Se ne parla sempre di meno ma i numeri sull’aborto in Italia sono allarmanti. Per un motivo molto chiaro e facilmente intuibile: le statistiche ufficiali (che negli ultimi anni hanno stimato una progressiva diminuzione delle interruzioni di gravidanza) non tengono conto dei “cripto-aborti”, provocati dalle pillole Ru486, Norlevo ed EllaOne.
Il secondo Rapporto sui costi e sugli effetti sulla salute della legge 194, a cura dell’Osservatorio Permanente sull’Aborto (Opa), realizzato in collaborazione con Pro Vita & Famiglia Onlus, con la Fondazione “Il cuore in una goccia Onlus”, con l’Associazione Italiana Medici, Ginecologi ed Ostetrici Cattolici (Aigoc) e con la Società Italiana per la Bioetica e i Comitati Etici, offre numeri molto chiari.
Il tema del rapporto è Verso la privatizzazione dell’aborto e un primo dato che balza agli occhi è che la Ru486 è lo strumento utilizzato nel 30% di tutti gli aborti: una percentuale che si stima possa arrivare al 50% nell’arco dei prossimi cinque anni. “Nel 2020 il totale delle confezioni vendute di Norlevo (pillola del giorno dopo) e di EllaOne (pillola dei cinque giorni dopo) ha superato il mezzo milione, quasi il doppio rispetto al 2014 – si legge nel rapporto –. Ipotizzando un tasso del 25% di casi in cui la pillola provoca l’interruzione di gravidanza appena iniziata, estremamente prudenziale rispetto all’evidenza scientifica, si ottiene un numero di potenziali aborti che oscilla, tra il 2014 e il 2019, tra 15.000 e 30.000 circa”.
“Abbiamo individuato che le relazioni ministeriali, per loro stessa ammissione, sono parziali, ricche di lacune e soprattutto carenti in termini di dati”, ha spiegato a Cristiani Today Stefano Martinolli, dirigente sanitario dell’ospedale di Trieste e vicepresidente dell’Opa. I dati espressi dal rapporto, “fanno vedere sostanzialmente che in realtà – prosegue Martinolli – a differenza di quanto enunciato, gli aborti volontari in Italia non sono in calo, o meglio sono in calo solo perché c’è una percentuale di donne in età feconda inferiore agli anni ’80, quindi ovviamente il calo è fisiologico”. Le varie pillole abortive, quindi “impattano in maniera significativa sui cosiddetti ‘criptoaborti’”, per non parlare “dell’interruzione volontaria di gravidanza in corso di procreazione medicalmente assistita”.
Intento degli estensori del Rapporto sui costi e sugli effetti sulla salute della legge 194 è quindi quello di sollecitare “il mondo sanitario, politico, sociale a fare lo stesso, cioè ad aprire un dibattito serio ed equilibrato attorno alla questione dell’aborto, che sembra oggi oggettivamente un tabù”, conclude Martinolli.
Come spiegato a Cristiani Today da Alberto Virgolino, presidente di Aigoc, la crescita dell’aborto farmacologico, per mezzo delle pillole Ru486, Norlevo ed Ellaone “merita approfondimenti perché le conseguenze a livello anche di salute della donna sono molto importanti e vanno prese in considerazione, per fare in modo che la donna possa scegliere una modalità che sia meno lesiva della sua salute”.
Secondo Virgolino, vi sono “aspetti ancora molto critici rispetto, ad esempio, alla raccolta dei dati da parte delle Regioni” e, in definitiva, alla mancanza di “dati congruenti”. Rispetto, quindi, alle “situazioni cliniche delle donne sottoposte a ricoveri dopo l’uso della pillola Ru486, il Rapporto dà indicazioni utili anche al legislatore” che “alla luce di questi dati può eventualmente capire come poter indirizzare meglio la legge stessa nella sua applicazione a livello territoriale”.
Partendo da un “dato scientifico molto netto”, è importante che “la donna venga aiutata a fare una scelta motivata”, anche perché “le conseguenze, anche a distanza, dell’aborto volontario sono pesanti”. Una di queste conseguenze, ampliamente documentate, è ad esempio, il “cancro al seno”. Pertanto, “è importante fare una vera prevenzione anche in questo senso, oltre al fatto di prevenire la morte di tanti bambini innocenti”, conclude Virgolino.