Don Tonino e padre Jorge: due destini paralleli e un “incontro” provvidenziale

Don Tonino e padre Jorge: due destini paralleli e un “incontro” provvidenziale

Tra le tante “profezie” nella vita del Servo di Dio #donToninoBello (1935-1993), ce n’è una tanto bella da apparire quasi impressionante. Quando il Comune di Molfetta gli conferì il sigillo d’onore, il vescovo disse: “Ora siete voi a darmi questa cosa bellissima, tra 25 anni sarò io a dare qualcosa a Molfetta che possa rimanere”. Affermazioni così, di solito, si ascoltano in bocca ai megalomani o – come riteniamo sia in questo caso – ai santi e ai profeti, mai a persone comuni. Effettivamente è una frase che sembra prefigurare quello che avverrà venerdì prossimo, 20 aprile 2018, con la visita commemorativa di papa Francesco ad Alessano, località di origine del servo di Dio, e a Molfetta, nella diocesi dove egli stesso fu vescovo negli ultimi undici anni della sua vita.

Quella in programma tra sei giorni sarà molto più di una visita pastorale o della commemorazione di un grande uomo di Chiesa alla presenza del Vescovo di Roma. Sarà infatti l’incontro spirituale tra due pastori quasi coetanei (don Tonino era nato nel 1935, Bergoglio nel 1936), vissuti in luoghi assai distanti ma uniti in modo sorprendente dalla stessa identica concezione del Vangelo. La Puglia e l’Argentina, negli anni ’70, ’80 e ’90 del secolo scorso, sono state gli scenari dell’azione pastorale di due uomini rimasti profondamente, anche nel loro ministero episcopale, dei “preti di strada”.

Le analogie tra don Tonino Bello e padre Jorge Mario Bergoglio sono numerose e, in più di un caso, legate a vere e proprie premonizioni avute dal Servo di Dio. In un’omelia don Tonino affermò: “Immaginate che durante un solenne pontificale d’altri tempi, in piazza San Pietro, il Papa facesse chiamare un barbone, uno dei tanti che la notte dormono sotto il porticato, e, toltosi la tiara dalla testa, gliela mettesse sul capo davanti agli occhi esterrefatti dei cerimonieri”. Un’immagine che fa pensare all’affetto e alle varie azioni concrete che, una trentina d’anni dopo, Bergoglio ha effettivamente riservato ai clochard che vivono a due passi da lui, allestendo per loro docce e bottega da barbiere, invitandoli a vedere i Musei Vaticani, ecc. In un’altra occasione, in cattedrale a Molfetta, a due coniugi che lui stesso stava inviando in missione, inaspettatamente monsignor Bello disse: “Datemi voi la benedizione”; un gesto che richiama alla memoria quello dell’emozionatissimo neo-vescovo di Roma, quando, il 13 marzo 2013, dalla loggia centrale della basilica di San Pietro, chiedeva ai fedeli di benedirlo.

Nei loro percorsi paralleli, il vescovo di Molfetta-Ruvo di Puglia-Terlizzi-Giovinazzo e il futuro Papa hanno maturato intuizioni e stili comuni: dalla vicinanza ai poveri, al battersi della pace nel mondo (don Tonino fu presidente di Pax Christi dal 1985 al 1993), fino alla fervente devozione mariana. La loro non è una Chiesa intellettuale, fredda o astratta ma una Chiesa profondamente incarnata nella realtà del suo popolo. Non la Chiesa della gerarchia o del privilegio ma – come don Tonino stesso definiva – la “Chiesa del grembiule”, pronta a sporcarsi le mani per servire chi soffriva o chi rimaneva ai margini: proprio come i barboni, i tossicodipendenti e gli alcolisti che incontrava per le strade della sua diocesi e non esitava a caricare a bordo della sua utilitaria, per ospitarli in episcopio.