«Il difensore della retta dottrina cattolica e del popolo di Dio». Con queste parole uno dei principali critici del pontificato di Francesco, il giornalista Antonio Socci, ha celebrato giustamente, qualche tempo fa, l’attuale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il ratzingeriano Gerhard Ludwig Müller.
Proprio ieri sera il card. Müller ha fatto il suo compito ed è intervenuto (il video qui sotto) durante il programma “Stanze Vaticane” di Tgcom24: «una possibile correzione fraterna del Papa mi sembra molto lontana, non è possibile in questo momento perché non si tratta di un pericolo per la fede, come San Tommaso ha detto. “Amoris Laetitia” è molto chiara nella sua dottrina e possiamo interpretare tutta la dottrina di Gesù sul matrimonio, tutta la dottrina della Chiesa in 2000 anni di storia».
Il riferimento è ai Dubia, le cinque questioni formali che sono state poste al Papa e alla Congregazione per la Dottrina della Fede in merito al contenuto dell’ultima esortazione apostolica, riguardanti in particolare l’assoluzione e l’ammissione all’Eucarestia dei conviventi “more uxorio” legati ad un precedente vincolo matrimoniale. A nostro avviso qualunque richiesta di chiarimento non può che fare bene e l’iniziativa intrapresa da eminenti cardinali quali Raymond Leo Burke, Carlo Caffarra, Joachim Meisner e Walter Brandmüller, ci sembra legittima. Avranno i loro buoni motivi e il card. Burke, importante canonista, ha garantito che l’intenzione non è sfidare un papa ad ammettere davanti al mondo di essersi sbagliato: solo più chiarezza.
Più discutibile il paventato intento di una «correzione formale» del Papa in caso di non risposta (esiste la possibilità nell’ordinamento canonico?), senza però voler appendere le 95 tesi sulla porta del refettorio di Santa Marta. Il cardinale tedesco Brandmüller ha tuttavia precisato che Burke non ha parlato come «portavoce» della quaterna di cardinali, ma ha espresso «in piena autonomia la sua opinione, che senz’altro potrebbe essere condivisa pure da altri porporati». In ogni caso, ha ricordato al collega che l’eventuale “correzione” dovrà «avvenire in camera caritatis». Dunque non pubblicamente. Un monito opportuno, lo stesso Müller ha spiegato: «i cardinali hanno il diritto di scrivere una lettera al Papa. Mi sono stupito perché questa però è diventata pubblica, costringendo quasi il Papa a dire sì o no. Questo non mi piace. E’ un danno per la Chiesa discutere di queste cose pubblicamente».
Al card. Muller non è piaciuta la manifestazione pubblica dei dubia, temendo un danno per la Chiesa. Il quale è effettivamente tangibile se si pensa che testate notoriamente anticlericali (pensiamo a Libero e all’Espresso) danno ampio spazio a chi ha fatto, di tale vicenda, il cavallo di battaglia del loro già tormentato rapporto con l’autorità cattolica, aizzando i lettori in uno scontro tra il “bene” (chi a favore dei Dubia) e il “male” (chi a favore dell’Amoris Laetitia), facendo la conta dei due “schieramenti”. Parliamo di Sandro Magister, in particolare, il quale nel raccontare le gesta del battaglione del “bene” ha però dimenticato di includere i lefebvriani della Fraternità San Pio X, critici verso Bergoglio, mentre in quello del “male” ha scordato ecclesiastici di stampo ratzingeriano, Gualtiero Bassetti (che celebra la messa tridentina) e Angelo Scola, mons. Luigi Negri e diversi teologi e intellettuali ratzingeriani e wojtyliani (da Gilfredo Marengo a don Juan José Perez Soba, da Rocco Buttiglione ad Alfred Marek Wierzbicki, da Mary Ann Glendon alla vincitrice del il premio Ratzinger 2014, Anne-Marie Pelletier). La situazione è ben più complessa, evidentemente.
