Angelo Gugel, maggiordomo di 3 papi, racconta un miracolo di Wojtyla

foto. corriere.it

Angelo Gugel per la prima volta ha rilasciato un’intervista a “LaStampa” e racconta di essere stato il maggiordomo di Papa Luciani, Wojtyla e Ratzingher.

La mattina dell’attentato a Papa Giovanni Paolo II, il 13 maggio 1981, Angelo Gugel era presente nel momento in cui il terrorista Ali Agca sparò al Santo Pontefice, lui subito lo strinse a sé, poi lo adagiò sul sedile della campagnola e gli resse la testa.

Gugel è la prima volta che parla con un giornalista dei suoi 28 anni di servizio ai pontefici, oggi ha 83 anni e dice di essere stato testimone di un miracolo di Wojtyla che riguardò proprio la sua famiglia.

Ecco ciò che Gugel racconta al giornalista de “La Stampa” sul miracolo che vide coinvolta sua moglie Maria Luisa Dall’Arche.

“La nostra primogenita nacque morta. Facemmo voto di mettere come secondo nome Maria a tutti i figli che la Madonna ci avesse concesso. Ne arrivarono tre: Raffaella, Flaviana e Guido. La quarta si chiama Carla Luciana Maria in onore di Karol e di papa Luciani. È nata nel 1980 per intercessione di Wojtyla.

Insorsero gravissimi problemi all’utero. I ginecologi del Policlinico Gemelli, Bompiani, Forleo e Villani, escludevano che la gravidanza potesse proseguire. Un giorno Giovanni Paolo II mi disse: “Oggi ho celebrato la messa per sua moglie”. Il 9 aprile Maria Luisa fu portata in sala operatoria per un parto cesareo. All’uscita, il dottor Villani commentò: “Qualcuno deve aver pregato molto”. Sul certificato di nascita scrisse “ore 7.15”, l’istante in cui la messa mattutina del Papa era al Sanctus. A colazione, suor Tobiana Sobotka, superiora delle religiose in servizio nel Palazzo Apostolico, informò il Pontefice che era nata Carla Luciana Maria. “Deo gratias”, esclamò Wojtyla. E il 27 aprile volle essere lui a battezzarla nella cappella privata.

Nel resto dell’intervista, Angelo racconta come era diventato aiutante di camera dei Papi. Gugel per la sua tarda età, ha tanto da raccontare possiamo dire che ha vissuto molti anni accanto ai grandi papi, ne ha toccato proprio la loro vita e il loro quotidiano .

“Ero stato due anni in seminario. Sarei finito contadino con i miei genitori e mio fratello. Invece Giovanni Sessolo, sostituto della Sacra penitenzieria apostolica, nativo di Oderzo, mi fece presentare domanda come guardia palatina. I carabinieri assunsero informazioni in paese. Convocato a Roma il 2 febbraio 1955, scoprii che l’incarico era onorifico, senza stipendio. E così mi arruolarono come gendarme pontificio al servizio di Pio XII.

Mentre papa Pacelli passeggiava nei Giardini vaticani, nessuno di noi doveva farsi vedere. Solo nella residenza estiva di Castel Gandolfo potevamo porgergli il saluto in ginocchio, con il moschetto a terra- Con Giovanni XXIII – racconta Angelo – potevi parlare. Gli ricordai che da patriarca di Venezia aveva visitato Follina, frazione vicino a casa mia. “Bei tempi, bei tempi allora”, sospirò.

Ma Gugel stette accanto a Giovanni Paolo I, divenne il suo aiutante di camera fino al giorno in cui morì e poi stette affianco a Giovanni Paolo II, ed ecco dai suoi racconti come venne assunto da Wojtyla: “Trascorsi due giorni dall’elezione, il sostituto della Segreteria di Stato, Giuseppe Caprio, telefonò alle 11.30 in Governatorato dicendo: “Il signor Gugel si presenti nell’appartamento privato del Papa così com’è vestito”. Salii all’ultimo piano del Palazzo Apostolico. Le gambe mi tremavano. C’erano solo prelati polacchi, ero l’unico a parlare italiano. Rimasi interdetto quando la mattina del 22 ottobre 1978, prima di recarsi in piazza San Pietro per l’inizio solenne del pontificato, il Santo Padre mi chiamò nel suo studio e mi lesse l’omelia che avrebbe pronunciato di lì a poco: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l’uomo. Solo lui lo sa!”. Mi chiese di segnalargli le pronunce sbagliate e con la matita si appuntava dove far cadere gli accenti. Due mesi dopo, incontrando i miei ex colleghi della Gendarmeria, se ne uscì con una frase che mi lasciò di stucco: “Se sbaglio l’accento di qualche parola, il 50 per cento è colpa di Angelo”, e mi sorrise.

Alla domanda del giornalista su un esorcismo che Wojtyla compì a Piazza San Pietro, dopo l’udienza generale del mercoledì, Gugel racconta: «C’ero anch’io. Una ragazza bestemmiava con la bava alla bocca. La voce era cavernosa. Un vescovo scappò via per la paura. Il Santo Padre pregava in latino, senza scomporsi. Alla fine le toccò il capo e subito il volto dell’indemoniata si distese in un’espressione di pace. Lo vidi compiere un rito analogo in un salottino dell’Aula Nervi, sempre dopo un’udienza».

Gugel ha raccontato questo e molto altro ancora al giornalista Stefano Lorenzetto che ha pubblicato l’intervista integrale su La Stampa, il 22 aprile 2018.

Stefano Buresta