Sacra è la Notte!

Vincent Van Gogh "Notte stellata" (Museum of Modern Art - New York)
Vincent Van Gogh "Notte stellata" (Museum of Modern Art - New York)

È il primo weekend completamente ‘bianco’ dall’inizio dell’anno. Niente più coprifuoco in nessuna regione d’Italia. Liberamente ognuno potrà vivere le sue notti estive come vorrà, anche tirando l’alba senza alcun occhio all’orologio, sempre nei limiti delle norme consentite e dei parametri anti-Covid, con i quali avremo verosimilmente a che fare ancora per mesi, forse per anni.

Cosa è successo, dunque, da novembre 2020 a giugno 2021? Senza entrare nel merito dell’utilità o meno dei lockdown notturni, abbiamo avuto l’opportunità di ricalibrare i nostri bioritmi, riscoprendo la nostra dimensione di ‘animali diurni’. L’uomo è fatto, cioè, per vivere essenzialmente di giorno. Gran parte delle attività umane si svolgono alla luce del sole. Fino all’invenzione dell’elettricità, la routine di ogni essere umano iniziava sostanzialmente con l’alba e si concludeva pressappoco con il tramonto o poco dopo. Le attività erano regolate dalla successione naturale del giorno e della notte ed era piuttosto difficile forzare i ritmi dell’agire umano.

Con la modernità, l’uomo si è impossessato della notte, stravolgendo non solo il suo modo di vivere ma anche di pensare. Con l’illuminazione artificiale, le notti sono diventate delle ‘giornate artificiali’, in cui si tende a prolungare, sia pure con spirito diverso, le attività diurne: qualcuno continua a lavorare, altri approfittano per socializzare e cercare la propria valvola di sfogo, talvolta fino allo stordimento. Anche nei mesi di lockdown, un po’ per inerzia, molti hanno continuato a socializzare virtualmente, chattando nelle ore notturne, fino allo sfinimento, con singole persone o negli appositi gruppi di discussione. Negli ultimi anni, è nato il mito dell’insonne, il vero ‘vincente’ del nostro tempo, colui che sfida ripetutamente le sue stesse forze, dedicando la notte a ciò che non ha potuto fare di giorno. Meno dormi, più avrai successo nella vita, sembrano dire costantemente le ‘locuzioni interiori’ a servizio del pensiero dominante.

Al netto di come ognuno di noi ha vissuto i mesi del ‘coprifuoco’, per tutti è stata l’occasione di ripensare il proprio rapporto con il momento notturno. Se è vero che l’uomo è biologicamente strutturato per vivere di giorno, è altrettanto vero che la notte ha per lui un valore altrettanto grande. Il giorno rispecchia il nostro io razionale, la notte il nostro inconscio, la nostra parte più istintuale e meno facilmente decifrabile. Non per questo l’elemento notturno è necessariamente negativo o pericoloso.

A dispetto di adagi popolari come “peggio che andar di notte” o “è proprio notte fonda”, per converso, si usa anche dire che la notte “porta consiglio”, offre ispirazione. L’interpretazione dei nostri sogni è una delle chiavi più importanti per scandagliare il nostro inconscio ma essi hanno anche un ruolo fondamentale nelle Sacre Scritture. Si pensi ai sogni profetici interpretati da Giuseppe durante la schiavitù d’Egitto. O a quelli del suo santo omonimo, il padre putativo di Gesù, al quale l’angelo, per tre volte, predice il destino della Sacra Famiglia (cfr Mt 1,20-24; Mt 2,13-15.19-23). Dentro o fuori dai sogni, la notte è spesso momento di incontro tra umano e divino. Di notte avviene, in primo luogo, la nascita del Salvatore a Betlemme. La notte, poi, è il momento privilegiato da Gesù per pregare: i Vangeli ci ricordano in particolare la lunga preghiera notturna per la scelta dei Dodici (cfr Lc 6,12-19). Di notte, il Maestro salva i discepoli dalla tempesta nel mare di Genesaret. Fino alla notte più angosciosa: quella nel Getsemani.

In tutta l’era premoderna, la notte è momento di ispirazione per mistici e poeti. San Giovanni della Croce (1542-1591) fu l’uno e l’altro e la sua esperienza sintetizza mirabilmente l’idea della notte come concetto teologico. La “notte oscura dell’anima” evoca, sì, un momento di tribolazione interiore e di dubbio spirituale che il santo carmelitano visse in prima persona. Ma la notte è anche il momento della liberazione da tutte le preoccupazioni mondane e da ogni forma di rispetto umano. “Nella notte gioiosa, in segreto, e nessuno mi scorgeva, né io vedevo cosa, senz’altra luminosa guida che il raggio che nel cuore ardeva”, scrive San Giovanni della Croce, per indicare la scoperta del vero Amore, frutto di un cammino, anche doloroso, di prova e di deserto spirituale.

Notte che mi hai guidato, notte più compiacente dell’aurora, o notte che hai legato all’Amato l’amata, l’amata nell’Amato trasformata!”. È quasi uno sposalizio notturno, quello che conduce l’anima – qualunque anima – allo Sposo. “Mi lasciai, mi scordai, il viso reclinai sopra l’Amato. Tutto cessò, posai, ogni pensiero ormai avendo in mezzo ai gigli abbandonato”. L’incontro vero tra l’uomo e Dio avviene nell’oscurità, al riparo dai condizionamenti degli altri uomini e dona quel momento di pace suprema di cui non si può non provare nostalgia.

Quando vivremo di gusto le nostre notti estive, allora – in particolare nella veglia di San Lorenzo – ci potrà capitare di guardare le stelle, domandandoci cosa o Chi le tiene accese. Capiterà di chiederci cos’è che rende visibile i nostri passi anche nel buio, cosa ci fa vedere anche nell’oscurità. O forse capiterà di perderci davanti al firmamento, come Abramo che – nella sua totale inadeguatezza – riesce a vedere un numero infinito di stelle, tante quanta sarà la sua discendenza (Gen 15,5). Perché è soltanto sentendosi piccoli che si può accogliere il piano di Dio per noi.