Introduzione
La società di plastica, disonestà dell’illusione e i falsi doni elargiti
E’ così.
Siamo una generazione profondamente ferita. Certo, le sofferenze ci sono sempre state, ma in passato la comunità era più forte grazie ai valori su cui poggiava – sebbene con tutte le difficoltà che caratterizzano ogni epoca.
C’era una coscienza collettiva che non metteva in dubbio i valori di fede: anche chi non era credente, comunque aveva nel cuore i principi dalla legge morale naturale come bussola.
Oggi la coscienza è silenziata o piegata ad un pensiero globale formato da false luci e inganni che conducono l’uomo a vivere profonde crisi – spirituali ancor prima di quelle economiche.
Siamo una società attiva, “smart”, parliamo di partecipazione, innovazione, solidarietà, allora perché ci sentiamo “sazi e disperati”?
Le buone intenzioni di voler rendere il mondo migliore non bastano se derivano da una mentalità che pretende un mondo felice qui e ora, secondo criteri umani. Questo non sarà mai possibile.
C’è un fatto di cui ci siamo dimenticati nel tempo. Una ferita antica, quella del peccato originale, che ha reso il cuore dell’uomo un campo di battaglia tra il bene che vorrebbe e il male che compie (Rm 7,19).
Da quella ferita in poi, derivano le inclinazioni al peccato (Mc 7,21-22): l’uomo si illude di essere autosufficiente, dimentica la condizione di creatura, crede alla menzogna di poter essere come Dio, ingannato dall’idolatria del progresso scientifico e tecnico.
La modernità non porterà mai alla piena realizzazione dell’uomo: lo terrà legato ad un inganno nel quale gli farà credere che, prima o poi, la felicità arriva e se non arriva “allora crea un diritto che ti faccia fare quello che vuoi, anche se questo potrà danneggiare il prossimo e se lo danneggia, digli che lo fai per il suo bene, perché non vuoi farlo soffrire in questo mondo brutto e cattivo e fargli vivere una vita indegna” Non è forse lo slogan su cui si basa l’aborto?
I risultati di questa mentalità sono tutt’altro che positivi: troviamo un senso di disperazione diffuso che, sovente, culmina nel suicidio. Sono proprio i paesi ad alta industrializzazione ad avere il primato, quelli dai servizi più efficienti e con un’economia avanzata. Tra i primi abbiamo Belgio e Inghilterra (il nostro Paese, almeno in questo, non vince la maglia nera). Perché questo? In una realtà materialista, dove il senso dell’esistenza deriva dall’esaudire ogni emozione, dall’idolatria e dal possesso delle cose, dal mercificare le persone (utero in affitto docet), quando qualcosa viene a mancare, subentrano le tenebre dell’angoscia.