Dio parla nella nostra vita in molteplici modi. A volte parla laddove noi meno ce lo aspettiamo. Di certo parla attraverso i nostri pensieri e i sentimenti. Questi – ben lo sappiamo – scorrono liberi nella dimensione onirica della nostra vita. Dio può rivelarsi anche lì? Scopriamolo nella storia del padre adottivo di Gesù!
Il sogno come rivelazione
Papa Francesco ci fa notare appunto come il sogno simboleggia la vita spirituale di ciascuno di noi, quello spazio interiore, che ognuno è chiamato a coltivare e a custodire, dove Dio si manifesta e spesso ci parla. Ma dobbiamo anche dire che dentro ognuno di noi non c’è solo la voce di Dio: ci sono tante altre voci (…) È importante quindi riuscire a riconoscere la voce di Dio in mezzo alle altre voci. Giuseppe dimostra di saper coltivare il silenzio necessario e, soprattutto, prendere le giuste decisioni davanti alla Parola che il Signore gli rivolge interiormente.
Il primo sogno
Un momento molto duro della vita di Giuseppe, quando scopre che Maria è incinta. Nel sogno gli viene indicato di prendere con sé la sua sposa (cf Mt 1,18-25). Il Santo Padre ci racconta la reazione immediata di Giuseppe, a queste parole, una reazione d’obbedienza. Molte volte la vita ci mette davanti a situazioni che non comprendiamo e sembrano senza soluzione. Pregare, in quei momenti, significa lasciare che il Signore ci indichi la cosa giusta da fare. (…) il Signore non permette mai un problema senza darci anche l’aiuto necessario per affrontarlo, (…) quando ci fa vedere un problema o svela un problema, ci dà sempre l’intuizione, l’aiuto, la sua presenza, per uscirne, per risolverlo.
Il secondo sogno
Gesù è in pericolo. Essendo suo padre, Giuseppe deve trovare un modo per tutelare la sua vita. Anche questa volta, Giuseppe, senza esitazione, obbedisce: «Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode» (vv. 14-15). E il Papa ci ricorda: nella vita tutti noi facciamo esperienza di pericoli che minacciano la nostra esistenza o quella di chi amiamo. In queste situazioni, pregare vuol dire ascoltare la voce che può far nascere in noi lo stesso coraggio di Giuseppe, per affrontare le difficoltà senza soccombere.
Il terzo e il quarto sogno
La Sacra Famiglia è in esilio. Giuseppe sta chiedendo un segno per poter tornare a casa. Riceve ancora una volta l’indicazione nel sogno e partono. Ma proprio durante il viaggio di ritorno, «quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi» (v. 22). E si ritira a Nazaret, dopo un ultimo segno. Papa Francesco ce lo racconta per rassicurarci che anche la paura fa parte della vita e anch’essa ha bisogno della nostra preghiera. Dio non ci promette che non avremo mai paura, ma che, con il suo aiuto, essa non sarà il criterio delle nostre decisioni.
Il dolore odierno
Il Papa volge la nostra attenzione alle persone deboli, incapaci di pregare, perché provate; alle famiglie in estreme difficoltà. I genitori che vedono i figli che non vanno avanti nella scuola e non sanno come fare… Tanti problemi dei genitori. Pensiamo a come aiutarli. E a questi genitori dico: non spaventatevi. Sì, c’è dolore. Tanto. Ma pensate come ha risolto i problemi Giuseppe e chiedete a Giuseppe che vi aiuti. Mai condannare un figlio.(…) Questo coraggio; coraggio di papà e di mamma che accompagnano i figli sempre, sempre. Chiediamo al Signore di dare a tutti i papà e a tutte le mamme questo coraggio che ha dato a Giuseppe. E poi pregare perché il Signore ci aiuti in questi momenti.
Pregare
La preghiera è sempre indissolubilmente legata alla carità – conclude oggi il Papa. Giuseppe pregava, lavorava e amava – tre cose belle per i genitori: pregare, lavorare e amare – e per questo ha ricevuto sempre il necessario per affrontare le prove della vita. Affidiamoci a lui e alla sua intercessione.