Elon Musk acquista Twitter: opportunità o bluff?

Elon Musk
Foto: TEDItalia (YouTube)

Anche nelle macchine dal motore e dagli ingranaggi più sofisticati e precisi, può inserirsi il classico granello di sabbia che le manda in tilt. Qualcosa del genere sta bollendo in pentola, dopo il clamoroso acquisto del 100% delle azioni di Twitter da parte di Elon Musk, per la stellare cifra di 44 miliardi di dollari. Qualunque sarà l’esito di questa operazione a medio lungo termine, non si tratta di un evento che possiamo permetterci di guardare con indifferenza. Al contrario, siamo di fronte alla più grossa svolta in quasi vent’anni di storia dei social network.

Negli ultimi due anni in particolare, i social – Facebook e Twitter, in primis – avevano ormai cominciato a tradire quella che, almeno inizialmente, sembrava la loro mission: rappresentare uno spazio per la libera discussione delle idee e per la libera fruizione di contenuti. La progressiva politicizzazione di entrambe le piattaforme ha trasformato Facebook, ma ancor più Twitter, in dei veri campi di battaglia, inducendo i rispettivi fondatori, Mark Zuckerberg e Jack Dorsey, a censurare i profili che non rispettavano i cosiddetti “community standard”: un concetto molto vago e ambiguo che, paradossalmente, svelava il vero volto dei grandi guru dei social. Questi ultimi avevano raggiunto un tale livello di ricchezza e di potere da potersi permettere di dettare le regole del gioco, alla stregua di veri editori, dettando linee politiche ben precise (nei loro casi, di chiara marca liberal e woke). Una scelta impopolare che, poco più di un anno fa, portò alla clamorosa soppressione del profilo Twitter dell’ex presidente americano Donald Trump, ai tempi l’uomo più seguito del mondo, con circa 80 milioni di followers.

Una strategia che, a lungo andare, ha avuto un effetto boomerang, con un calo dei followers a livello globale e un parallelo crollo in borsa di Twitter. Al punto da indurre il board della società informatica di San Francisco ad aprire all’offerta di Elon Musk. Il cofondatore e amministratore delegato di Tesla si era fatto avanti già a inizio aprile, con l’acquisto del 9,2% del capitale. Questa settimana, la svolta finale, con un’operazione rischiosissima: l’offerta pubblica d’acquisto del 100% delle azioni di Twitter, immediatamente compensata con la vendita di 4 milioni (8 milioni secondo alcune fonti giornalistiche) di azioni di Tesla.

Diventando dominus assoluto del socialnetwork più politicizzato, Musk non ha messo a rischio solo il suo patrimonio ma anche la sua immagine pubblica. Il motivo è facilmente spiegabile: non solo l’uomo più ricco del mondo intende portare Twitter fuori dalla quotazione in borsa ma, cosa ancor più clamorosa, non intende affatto proseguire con la policy censoria dei suoi predecessori. Tutte le idee, dunque, saranno le benvenute in Twitter, non soltanto quelle gradite ai salotti globali del politicamente corretto. Una svolta a 360 gradi, con cui Musk si sta facendo non pochi nemici. Molti degli entusiasti adepti della neo-censura – un nome su tutti: il giornalista Beppe Severgnini – hanno annunciato sdegnati la loro fuga da Twitter, mentre l’Huffington Post ha bollato Musk come il “paladino dei complottisti”.

Le ricadute sugli equilibri politici e strategici mondiali del cambiamento impresso dal miliardario d’origine sudafricana sono assolutamente inevitabili, sebbene sia prematuro immaginarne l’impatto. Non c’è alcun dubbio che, con una terza guerra mondiale alle porte, una Russia isolata e con le relative ricadute economiche globali della crisi geopolitica, la presenza di un bacino d’informazioni non soggette a censura, non potrà essere privo di conseguenze. Visto il suo status di uomo più ricco del mondo, è difficile pensare a ricatti clamorosi, in grado di condizionare la gestione di Musk.

Il fondatore di Tesla e di SpaceX si pone in una posizione di assoluta autonomia nel panorama dei guru dell’informatica e dell’alta tecnologia. È un ecologista convinto: da qui la sua risolutezza nell’investire sulle auto elettriche e nei treni ad alta velocità. Il suo è però un’“ambientalismo illuminato”. Musk è infatti convinto che l’uomo non è una minaccia per il pianeta ma una risorsa. Posizione che lo allontana dal neomalthusianesimo oggi dominante e, con tutti i distinguo del caso, lo avvicina all’ecologia integrale che anima la Dottrina Sociale della Chiesa. “La maggior parte della gente pensa che abbiamo troppe persone sul pianeta, ma in realtà questa è una visione obsoleta. Il problema più grande che il mondo dovrà affrontare tra 20 anni sarà il crollo della popolazione. Non l’esplosione. Il crollo”, aveva dichiarato Musk nel 2019, intervenendo alla Conferenza Mondiale sull’Intelligenza Artificiale.

Certo, le inclinazioni transumaniste del miliardario d’origine sudafricana, con i suoi progetti di ibridazione uomo-macchina, sono sicuramente tra gli aspetti più discutibili della sua attività. Su altri fronti, come quello, per l’appunto, del rilancio demografico, o dell’approccio non allarmistico sulla pandemia, si distingue rispetto alle posizioni omologate di molti del suo settore. Non conosciamo le reali intenzioni e le reali mire di Elon Musk. La sua libertà di approccio alle problematiche del mondo, con cui coerentemente si appresta a guidare Twitter, tuttavia, lascia ben sperare. E di questi tempi non è poco.