Sanremo: ecco il vincitore morale!
“Provate a immaginare che la vostra quotidianità sia improvvisamente stravolta – ha proseguito l’artista –. In Italia siamo oltre seimila ad aver fatto degli accertamenti che ci hanno catapultato in un mondo ignoto. Mio fratello ha lasciato tutto per prendersi cura di me, grazie a lui le mie paure e le mie incertezze sono scomparse. Rosario e la mia splendida famiglia mi hanno insegnato la forza, che non pensavo nemmeno di avere. La mia non è la storia di un ragazzo sfortunato ma di un ragazzo che non si è arreso”. Paolo Palumbo non si è arreso nemmeno di fronte allo sfumare del suo sogno adolescenziale. La malattia non gli ha impedito di tornare alla sua antica passione per la gastronomia: è arrivato persino a brevettare “un tampone che si mette in bocca e diffonde gli aromi dei cibi più prelibati: quando desidero un tiramisù o un gambero in tempura – ha raccontato Palumbo ad Avvenire – ho in casa l’invenzione capace di appagare le mie papille gustative mentre la peg mi nutre. Anche questo aiuta a convivere con la Sla. La mia massima è che quando mi occupo del dolore altrui, il mio scompare”.
Cogliamo qui l’occasione per ribadirlo: l’amore ‘estremo’ per la vita, anche nella tribolazione, anche nella malattia, anche nella disabilità non dipende dall’appartenenza religiosa. Anche il più incallito dei miscredenti potrà scegliere di vivere contro tutto e tutti. Una cosa, però, è certa: chi opta per la Croce di Cristo, abbracciandone l’agonia e l’abbandono, avrà sempre una marcia in più. E Paolo Palumbo non fa eccezione: “La fede è il mio volo principale – dice – il dono più grande che ho coltivato al giungere della malattia e nel momento più difficile ha salvato la mia anima. Credo profondamente e prego tanto, tutti i giorni. Prego perché i miei sforzi abbiano un senso nell’umanità. Prego ovviamente per i miei cari. Quanto a me, pregare per chiedere la grazia della guarigione sarebbe egoistico: Dio ha un disegno per tutti noi, se sono in questa condizione c’è un motivo preciso e questa consapevolezza mi basta”.
Non c’è davvero molto da aggiungere. Dal palco dell’Ariston è arrivata una straordinaria lezione di vita, uno schiaffo morale per quanti hanno avuto tanto eppure piagnucolano a ogni piè sospinto, per tutti coloro che hanno dimenticato la parola “grazie”, per tutti coloro che si fregiano di coppe e medaglie davanti al mondo ma che, in fatto di cuore e generosità, sono ultimi in classifica.
Grazie Paolo. Hai ridato dignità a un Festival che, altrimenti, sarebbe sprofondato in una marea di insulsaggini. Ma, soprattutto, lasciacelo dire: le tue parole e la tua vita si commentano da sole e restituiscono senso e speranza a tutti gli ultimi della terra. Ogni essere umano, anche il più sofferente, è di uno splendore infinito: lo sapevamo ma non era scontato che qualcuno ce lo ricordasse. La 70° edizione del Festival di Sanremo non si è ancora conclusa ma ha già un vincitore morale: Paolo Palumbo.