Tornando alle recenti dichiarazioni di Müller (già tradotte in spagnolo), quest’ultimo ha valorizzato l’esortazione apostolica contestata, dove Francesco «chiede di discernere la situazione di queste persone che vivono un’unione non regolare, cioè non secondo la dottrina della Chiesa su matrimonio, e di aiutarle a trovare un cammino per una nuova integrazione nella Chiesa secondo le condizioni dei sacramenti, del messaggio cristiano sul matrimonio. Ma io non vedo alcuna contrapposizione: da un lato abbiamo la dottrina chiara sul matrimonio, dall’altro l’obbligo della Chiesa di preoccuparsi di queste persone in difficoltà». Un ulteriore chiarimento è arrivato pochi giorni fa dal card. Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, che ha dettagliatamente esemplificato come lui stesso ha inteso applicare l’Amoris Laetitia.
Con tale intervista è venuta meno anche la visione dell’attuale prefetto come avversario di Francesco. Per l’agenzia progressista Adista, infatti, Müller «sembra contestare il lavoro intrapreso da Papa Francesco», mentre per il vaticanista de Il Foglio, Matteo Matzuzzi, tra i due «c’è una distanza e una freddezza palese» poiché hanno «linee diametralmente opposte», tanto da profetizzare (nell’aprile 2016) un «cambio alla guida della congregazione». Eppure, proprio Francesco ha voluto creare cardinale Müller, conferendo quindi un’autorità maggiore alla sua persona e alle sue già note posizioni dottrinali, il prefetto ha sempre richiamato l’unione di vedute tra Benedetto XVI e il successore, replicando in prima persona a chi critica Bergoglio di ambiguità: «il cambio di linguaggio è stato deciso assieme». Per lui l’intento riformatore del Papa è una «spirituale purificazione del tempio per far risplendere nella Chiesa la gloria di Dio». Francesco, ha detto ancora Müller, «dà grande impulso non solo alla Chiesa, ma anche all’umanità», mentre nel suo ultimo libro –Benedetto XVI e Francesco, successori di Pietro, al servizio della Chiesa (Ares 2016)-, ha valorizzato le differenze tra Ratzinger e Bergoglio, negando presunte contraddizioni. Rispetto all’Amoris Laetitia la sua posizione era già nota: «in nessun momento il papa mette in dubbio gli argomenti presentati dai suoi predecessori». Inoltre, ben prima di essa, lo stesso Müller ha sostenuto il discernimento delle situazioni irregolari, «esaminando i singoli casi» alla luce dei sacramenti. Ha anche difeso l’enciclica Laudato sii da chi l’ha accusata di essere espressione dell’ideologia new age.
Nonostante questo, Müller è stato addirittura tratteggiato perfino come uno strumento occulto che Ratzinger utilizzerebbe contro Francesco, in modo negativo secondo il teologo progressista Hans Küng, o per evitare che la Chiesa di Francesco cada nell’eresia secondo il tradizionalista Antonio Socci. Quest’ultimo lo ha anche usato a sostegno della sua tesi sulle presunte pressioni ricevute da Benedetto XVI e l’esistenza di due Papi, ma ancora una volta Gerhard Ludwig Müller ha smentito: «Benedetto XVI ha detto che gli mancavano le forze per adempiere a questo grande compito, tanto più gravoso nel tempo della globalizzazione delle informazioni. Ha deciso perché si potesse eleggere il nuovo Papa, e adesso Francesco è “il” Papa. Ratzinger è come un Padre della Chiesa e il suo pensiero resterà, Francesco lo richiama spesso anche per sottolineare la continuità teologica. Ma il Papa può essere solo una persona, non un collettivo. Non ce ne sono due. È il fondamento e principio permanente dell’unità della Chiesa. Eletto dai cardinali ma istituito dallo Spirito Santo» (in una recente intervista il prefetto ha anche criticato chi «mette uno contro l’altro e guarda chi è meglio, chi ha più visitatori nei momenti pubblici in piazza San Pietro: questo è l’approccio sbagliato»).
La fedeltà con cui il card. Müller si è messo al servizio del Papa emerito e di Francesco è un esempio per tutti, per i giornalisti, per i teologi e per i cattolici in generale. Mostra davvero cosa significa essere “il difensore della retta dottrina cattolica e del popolo di Dio”. Fonte. http://www.uccronline.it