Papa Francesco: anziani coerenti fino alla fine

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La fedeltà alla parola data, la coerenza fino in fondo, ben lo sappiamo, non vanno oggi molto di moda. Nel corso della catechesi dell’udienza odierna, il Papa ci ricorda questi valori, esortando anzitutto (ma non solo) le generazioni più anziane, a ritenerli importanti non soltanto per sé, ma per la costruzione del futuro. 

Il Santo Padre ci introduce in questo tema, richiamando la celebre figura di Eleazaro. Egli ci ricorda dello speciale rapporto che esiste fra la fedeltà della vecchiaia e l’onore della fede. Il nostro protagonista infatti, messo alla prova, costretto a mangiare le carni proibite al suo popolo, non va dietro al consiglio di chi gli suggerisce di fingere di mangiare, per guadagnare qualche anno di vita. Sceglie di rinunciare apertamente e così rimanere fedele a ciò in cui crede.

Il Papa chiama queste prove di distogliere dal vero senso di questa rinuncia, ipocrisia religiosa, ipocrisia clericale. Questi gli dicono: “Ma fa’ un po’ l’ipocrita, nessuno se ne accorgerà”. Così Eleazaro si sarebbe salvato, e – dicevano quelli – in nome dell’amicizia avrebbe accettato il loro gesto di compassione e di affetto. Dopo tutto – insistevano – si trattava di un gesto minimo, far finta di mangiare ma non mangiare, un gesto insignificante.

E’ di fondamentale importanza questo gesto. Un vecchio che è vissuto nella coerenza della propria fede per un’intera vita, e ora si adatta a fingerne il ripudio, condanna la nuova generazione a pensare che l’intera fede sia stata una finzione, un rivestimento esteriore che può essere abbandonato, pensando di poterlo conservare nel proprio intimo. (…) E l’effetto di questa banalizzazione esteriore sarà devastante per l’interiorità dei giovani.

Il Pontefice si rifà anche all’antica eresia gnostica che illustra bene questa tentazione di un atteggiamento incoerente con la propria fede. La fedeltà e l’onore della fede, secondo questa eresia, non hanno nulla a che fare con i comportamenti della vita, le istituzioni della comunità, i simboli del corpo. La seduzione di questa prospettiva è forte, perché essa interpreta, a suo modo, una verità indiscutibile: che la fede non si può mai ridurre a un insieme di regole alimentari o di pratiche sociali. La fede è un’altra cosa. 

Una questione non facile, dunque. (…) La fede cristiana – ci ricorda il Papa – è realistica, la fede cristiana non è soltanto dire il Credo, ma è pensare il Credo, è sentire il Credo, è fare il Credo. Operare con le mani. Invece questa proposta gnostica è un “fare finta”, l’importante è che tu dentro abbia la spiritualità e poi puoi fare quello che vuoi. E questo non è cristiano. 

Esiste quindi anche il pericolo opposto. La pratica della fede per questi gnostici che già c’erano al tempo di Gesù, è considerata come un’esteriorità inutile e anzi nociva, come un residuo antiquato, come una superstizione mascherata. Insomma, una cosa per i vecchi. La pressione che questa critica indiscriminata esercita sulle giovani generazioni è forte. Certo, sappiamo che la pratica della fede può diventare un’esteriorità senz’anima (…)

Occorre ricordarsi sempre che la fede merita rispetto e onore fino alla fine: ci ha cambiato la vita, ci ha purificato la mente, ci ha insegnato l’adorazione di Dio e l’amore del prossimo. È una benedizione per tutti! Ma tutta la fede, non una parte. (…) La catechesi termina con l’esortazione del Papa agli anziani: i giovani ci guardano e la nostra coerenza può aprire loro una strada di vita bellissima. Invece, un’eventuale ipocrisia farà tanto male. Preghiamo gli uni per gli altri. Che Dio benedica tutti noi vecchi!