Papa Francesco: Natale in umiltà

L’incarnazione di Dio nel mondo e nella storia, inizia da un fenomeno più anticristiano che ci sia. Gesù che nasce non trova l’accoglienza da nessuna parte. Ma Dio non si ferma nemmeno di fronte all’apparente sconfitta iniziale. La storia della salvezza sta arrivando al suo culmine. 

Il Papa, durante l’udienza odierna, rievoca l’evento della Natività che celebreremo tra pochi giorni. Pensiamo: il Creatore dell’universo… a Lui non fu concesso un posto per nascere! Gesù è stato accolto non dai suoi… Fu un angelo ad annunciare la nascita di Gesù, e lo fece a degli umili pastori. E fu una stella che indicò ai Magi la strada per raggiungere Betlemme (cfr Mt 2,1.9-10). L’angelo è un messaggero di Dio. La stella ricorda che Dio creò la luce (Gen 1,3) e che quel Bambino sarà “la luce mondo”, come Egli stesso si autodefinirà (…)

Proseguendo nella spiegazione della simbologia dei personaggi che accolgono il Salvatore, il Papa parla dei pastori e dei Magi. I pastori personificano i poveri d’Israele, persone umili che interiormente vivono con la consapevolezza della propria mancanza, e proprio per questo confidano più degli altri in Dio (…) I Magi rappresentano i popoli pagani, in particolare tutti coloro che lungo i secoli cercano Dio e si mettono in cammino per trovarlo. Rappresentano anche i ricchi e i potenti, ma solo quelli che non sono schiavi del possesso, che non sono “posseduti” dalle cose che credono di possedere.

Papa Francesco sottolinea in seguito un elemento imprescindibile, per celebrare cristianamente le feste natalizie. Solo l’umiltà – spiega – ci spalanca all’esperienza della verità, della gioia autentica, della conoscenza che conta. Senza umiltà siamo “tagliati fuori”, siamo tagliati fuori dalla comprensione di Dio, dalla comprensione di noi stessi. Occorre essere umile per capire noi stessi, tanto più per capire Dio. 

A due categorie di persone il Papa ci propone di fare spazio davanti al presepe quest’anno. In prima fila, nell’avvicinarsi al presepio e pregare, vorrei mettere i poveri, che – come esortava San Paolo VI – «dobbiamo amare, perché in certo modo sono sacramento di Cristo; in essi – negli affamati, negli assetati, negli esuli, negli ignudi, negli ammalati e nei prigionieri – Egli ha voluto misticamente identificarsi. Dobbiamo aiutarli, soffrire con loro, e anche seguirli, perché la povertà è la strada più sicura per il pieno possesso del Regno di Dio». Per fare ciò, quest’anno occorre chiedere con forza, come grazia di Natale, proprio l’umiltà.

Prosegue il Pontefice: e poi, fratelli e sorelle, vorrei accompagnare a Betlemme, come fece la stella con i Magi, tutti coloro che non hanno un’inquietudine religiosa, che non si pongono il problema di Dio, o addirittura combattono la religione, tutti quelli che impropriamente sono denominati atei

Loro e anche tutti noi, pure quest’anno possiamo sentire che siamo stati amati, siamo stati cercati, il Signore ci cerca per trovarci, per amarci di più. Questo è il motivo della gioia: sapere che siamo stati amati senza nessun merito, siamo sempre preceduti da Dio nell’amore, un amore così concreto che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, in quel Bambino che vediamo nel presepe. 

La catechesi odierna si chiude con un incoraggiamento da parte del Papa: ognuno dica questo: Dio viene per me. La consapevolezza che per cercare Dio, trovare Dio, accettare Dio ci vuole umiltà: guardare con umiltà la grazia di rompere lo specchio della vanità, della superbia, di guardare noi stessi. Guardare Gesù, guardare l’orizzonte, guardare Dio che viene a noi e che tocca il cuore con quella inquietudine che ci porta alla speranza. Buon e santo Natale!