Intervista a Sua Eccellenza don Giovanni d’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno che ci sona vicinanza in un tempo di estrema emergenza.
L’emergenza coronavirus ha messo alla prova anche la Chiesa cattolica, non pensa?
Il coronavirus mette alla prova tutti noi, ci sta obbligando a cambiare vita perché nulla sarà più come prima dopo questo virus. E’ sicuramente un passaggio di Dio nella vita nostra personale e nella vita delle nostre società che ci invita a ripensare tutto.
Una domanda che dovremmo ora come ora farci tutti è: su cosa ho basato la mia vita? Quali sono i miei punti fermi?
Intanto noi eravamo abituati ad una vita dove bisognava correre invece adesso abbiamo tantissimo tempo perché siamo obbligati a rimanere a casa per battere un virus che sta coinvolgendo tutti. In secondo luogo, facevamo dei progetti a lungo e breve termine dove erano soprattutto basati su desideri di realizzare cose materiali e invece improvvisamente ti ritrovi impoverito da un punto di vista materiale ed economico ma questa può essere una grandissima occasione per recuperare la ricchezza delle relazioni.
Le relazioni le abbiamo infrante, privilegiando soprattutto l’affermazione dell’io, dell’ego e la realizzazione dell’individuo. Il coronavirus ci obbliga oggi, a spezzare questa cultura e a riscoprire l’importanza delle relazioni.
Sia i fedeli che i pastori si stanno ritrovando ad un nuovo modo di vivere la pastorale?
Questo ha dimostrato come lo Spirito Santo è in attività e in qualsiasi condizione agisce. La Chiesa non è ferma e non è serratamente chiusa, ma è aperta continuamente perché agisce lo Spirito Santo. Sto vedendo come i sacerdoti stanno utilizzando la fantasia, si è sviluppato moltissimo l’utilizzo dei social e dei media e c’è anche un grande desiderio di ritrovarsi insieme.
In un recente post, lei ha fatto un invito ai sacerdoti, quello di utilizzare i social per aiutare i fedeli donando vicinanza ..
Come ogni pastore mi preoccupo di stare accanto al popolo e di raggiungerlo in ogni momento per consolarlo, per incoraggiarlo e anche per stimolarlo. Ho detto fino all’inizio che non bisogna considerare questo momento uno stop perché non durerà poco, ma bisogna considerarlo come un nuovo modo di fare pastorale.
Stiamo vedendo come tutto questo sta avvenendo con un grande beneficio di tanti.
Dio dal male ne tra il bene. Quale sarà il bene di questa situazione?
Non ritorneremo alla vita di sempre perché tutto sarà cambiato dopo. Come sarà cambiato? Non lo so al momento, ma posso intuirlo perché la situazione ci porterà a doverci confrontare con la povertà che ritornerà, con il tema della riscoperta della vita. Dopo, la pastorale e il contesto sociale sul quale ci ritroveremo a vivere sarà basato sulla riscoperta della solidarietà, il coronavirus ci aiuta a riscoprire il valore della solidarietà. Abbiamo visto in questi giorni il coraggio dei medici, abbiamo visto che abbiamo bisogno gli uni degli altri, ci si salva insieme.
Il futuro sarà solidarietà, l’uno ha bisogno dell’altro. Da questo potremo ricostruire un nuovo mondo.
Cosa vuole dire a quelle persone che stanno vivendo questo periodo con un pò di paura, timore e tristezza?
Tanta gente lo vive così ed è logico che sia così. Noi abbiamo la grande missione di sostenerci gli uni gli altri ma il vero rischio è proprio la paura che potrebbe distruggere dentro di noi, quel coraggio che ci porta a guardare al futuro con un occhio nuovo che ce lo fa vedere soltanto sotto l’angolatura dell’incertezza, della perdita di tutto il passato.
Sicuramente perdiamo qualcosa ma sicuramente guadagneremo molto di più. Intanto fino a questo momento l’unico modo per arricchirci domani è quello di valorizzare in pieno le possibilità che abbiamo in questo momento anche dal punto di vista spirituale, Dio ha bisogno di essere rivisto come indispensabile per la società.
L’uomo ogni volta che dimentica Dio, sbatte la testa da qualche parte e si ritrova impotente e impaurito.
Il futuro o sarà spirituale o non lo sarà, questo era stato detto qualche secolo fa: il terzo millennio o sarà spirituale o non lo sarà.
Dio non ci castiga ma ci richiama e vede il nostro peccato non come un errore ma come una condizione nella quale noi esprimiamo la nostra povertà e incapacità di comprendere il suo amore.
Mi colpisce una frase che leggo dappertutto: “Tutto andrà bene” non tutti sanno che questa è un’espressione di una mistica del 1600 Giuliana Di Norwich, la quale ebbe nel 13 maggio 1373, una serie di visioni nelle quali Dio si mostrò come Padre e come Madre ed ebbe a ripetergli questa frase: “Ricordati che nonostante il peccato e nonostante tutto, TUTTO SARA’ BENE MA TUTTO SARA’ bene” oggi è stata tradotta con “tutto andrà bene” alla fine la vittoria sarà di Dio.
Raccomando alle famiglie di fare la Consacrazione alla Madonna e di mettersi sotto il Suo Manto.
Rita Sberna