Nell’udienza odierna, Papa Francesco ci racconta la gratitudine per l’appena terminato viaggio in Iraq. Questo sentimento che riempie il suo cuore, nasce proprio dall’incontro con un popolo in lotta, continuamente provato ed è mescolato alla profonda consapevolezza del bisogno di aiuto e di attenzione, espresso da fratelli e sorelle che il Pontefice ha incontrato.
Ho sentito forte il senso penitenziale di questo pellegrinaggio: non potevo avvicinarmi a quel popolo martoriato, a quella Chiesa martire, senza prendere su di me, a nome della Chiesa Cattolica, la croce che loro portano da anni; una croce grande, come quella posta all’entrata di Qaraqosh. L’ho sentito in modo particolare vedendo le ferite ancora aperte delle distruzioni, e più ancora incontrando e ascoltando i testimoni sopravvissuti alle violenze, alle persecuzioni, all’esilio, ci racconta il Santo Padre.
E’ proprio in mezzo a quest’atmosfera, Francesco ci parla della speranza che ha percepito e che viene dalla forte volontà di ribadire ancora non sono a parole ma con gli atteggiamenti concreti, che siamo tutti fratelli, secondo il motto del pellegrinaggio, tratto dal Vangelo di Matteo: Voi siete tutti fratelli (Mt 23,8).
Il Papa ribadisce la storia millenaria del popolo della Mesopotamia, culla della civiltà, per sensibilizzare alle condizioni in cui esso si trova. E pone delle domande impegnative, che coinvolgono tutta la scena mondiale. Sempre la guerra è il mostro che, col mutare delle epoche, si trasforma e continua a divorare l’umanità. Ma la risposta alla guerra non è un’altra guerra, la risposta alle armi non sono altre armi. E io mi sono domandato: chi vendeva le armi ai terroristi? – ci sfida il Pontefice. Chi vende oggi le armi ai terroristi, che stanno facendo stragi in altre parti, pensiamo all’Africa per esempio? È una domanda a cui io vorrei che qualcuno rispondesse. La risposta non è la guerra ma la risposta è la fraternità.
Francesco prosegue raccontandoci i momenti forti di fraternità con i rappresentanti di varie religioni, nei luoghi significativi, quali ad esempio Ur, dove Abramo ricevette la chiamata di Dio circa quattromila anni fa. Abramo è padre nella fede perché ascoltò la voce di Dio che gli prometteva una discendenza, lasciò tutto e partì. Dio è fedele alle sue promesse e ancora oggi guida i nostri passi di pace, guida i passi di chi cammina in Terra con lo sguardo rivolto al Cielo. E a Ur, stando insieme sotto quel cielo luminoso, lo stesso cielo nel quale il nostro padre Abramo vide noi, sua discendenza, ci è sembrata risuonare ancora nei cuori quella frase: Voi siete tutti fratelli.
Mentre il cuore e la mente del Papa tornano ancora rispettivamente alle celebrazioni nella Cattedrale Siro-Cattolica di Baghdad e a Mosul e Qaraqosh, egli ci invita più volte a continuare ad essere vicini nella preghiera ai fratelli e sorelle tanto provati. E conclude l’udienza di oggi con la metafora costruita a partire dalle palme, simbolo dell’Iraq. Qui, nonostante il fragore della distruzione e delle armi, le palme, simbolo del Paese e della sua speranza, hanno continuato a crescere e portare frutto. Così è per la fraternità: come il frutto delle palme non fa rumore, ma è fruttuosa e fa crescere. Dio, che è pace, conceda un avvenire di fraternità all’Iraq, al Medio Oriente e al mondo intero!