Ninive, Nigeria, Nicaragua: il sangue dei martiri è il seme dei nuovi cristiani

Introduzione

È ricorso alcuni giorni fa il quarto anniversario della fuga dei cristiani dalla Piana di Ninive. Nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014, le milizie dell’ISIS assaltavano Qaraqosh, Kramles, Talkief, Bartalla e altre località dell’Iraq settentrionale, provocando l’esodo di circa 125mila persone stabilitesi per lo più ad Erbil e in altre aree del Kurdistan, rimasto inaccessibile alla furia jihadista.

Quello della Piana di Ninive è stato l’episodio centrale e simbolico del tragico revival delle persecuzioni anticristiane in questo primo scorcio di terzo millennio. Nessun secolo dall’inizio della cristianità si era aperto con un numero così impressionante di martiri (7000 all’anno, secondo le stime più al ribasso, 109mila secondo altre fonti). Nel caso specifico dell’Iraq, i cristiani uccisi dai terroristi islamici sono stati circa 700 dall’avvento dell’ISIS, mentre in tutto il paese, rispetto a prima della caduta di Saddam Hussein, la percentuale di cristiani è scesa dell’82%. Papa Francesco ha più volte denunciato il silenzio dei media sui nuovi martiri, aggiungendo alle parole, numerosi gesti che vanno al di là del puramente simbolico: tra questi vanno ricordati le nomine cardinalizie del nunzio apostolico in Siria, monsignor Mario Zenari (2017), e del patriarca di Babilonia dei Caldei, Sua Beatitudine Louis I Raphael Sako (2018).

Nell’arco di questi quattro anni, in tanti hanno lanciato l’allarme sul rischio di sparizione dei cristiani dal Medio Oriente e, in modo particolare, dall’area dell’antica Mesopotamia, che fu la culla di tutte le religioni abramitiche. In particolare numerosi vescovi e missionari hanno lanciato ripetuti appelli agli aiuti umanitari, incoraggiando i fedeli a non espatriare per non ridurre al lumicino la presenza cristiana, da sempre portatrice di pace e di sviluppo per l’intera regione.

Se è vero che, come affermava Tertulliano, “il sangue dei martiri è il seme dei nuovi cristiani”, i primi segnali di rinascita per la Piana di Ninive sono già una realtà. Grazie in particolare al contributo della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, che ha stanziato oltre 39 milioni di euro per progetti umanitari in questa regione, almeno 25.650 dei cristiani fuggiti quattro anni fa, hanno fatto ritorno nella sola Qaraqosh, mentre sono 8.815 le famiglie rientrate nell’intera Piana di Ninive. È sempre grazie ad Aiuto alla Chiesa che Soffre che è stato ricostruito o riparato il 35,2% delle abitazioni distrutte o danneggiate dall’ISIS.

Se oggi i cristiani iracheni vivono quella che – c’è da augurarselo – dovrebbe essere la loro resurrezione, è però impossibile dimenticare il loro Venerdì Santo. È ancora impressa nella memoria di molti, la N di Nazareno con cui gli uomini dello Stato Islamico contrassegnavano le case dei cristiani. La lettera N è quindi diventata un simbolo di solidarietà nei confronti di questi fratelli sfortunati, da parte dei cristiani di tutto il mondo. Sono stati migliaia gli utenti Facebook che hanno aggiunto una N al loro nome e cognome nel proprio profilo, in segno di partecipazione al dramma dei martiri e dei fuggitivi dalla Piana di Ninive.