Lo schiaffo di un sacerdote, ha fatto di me un frate francescano

Intervista a Padre Giulio Calcagna sacerdote dal 1971, francescano del primo ordine minore e guardiano della parrocchia di Santa Maria di Loreto a Guidonia.

Padre Giulio è anche compositore di musica religiosa: ha inciso 4 cd!

Iniziamo dalla tua infanzia. Già da bambino eri vicino al Signore e alla santa messa?

Sono nato a Palestrina, un paese in provincia di Roma e come tutti i bambini della mia Parrocchia, intitolata a Maria SS.ma Annunziata, dopo il periodo del catechismo, ho fatto la Santa Comunione e la Cresima nello stesso giorno. Dopo questa tappa importante della mia vita, ho continuato a frequentare la parrocchia, andando a “servire la Messa” praticamente tutti i giorni. Ricordo che avevo imparato non soltanto tutte le risposte della Messa in latino, ma anche sapevo a memoria le litanie della Madonna e del Sacro Cuore, sempre tutte in latino…!

C’è stato un episodio nella tua vita, quando eri ancora un bambino che ti ha un po’ deluso. Quest’accaduto riguardava proprio un sacerdote …

Fu proprio durante la preparazione alla Santa Messa, che mettendo a posto i fiori sull’altare, mi cadde un vaso di vetro e si ruppe. Naturalmente il rumore della caduta arrivò alle orecchie del parroco, un sacerdote diocesano, che stava in sacrestia, il quale subito accorse per vedere ciò che era successo. Quando vide il vaso rotto e che ero stato io a provocare la rottura, senza pensarci due volte, mi diede un grande ceffone, ma così forte che rimasi senza parole, non ebbi il coraggio neppure di lamentarmi. Non mi aspettavo un gesto simile da un sacerdote. Dopo tutto stavo facendo un servizio all’altare e poteva capitare a chiunque, tanto più a un bambino di 9 anni, di fare uno sbaglio…! Fatto sta che, tutto piangente lasciai la parrocchia, giurando a me stesso che non sarei mai più tornato in quella chiesa per nessuna cosa al mondo. Arrivai a casa ancora piangendo, raccontai tutto l’accaduto alla mamma, e le dissi che da quel giorno in poi non avrei più messo piede in quella chiesa! La mamma capì il mio stato d’animo e ne fu molto rattristata, tanto che nei giorni seguenti non fece nessun tentativo per costringermi a tornare in parrocchia. Fece passare qualche mese, poi mi disse: “capisco che non vuoi andare più in quella chiesa, il gesto del prete è troppo grave per poterlo dimenticare…ma è un peccato che tu, che ormai sai servire così bene la Santa Messa, lasci tutto. Tu sai bene che poco più giù c’è il convento di San Francesco, perché non provi ad andare là, ci sono i frati francescani che sono tanto bravi e certamente sarebbero contenti se tu vai a servire la Messa da loro. Lasciai passare ancora un po’ di tempo e poi un giorno mi decisi ad andare nel convento dei frati. Come aveva detto la mamma, essi in effetti furono molto contenti della mia decisione e da quel primo giorno, per tutti i giorni seguenti, continuai a frequentare la loro chiesa e a servire la Messa. Tra l’altro, al termine di ogni celebrazione gentilmente i bravi fraticelli mi offrivano anche una buona colazione… Se non altro avevo rifatto pace con il Signore e con la Chiesa che, se non fosse stato per mia madre, non avrei più frequentato per tutta la mia vita. Invece, chissà proprio da quello schiaffo, il Signore, facendo deviare la mia vita verso i frati francescani, stava preparando qualcosa di particolarmente interessante per me…

Come hai capito che Dio ti chiamava a diventare frate?

