Papa Francesco: raccontare la storia, trasmettere la fede

anziano, bambino

La vita di ogni essere umano è inserita nella storia e come tale, non ne può essere sottratta. E’ una verità che sembra tanto scontata e ovvia, tuttavia non sempre le nostre azioni e le scelte sociali, risultano coerenti con essa. Nell’udienza odierna il Santo Padre ci ricorda il valore del ricordo e della trasmissione della storia, che è perno delle relazioni tra le generazioni, al fine di conservare la consapevolezza della propria origine. 

Il primo testimone che ci viene proposto oggi è Mosè, che nel suo cantico (Dt 32,3-4), celebra la fedeltà di Dio e la sua continua presenza nella storia. Il Dio fedele e la risposta del popolo infedele: come se il popolo volesse mettere alla prova la fedeltà di Dio. E Lui rimane sempre fedele, vicino al suo popolo. Questo è proprio il nocciolo del Cantico di Mosè: la fedeltà di Dio che ci accompagna durante tutta la vita.

Si dice infatti di Mosé, che a 120 anni, «gli occhi non gli si erano spenti» (Dt 34,7). Quella capacità di vedere, vedere realmente anche vedere simbolicamente, come hanno gli anziani, che sanno vedere le cose, il significato più radicato delle cose. La vitalità del suo sguardo è un dono prezioso: gli consente di trasmettere l’eredità della sua lunga esperienza di vita e di fede, con la lucidità necessaria.

Papa Francesco ci interroga sulla valorizzazione di questa capacità, propria delle generazioni più anziane. Questa trasmissione – che è la vera e propria tradizione, la trasmissione concreta dal vecchio al giovane! – questa trasmissione manca molto oggi, e sempre di più, alle nuove generazioni. Perché? Perché questa civiltà nuova ha l’idea che i vecchi sono materiale di scarto, i vecchi vanno scartati. Questa è una brutalità! No, non va così. Il racconto diretto, da persona a persona, ha toni e modi di comunicazione che nessun altro mezzo può sostituire.

I pericoli non sono pochi, e a volte vanno proprio contro il comune buon senso. Il Pontefice ne evidenzia uno, sempre più ricorrente. Nella nostra cultura, così “politicamente corretta”, questa strada appare ostacolata in molti modi: nella famiglia, nella società, nella stessa comunità cristiana. Qualcuno propone addirittura di abolire l’insegnamento della storia, come un’informazione superflua su mondi non più attuali, che toglie risorse alla conoscenza del presente. Come se noi fossimo nati ieri!

Tuttavia occorre fare attenzione a come operiamo la trasmissione intergenerazionale. Papa Francesco ci suggerisce che le storie della vita vanno trasformate in testimonianza, e la testimonianza dev’essere leale. Non è certo leale l’ideologia che piega la storia ai propri schemi; non è leale la propaganda, che adatta la storia alla promozione del proprio gruppo; non è leale fare della storia un tribunale in cui si condanna tutto il passato e si scoraggia ogni futuro. Essere leale è raccontare la storia come è, e soltanto la può raccontare bene chi l’ha vissuta.

I meccanismi simili funzionano anche nella trasmissione della fede. Come si trasmette la fede? “Ah, qua c’è un libro, studialo”: no. Così non si può trasmettere la fede. La fede si trasmette in dialetto, cioè nel parlato familiare, fra nonni e nipoti, fra genitori e nipoti. La fede si trasmette sempre in dialetto, in quel dialetto familiare ed esperienziale appreso con gli anni. Per questo è tanto importante il dialogo in una famiglia, il dialogo dei bambini con i nonni che sono coloro che hanno la saggezza della fede.

Questo, nelle parole del Papa, pare essere un meccanismo estremamente importante, dentro il quale si opera un reciproco aiuto per la salvezza. E da qui un suggerimento. Sarebbe bello che ci fosse, fin dall’inizio, negli itinerari di catechesi, anche l’abitudine di ascoltare, dall’esperienza vissuta degli anziani, la lucida confessione delle benedizioni ricevute da Dio, che dobbiamo custodire, e la leale testimonianza delle nostre mancate fedeltà, che dobbiamo riparare e correggere. Gli anziani entrano nella terra promessa, che Dio desidera per ogni generazione, quando offrono ai giovani la bella iniziazione della loro testimonianza e trasmettono la storia della fede (…) Allora, guidati dal Signore Gesù, anziani e giovani entrano insieme nel suo Regno di vita e di amore. Ma tutti insieme.

Nel salutare i pellegrini presenti all’udienza, Papa Francesco non dimentica la drammatica situazione dell’Ucraina e invita tutti a una preghiera unanime che avrà il suo compimento il 25 marzo, quando egli stesso consacrerà la Russia e l’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria.