontrabile nel fatto che molti di loro sono stati vittime sia degli avversari che del “fuoco amico”. Tra le vittime della violenza nazifascista, citeremo tre nomi su tutti: un sacerdote e due laici immolatisi per la libertà del paese. Anche se nessuno di costoro è stato ucciso in odium fidei in senso stretto, non è errato definirli martiri cristiani, in quanto hanno evangelicamente dato la vita per gli altri (cfr Gv 15,13).
In via Urbana 2, nel centro di Roma, è ben visibile una lapide alla memoria di don Pietro Pappagallo (1888-1944), dinnanzi a quella che era stata l’abitazione del sacerdote. In casa sua, don Pappagallo “accolse con amore i perseguitati di ogni fede e condizione, fino al sacrificio di sé – si legge nell’iscrizione –. Cadde nel segno estremo della redenzione e del perdono di Dio”. A trovare rifugio da don Pappagallo vi furono ebrei, partigiani e ogni tipo di oppositori al nazifascismo. Tradito da una spia che si era finta un fuggiasco, don Pappagallo fu l’unico prete cattolico tra le vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Riconosciuto dallo Yad Vashem con il titolo di “Giusto tra le nazioni”, don Pappagallo ha ispirato il celebre personaggio di don Pietro, interpretato da Aldo Fabrizi nel film Roma città aperta.
Beatificato nel 2013, Odoardo Focherini (1907-1944) è anch’egli “Giusto tra le nazioni” e ha ricevuto la Medaglia d’Oro delle Comunità Israelitiche Italiane. Membro dell’Azione Cattolica, padre di sette figli, giornalista e agente assicurativo, Focherini, in accordo con la Santa Sede, riuscì a trovare rifugio a Carpi a centinaia di ebrei, contraffacendone i documenti e salvandone almeno 105. Fu la moglie Maria a convincerlo ad accogliere i perseguitati: “I nostri figli sono al sicuro, hanno una casa, loro non ce l’hanno: vai e aiutali”**, gli diceva. Catturato dai nazisti, Odoardo Focherini fu imprigionato nel campo di concentramento di Fossoli, poi a Bolzano e infine a Hersbruck, dove morì il 27 dicembre 1944.
In Liguria è assai nota la vicenda di Aldo Gastaldi (1921-1945), eroico partigiano, privo di ogni connotazione partitica o ideologica. La sua storia è stata ricostruita nel docufilm Bisagno (questo era il nome in codice con cui era conosciuto tra i partigiani), diretto da Marco Gandolfo***. Chiunque finisse prigioniero di Bisagno aveva la certezza che non sarebbe mai stato giustiziato. Il giovane partigiano ligure aveva infatti un timor di Dio così spiccato, da domandarsi sempre, di fronte ad ogni avversario: “Chi sono io per decidere della vita dell’uomo che ho davanti?”. Quando catturava i fascisti, Bisagno cercava sempre di portarli dalla sua parte e in cuor suo pensava: “Anche loro hanno una madre che li aspetta a casa”. Morì in circostanze misteriose, neanche un mese dopo la Liberazione, in un incidente stradale che i suoi compagni ritennero quasi unanimemente un omicidio: Bisagno diventò infatti “scomodo” per la sua abilità e per il notevole carisma che lo invise ai comunisti, mentre i fascisti, proprio per la sua ferrea condotta anti-ideologica, lo temevano molto più rispetto ai partigiani “rossi”.
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*Roberto Beretta, Storia dei preti uccisi dai partigiani, Piemme, 2005
**Luca Marcolivio, Un padre di famiglia diventato un eroe cristiano, da Zenit, 5 giugno 2013
***Luca Marcolivio, “Bisagno”: storia di un partigiano fuori dagli schemi, da Zenit, 25 agosto 2015