Sabato 2 aprile e domenica 3 aprile prossimi Papa Francesco si recherà a Malta. È il terzo pontefice a visitare l’isola dopo San Giovanni Paolo II (nel 1990 e 2001) e Benedetto XVI ( nel 2010). Il viaggio era inizialmente stato programmato il 31 maggio 2020, ma fu poi rimandato a causa della pandemia del Covid-19.
Il motto di quest’anno è “Ci trattarono con rara umanità” tratto dagli Atti degli apostoli (28, 2): Una volta in salvo, venimmo a sapere che l’isola si chiamava Malta. Gli abitanti ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti attorno a un fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia e faceva freddo”.
Malta, che dal greco Μελίτη (Melitē) significa “miele”, è l’isola dove naufragò San Paolo. La gente del luogo ricevette Paolo e i suoi compagni con molta gentilezza e ospitalità. Il viaggio del Santo Padre vuole richiamarsi all’opera evangelizzatrice dell’apostolo Paolo e ricordare alla Chiesa la sua vocazione missionaria.
Durante il soggiorno sono previsti diversi incontri con le autorità maltesi, con i gesuiti di Malta, i migranti (presso il Centro “Giovanni XXIII Peace Lab” di Hal Far ) e tutti i fedeli. Da notare tra l’altro un momento di preghiera nella Grotta di San Paolo a Rabat e l’incontro presso il Santuario nazionale di “Ta’ Pinu” a Gozo.
La popolazione maltese (di cui l’ 85 % è cattolica) ha molto a cuore la grotta di san Paolo, considerata come il luogo in cui egli soggiornò durante tre mesi dopo il suo naufragio (in AD. 60).
L’auspicio è che Malta ancora oggi confermi la sua testimonianza di fede nell’annuncio del Vangelo. I cristiani sono chiamati a volgere il loro sguardo fraterno in un’Europa straziata dalla guerra e con un urgente bisogno di accoglienza e di pace (profughi in fuga dalla guerra in Ucraina, migranti che attraversano il Mediterraneo, rifugiati sparsi nel mondo…)
Al termine dell’udienza di mercoledì scorso Papa Francesco ha salutato la popolazione maltese in riferimento al suo prossimo viaggio apostolico:
“Cari fratelli e sorelle, sabato e domenica prossimi mi recherò a Malta.
In quella terra luminosa sarò pellegrino sulle orme dell’Apostolo Paolo, che lì fu accolto con grande umanità dopo aver fatto naufragio in mare mentre era diretto a Roma. Questo Viaggio Apostolico sarà così l’occasione per andare alle sorgenti dell’annuncio del Vangelo, per conoscere di persona una comunità cristiana dalla storia millenaria e vivace, per incontrare gli abitanti di un Paese che si trova al centro del Mediterraneo e nel sud del continente europeo, oggi ancora più impegnato nell’accoglienza di tanti fratelli e sorelle in cerca di rifugio. Fin da ora saluto di cuore tutti voi maltesi: buona giornata. Ringrazio quanti si sono impegnati per preparare questa visita e chiedo a ciascuno di accompagnarmi con la preghiera”.
La Chiesa (e dunque tutti noi) è chiamata ad incarnare la propria fede nella carità verso ogni suo fratello e sorella nel bisogno. A tal proposito non possiamo fare a meno di ricordarci con San Paolo che cos’è la vera carità in Cristo (1 Corinzi 13):
“Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!”