In effetti poi, frequentando per due anni il convento di San Francesco e soprattutto stando a contatto quasi tutti i giorni con i frati, cominciò a nascere nel mio cuore il desiderio di vivere la loro stessa vita: stava maturando pian piano la mia vocazione per l’Ordine Francescano! Ne parlai ai miei genitori, i quali furono ben lieti della mia decisione. (Tra parentesi già potevo anche capire, senza nasconderlo adesso, che l’accettazione della mia decisione da parte dei miei, fosse stata forse anche dettata dalla possibilità che in seminario avrei potuto di studiare e poi eventualmente uscire con il diploma di terza media…). Fatto sta che all’età di 11 anni (allora per poter diventare sacerdoti si doveva entrare in seminario dopo la quinta elementare…), entrai nel Seminario Francescano di Artena (Roma) e lì vi rimasi per 5 lunghi anni, frequentando le medie e il ginnasio. All’età di 16 anni entrai a Noviziato presso il convento di Fontecolombo (Rieti), al termine del quale emisi i voti temporanei.            Seguirono 4 anni di Liceo e Filosofia a Frascati; 4 anni di Teologia nel Convento di Aracoeli in Roma e poi finalmente, dopo 14 anni di seminario, fui ordinato sacerdote, insieme a altri cinque miei compagni, il 4 luglio 1971.

 E’ stato proprio in convento che hai scoperto di avere un dono e un talento che ti permette di comporre musica cristiana?

Durante quei 14 anni di seminario, tra le altre materie di studio c’era anche la musica, alla quale mi sentivo particolarmente attratto, tanto che già nei primi anni cominciai a suonare prima il pianoforte e successivamente, circa all’età di 20 anni, mi appassionai alla chitarra, formando anche un piccolo complesso musicale insieme ad altri due miei compagni, eseguendo canzoni che andavano in voga in quei tempi (successi di cantautori, dei complessi più famosi…).  Ho continuato poi anche dopo il sacerdozio a suonare la chitarra, anche se non ho avuto mai modo di andare da un maestro di chitarra… sono stato sempre un autodidatta! Ma devo dire che proprio attraverso questo strumento, e ripeto sempre da dilettante, ho avuto tantissime occasioni di andare in giro per il mondo a cantare con la mia chitarra! Basta pensare che ho fatto numerosi concerti (più di 300!) non soltanto in tutta Italia, ma anche in Argentina, negli Stati Uniti, in Canada, cantando canzoni napoletane per gli emigrati italiani; poi in Finlandia nelle chiese luterane e nelle scuole; perfino in Giappone…!

La prima canzone che hai composto qual è stata?

Devo dire che, nonostante conoscessi la musica e suonavo la chitarra, avevo provato tante volte a comporre qualche canzone, ma senza successo: probabilmente mi mancava l’ispirazione giusta! Ma a volte nella vita ti trovi in situazioni così imprevedibili, che quasi ti costringono a tirar fuori delle qualità che neppure tu immaginavi di avere.     Mi è capitato proprio una cosa del genere diversi anni fa. In quel famoso convento di San Francesco a Palestrina, dove appunto nacque la mia vocazione al sacerdozio, c’erano dei frati francescani che avevano creato un coretto di bambini, ai quali, nelle feste della mamma, del Natale, del carnevale facevano cantare le canzoni dello Zecchino d’oro che uscivano in quegli anni. Un anno però a questi fraticelli venne in mente di far eseguire a questi bambini, non più canzoni dello Zecchino d’oro, ma canzoni inedite composte da loro stessi… Così chiesero anche a me, dato che suonavo la chitarra e cantavo, di comporre una canzone alla mamma. Una bella occasione anche per me! Se nonchè, dopo vari tentativi da parte mia di scrivere qualcosa, non riuscivo proprio a mettere due note, una dietro l’altra… Intanto passavano i giorni senza nessuna ispirazione, così chiamai quei frati dicendo loro che la cosa non si poteva fare…,ma loro insistettero tanto, affinché scrivessi qualunque cosa mi veniva in mente… Veramente, come dicevo all’inizio, mi trovai in una tale situazione, e quasi costretto,  facendo appello a tutte le mie risorse finalmente riuscii a scrivere una canzoncina, semplice, ma talmente semplice che quasi mi vergognavo di presentarla… Pensai alla mia mamma, che lasciai quando ero ancora bambino, ricordando la ninna nanna che mi cantava quando ero piccolo, per farmi addormentare.  Così misi nel ritornello di questa mia canzone la melodia di una ninna nanna che tutte le mamme del mio paese cantano ai loro bambini. Finalmente presentai questa canzoncina, che i bambini impararono subito. Ma la cosa più sorprendente fu che alla fine, le canzoni che avevano composto quei frati, alcuni dei quali anche valenti musicisti, difficilmente venivano cantate dai bambini, i quali invece cantavano tutti volentieri la mia semplice canzoncina…!

