Intervista a Don #FabioRosini #direttore e #responsabile del Servizio per le #Vocazioni, incaricato per le opere vocazionali sacerdotali.
Don Fabio è ideatore del cammino dei 10 comandamenti e dei 7 segni, un’iniziativa che riguarda un ciclo di catechesi mirate ai giovani che si svolge presso la chiesa delle Santissime Stimmate di San Francesco a Roma.
Lo abbiamo intervistato in occasione della presentazione di un libro, di cui Rosini ne è stato il relatore.
Com’è nata l’iniziativa delle catechesi sui 10 comandamenti?
E’ nata dal lavoro e il ministero semplice di un vice parroco che si è trovato ad aiutare dei ragazzi ad arrivare alla fede, ho provato a farli arrivare nel migliore dei modi ed il Signore mi ha aiutato tantissimo mettendo tante grazie sulla mia strada.
Così, abbiamo capito che era bene fare l’incontro con la paternità di Dio attraverso le dieci parole della vita e queste erano un preludio ad una vita lanciata verso la grazia e quindi ho iniziato.
Prima eravamo pochi poi sono iniziati ad arrivare altri e siamo diventati tanti.
Questo cammino coinvolge soprattutto i giovani, perché proprio loro?
E’ nata per i giovani ma è frequentato da moltissimi adulti e viene fatto in tutta Italia, però per i giovani è molto adatta perché i 10 comandamenti rappresentano i margini della vita ed aiutano le persone nel discernimento iniziale sulla propria esistenza di fondo. Questo cammino come esperienza vocazionale è funzionante perché aiuta ad identificare i “no paterni” e nello stesso tempo una miriade di sì corrispettivi, che danno la forza di intraprendere la propria strada.
Un’iniziativa adatta sia per i giovani ma anche per tutte l’età.
Ai giorni nostri, è difficile attuare i 10 comandamenti?
E’ impossibile, mai stato possibile! Solamente la grazia può permetterlo, i 10 comandamenti servono a capire che una persona non li sa fare, servono a capire che c’è bisogno della grazia, se i 10 comandamenti bastassero non c’era bisogno che Cristo morisse in croce e risorgesse per noi.
I 10 comandamenti ci aiutano a capire dove sono i nostri limiti, e siccome sono “beati i poveri in Spirito perché di essi è il regno dei cieli” i 10 comandamenti servono a formare un cuore da “poveri” e ad imparare ad aggrapparsi a Dio.
La legge l’ha compiuta soltanto Gesù Cristo e Lui è venuto a portare il compimento della legge; la legge serve ad avere i parametri come un malato che finalmente ha una buona diagnosi e finalmente si affida al medico giusto.
Lei ha detto più volte (riferendosi ai giovani) che pregare è la via della felicità. In che senso?
No, questo è un titolo che è stato messo in un giornale e che non mi è piaciuto per niente. La via della felicità implica pregare, e pregare, è senza dubbio parte della via per la felicità, però insegnare a pregare è una delle chiavi per insegnare a vivere bene.
Il problema è che la via della felicità è il rapporto con Dio, in quanto la preghiera è un rapporto con Dio. Se facciamo della preghiera un tema di devozionismo, di pratiche pavloviane a riflessi condizionati, non so a cosa serva. Se invece si tratta di entrare nel rapporto e nel dialogo costante nella vita di un figlio di Dio con il suo padre Celeste, allora sì che pregare è la via della felicità.
Però io in quell’intervista avevo detto altre cose, hanno messo questo titolo e me lo tengo.
Che ragazzo era Fabio Rosini prima di diventare Don Fabio?
Ero un ateo completamente contro la chiesa cattolica, avevo incontrato un cristianesimo da 4 soldi e lo avevo rifiutato perché cercavo cose belle.
Poi ho incontrato dei cristiani più maturi e più profondi e allora ho capito che il cristianesimo era molto bello perché avevo incontrato dei cristiani belli.
E’ sempre questa la chiave, non s’incontra una verità astratta ma delle persone!
Da allora sono cresciuto nella fede pian piano, ho avuto dei maestri verso cui va tutta la mia gratitudine e poi ho capito che il Signore aveva posto per me la strada dell’evangelizzazione, annunziando il Vangelo e servendolo attraverso il mio sacerdozio.
E’ da 26 anni che sono prete e mi diverto un mondo!
Ero un uomo infelice e triste e mi fa bene ricordarmi di quella infelicità, mi serve per evangelizzare ricordarmi il prima e il dopo.
Ricorda il momento particolare di quando ha aperto le porte del suo cuore a Dio?
Il 21 marzo 1982, è stato il giorno in cui qualcuno mi ha annunziato il Vangelo e per grazia l’ho ascoltato e quel giorno per me rappresenta la mia nuova nascita perché sono diventato veramente un cristiano.
Che cosa vuole dire a quei giovani che ancora non hanno compreso la propria vocazione o addirittura hanno paura di mettersi in discussione davanti a Dio?
C’è una cosa che dico spesso e che ormai è diventata noiosa “chi ha paura che Dio gli prenda la vita deve resettare questa paura”. La vera paura non è quella che Dio mi prenda la vita ma che non me la prenda, che io resti con la mia vita piccola piccola e che non prenda la Sua.
Io avrei proprio paura di non seguirlo Gesù Cristo e non di seguirlo.
Noi ci divertiamo molto in genere, con Gesù Cristo ci si diverte un mondo.
Servizio di Rita Sberna