Tutta la redazione di Cristiani Today accoglie con favore ed entusiasmo la notizia dell’inizio della discussione alla Camera dei Deputati della proposta di legge che dovrebbe rendere l’utero in affitto reato universale. La nostra testata non ha mai fatto, né mai farà endorsment politici a nessun governo. Ci sentiamo liberi, però, di appoggiare le singole leggi che portano beneficio all’umanità o, al contrario, esprimere diniego alle leggi intrinsecamente ingiuste.
Se, a Dio piacendo, l’utero in affitto dovesse diventare reato universale (rendendo perseguibili, quindi, gli italiani che ne fanno ricorso non solo all’interno dei confini nazionali ma anche nei Paesi dove questa procedura è legale), saranno spazzate via molte delle ambiguità e delle ipocrisie che regnano intorno a questo dibattito. La stragrande maggioranza della popolazione è fortemente contraria al mercimonio che si compie intorno al corpo di molte donne. C’è però una minoranza che, con ogni mezzo, sta cercando di rendere tutto sommato accettabile qualcosa che, oggettivamente, rimarrà sempre un abominio.
Ci sono una serie di errori di fondo che stanno viziando il dibattito attuale e che rischiano di ribaltare l’attuale maggioritaria riprovazione intorno a questa pratica. Se è vero che una bugia ripetuta mille volte, finisce per essere percepita come una verità, va da sé che ribadire ossessivamente il concetto (erratissimo) che la maternità o la paternità (non importa se etero o omogenitoriale) siano un diritto, rischia di deformare terribilmente il concetto stesso di famiglia nella sua dimensione sana e naturale: quella che trova il fondamento nel matrimonio tra un uomo e una donna. Si enfatizzano all’inverosimile i diritti degli aspiranti genitori e si tace indifferenti (o imbarazzati) di fronte ai diritti dei due soggetti più fragili: la madre e il figlio surrogati.
Un’altra ipocrisia che andrebbe demolita senza troppi complimenti: l’insostenibile distinguo tra un utero in affitto “cattivo” e una “gestazione per altri” a titolo gratuito, moralmente accettabile. Entrambe le modalità sono intrinsecamente sconvenienti. Ammesso e non concesso che vi sia al mondo un gran numero di donne disposte a mettere a disposizione il proprio grembo per custodire nove mesi il figlio di un’altra coppia, si ignora con molta superficialità quanto ciò sia ugualmente problematico. Intanto, perché un’eventuale permissione dell’“utero in comodato gratuito” potrebbe prestarsi a raggiri sottobanco e a un mercato nero delle “gestazioni per altri”.
Le ragioni profonde dell’illiceità di questa pratica, tuttavia, sono altre altro. Innanzitutto, vale davvero la pena, per una donna, portare in grembo un bambino poi destinato ad altri? Cosa ci dice che quella donna non possa affezionarsi a quella creatura durante quei nove mesi e patire profondamente il momento del distacco? E se poi un giorno quel bambino, una volta cresciuto, sentisse il desiderio di conoscere la donna che l’ha portato in grembo (oltre, eventualmente, alla propria madre naturale che ha donato l’ovulo, visto che le due figure spesso non coincidono)? È accettabile l’idea di un bambino diviso tra tre, anche quattro genitori tra legali e biologici?
Ultimo ma non ultimo: da un po’ di anni, si fa un gran parlare della fecondazione artificiale come fosse l’unica soluzione praticabile di fronte al dramma dell’infertilità di molte coppie. Un dibattito che va ad oscurare un altro scandalo che grida vendetta al Cielo: la quasi impossibilità per la maggior parte delle coppie di adottare un bambino. Un atto di grande generosità, invece di essere incentivato, viene lasciato soffocare in un ingorgo di carte bollate, da una burocrazia assurda e crudele. Ciò è un’ingiustizia non solo per i potenziali adottanti ma anche e soprattutto per il potenziale adottato. Ci sono milioni di bambini al mondo che il destino ha privato della gioia di una famiglia: perché non dare loro la precedenza, rispetto all’ipotesi di una fecondazione artificiale che, come dimostrano molti studi, comporta notevoli rischi sia per la gestante che per il concepito?
Per tutte queste ragioni sinteticamente elencate, ribadiamo quanto espresso all’inizio dell’articolo. Una legge più severa e meno equivocabile sul reato di utero in affitto (o come lo si voglia chiamare) è assolutamente auspicabile per il bene di tutti. Anche di coloro che la avversano.