Dopo quella festa della mamma venne la festa di Natale, poi quella di carnevale, e sempre dietro suggerimento di quei frati, i quali dopo il “successo” avuto con la mia prima canzone, mi costrinsero di nuovo a scrivere altre canzoni per queste circostanze. Negli anni successivi poi continuai a scrivere altre canzoni, ma sempre per bambini. Ne avevo composto già quattro o cinque, quando qualcuno le fece ascoltare alle suore Paoline, le quali mi chiesero il permesso di poterle incidere su dischi (a quei tempi ancora c’erano i 45 giri in vinile…). Dopo di che chiesi a loro se potevo incidere anche altre mie canzoni, sempre come Edizioni Paoline. Fu così che cominciai a scrivere altre canzoni più impegnative dedicate a San Francesco e alla Madonna…  

 Di cosa parla il brano che hai scritto dal titolo 1000 ali?

Anche di questa canzone io sono l’autore delle sole parole, mentre la musica e il testo in inglese sono di un compositore giapponese, Man Arai, che vuole ricordare le migliaia di vittime perite nell’attentato alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre del 2001. Facendo parlare una di quelle vittime, lo sposo si rivolge alla sua sposa che è rimasta sulla terra, con parole piene di amore e servendosi di immagini molto suggestive, le assicura che lui non è morto, ma vive nel cielo, negli spazi dell’eternità, portato lassù da “mille ali”…                                                                     Veramente il titolo originale era “Thousand winds” (Mille venti), ma io l’ho cambiato con “Mille Ali”, perché dà più il senso del volo dell’anima verso Dio, portata da mille ali di angeli. Con le mie parole in italiano ho aggiunto alla canzone aspetti nuovi non contenuti nell’originale, tanto che, a dire degli stessi giapponesi, il testo italiano è risultato anche più efficace nell’esprimere i sentimenti tra quelle due persone.                                 Naturalmente l’autore giapponese, non essendo cristiano, non ha potuto parlare di Dio nella sua canzone, cosa che invece ho aggiunto io. Tuttavia l’idea che lui ha espresso, cioè che dopo questa vita non finisce tutto, si accompagna molto bene con la nostra fede cristiana, per cui quel legame d’amore  di due persone, unite qui in terra dal vincolo matrimoniale, non verrà spezzato neppure con la morte!

 Hai scritto molti brani dedicati alla Madonna. Com’è il tuo rapporto con Maria?

Si, ho composto, almeno 4 canzoni sulla Madonna, la prima delle quali ha come titolo “In fondo al viale”. Prendendo spunto da un viale che si trova in quel famoso convento di Palestrina, in fondo al quale c’è un’immagine di Maria, ho immaginato la mia vita come un viale che mi porta verso Maria che a sua volta mi porta a Gesù. In un’altra canzone (“Grandi cose ha fatto in me”) parlo dell’umiltà di Maria, anche in riferimento all’umiltà di Francesco. La canzone che vi farò ascoltare (“La mia via”), di cui sono autore solo delle parole, in quanto la musica è della famosa “My way”, è sempre dedicata a Maria, un luminoso cammino che mi porta al cielo…  Negli ultimi tempi poi qui a Guidonia ho scritto l’ultima canzone, pensando alla Madonna Addolorata sotto la croce di Gesù.          Da quanto detto, si vede chiaramente che il mio rapporto con Maria è anche un po’ speciale. Sento infatti vivo e forte il suo amore per me, che cerco di ricambiare con altrettanto amore; un rapporto particolare forse anche in conseguenza dell’affetto che mi è mancato con la mia madre naturale, lasciata a 11 anni…

 Servizio di Rita Sberna