Una Parola che ti legge dentro

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Non leggere la Bibbia. Non citare i suoi versetti. Smetti di pensare che, se anche avessi letto la Scrittura dal libro della Genesi fino alle ultime battute dell’Apocalisse di san Giovanni, conosci la Parola di Dio. Finché sei tu il/la protagonista mentre ti accosti ad essa, davvero, non serve. Il messaggio di Papa Francesco, della catechesi rivoltaci all’udienza di oggi, è molto chiaro. L’accostarsi alla Bibbia significa lasciarsi leggere dentro. Significa lasciar agire la Parola.

 Il Pontefice dedica oggi il suo intervento al valore della preghiera con la Bibbia. È proprio questo, l’aspetto che egli sottolinea da subito, citando il Catechismo della Chiesa Cattolica (2653). «La lettura della Sacra Scrittura dev’essere accompagnata dalla preghiera – la Bibbia non può essere letta come un romanzo –, affinché possa svolgersi il colloquio tra Dio e l’uomo». Così ti porta la preghiera, perché è un dialogo con Dio.

Il nostro compito è dunque è rovesciare la logica che è ancora presente in tanti ambienti cristiani, quella della lettura fatta per la lettura in sé, quella sottile tentazione di sentirci “a posto” perché leggiamo il Vangelo. Invece di questa eccessiva sicurezza di sé, occorrerebbe avere dentro quello stesso timore, che il Papa ci ricorda, quando dice: Dio passa, continuamente, tramite la Scrittura. E riprendo quello che ho detto la settimana scorsa, che diceva Sant’Agostino: “Ho timore del Signore quando passa”. Perché timore? Che io non lo ascolti, che non mi accorga che è il Signore.

Da questo modo di vivere la Scrittura, ci viene una grandissima dignità, quella di essere i “tabernacoli” dove le parole di Dio vogliono essere ospitate e custodite, per poter visitare il mondo. E questo accade appunto quando lasciamo che ciò che leggiamo, ci illumini dentro, che la nostra vita sia letta dai versetti che abbiamo davanti agli occhi. Perché la Parola di Dio, impregnata di Spirito Santo, quando è accolta con un cuore aperto, non lascia le cose come prima, mai, cambia qualcosa. E questa è la grazia e la forza della Parola di Dio.

Il Papa, mentre ci incoraggia a praticare la Lectio Divina, sottolinea due passaggi di questa pratica, cioè il momento in cui la nostra esistenza si mette a confronto con la Parola, per comprendere che cosa “dice a me”. È un passaggio delicato: non bisogna scivolare in interpretazioni soggettivistiche ma inserirsi nel solco vivente della Tradizione, che unisce ciascuno di noi alla Sacra Scrittura.  Dopodiché viene la contemplazione, momento da innamorati, momento del culmine della vita della Parola dentro di noi. Ci viene ricordato che la preghiera con la Bibbia è una sorta di incarnazione, come risulta da un testo antico, in cui affiora l’intuizione che i cristiani si identificano talmente con la Parola che, se anche bruciassero tutte le Bibbie del mondo, se ne potrebbe ancora salvare il “calco” attraverso l’impronta che ha lasciato nella vita dei santi. È una bella espressione, questa.

Il Santo Padre ci lascia con una duplice sfida, quella di obbedienza e creatività. La prima deve spingerci ad ascoltare attentamente, in quanto l’obbedienza viene sempre dall’ascolto, la seconda è frutto della capacità interiore di lasciarci guidare dallo Spirito Santo, perché egli è il creativo per eccellenza.