Riprendendo oggi le catechesi sul tema importantissimo del discernimento, il Santo Padre desidera oggi attirare la nostra attenzione sull’elemento fondamentale e imprescindibile, che è la preghiera. La vita di orazione è presupposto ininterrotto per poter effettuare un buon discernimento.
La preghiera è un aiuto indispensabile per il discernimento spirituale, soprattutto quando coinvolge gli affetti, consentendo di rivolgerci a Dio con semplicità e familiarità, come si parla a un amico. E’ proprio l’amicizia coltivata con il Signore, la naturalezza del rapporto con Lui, ci permette di vincere poi la tentazione, che si presenta nei tempi difficili, quella di aver a che fare con un Dio che è solo sovrano, ma in fondo non vuole il nostro bene.
A volte qualcuno può inoltre cadere nella trappola di credere, che il processo di discernimento, che sottintende le varie strade da prendere, ci porta alla certezza assoluta. Non è così. (…) non è chimicamente un puro metodo, no, pretende una certezza assoluta, perché riguarda la vita, e la vita non è sempre logica, presenta molti aspetti che non si lasciano racchiudere in una sola categoria di pensiero. Ci ricorda Francesco: non siamo solo ragione, non siamo macchine, non basta ricevere delle istruzioni per eseguirle: gli ostacoli, come gli aiuti, a decidersi per il Signore sono soprattutto affettivi, del cuore.
(…) Alcuni temono che prendere sul serio la sua proposta, quello che Gesù ci propone, significhi rovinarsi la vita, mortificare i nostri desideri, le nostre aspirazioni più forti. Invece, nel nostro primo incontro abbiamo visto che il segno dell’incontro con il Signore è la gioia. Per questo stesso motivo, la tristezza e la paura, sono nella maggior parte dei casi segnali che ci stiamo staccando da Dio, come il giovane ricco del Vangelo di Matteo (cf. Mt 19,17).
Non dobbiamo invece mai dimenticarci che il discernimento cristiano parte e porta alla libertà. Gesù mai costringe a seguirlo, mai. Gesù ti fa sapere la sua volontà, con tanto cuore ti fa sapere le cose ma ti lascia libero. E questa è la cosa più bella della preghiera con Gesù: la libertà che Lui ci lascia. Invece quando noi ci allontaniamo dal Signore rimaniamo con qualcosa di triste, qualcosa di brutto nel cuore.
Ed è solo la familiarità con Dio e il desiderio di essa, che può sciogliere in modo soave dubbi e timori, rendendo la nostra vita sempre più ricettiva alla sua «luce gentile», secondo la bella espressione di San John Henry Newman. Come si fa a vivere questa relazione? Essa coinvolge i nostri affetti. Stare in preghiera non significa dire parole, parole, no; stare in preghiera significa aprire il cuore a Gesù, avvicinarsi a Gesù, lasciare che Gesù entri nel mio cuore e ci faccia sentire la sua presenza. E lì possiamo discernere quando è Gesù e quando siamo noi con i nostri pensieri, tante volte lontani da quello che vuole Gesù.
Il Papa ci augura al termine della catechesi odierna, la grazia dell’amicizia con il Signore, una grazia tale, che renda spontaneo nel nostro cuore, pregarlo con “la preghiera del CIAO”, che è segno del rapporto semplice e cordiale. Questo (…) dobbiamo avere nella preghiera: vicinanza, vicinanza affettiva, come fratelli, vicinanza con Gesù. Un sorriso, un semplice gesto e non recitare parole che non arrivano al cuore. Come dicevo, parlare con Gesù come un amico parla all’altro amico. (…) vedere Gesù come il nostro amico, il nostro amico più grande, il nostro amico fedele, che non ricatta, soprattutto che non ci abbandona mai, anche quando noi ci allontaniamo da Lui.