Il Ddl Zan: una propaganda ideologica in moto

Lo scorso 17 giugno il Vaticano tramite la segreteria di Stato ha richiesto al governo italiano di modificare il tanto discusso Ddl Zan, in quanto il disegno di legge violerebbe “gli accordi di revisione del Concordato” tra la Santa Sede e la Repubblica italiana sottoscritti nel 1984. In effetti, alcuni contenuti del Ddl (attualmente all’esame della Commissione Giustizia del Senato) avrebbero “l’effetto di incidere negativamente sulle libertà assicurate alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal vigente regime concordatario”, “particolarmente nella parte in cui si stabilisce la criminalizzazione delle condotte discriminatorie per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere”.

La risposta di Draghi non si è fatta attendere: Senza voler entrare nel merito della questione, rispetto agli ultimi sviluppi voglio dire che il nostro è uno Stato laico, non è uno Stato confessionale. Quindi il Parlamento è certamente libero di discutere”. Ha anche ricordato che l’” ordinamento contiene tutte le garanzie per rispettare i principi costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il Concordato. Ci sono i controlli di costituzionalità preventivi nelle competenti commissioni parlamentari, e poi ci sono i controlli successivi nella Corte costituzionale”.

Tuttavia il tempo stringe e sembra che il Ddl Zan potrebbe essere all’ordine del giorno in aula il prossimo 13 luglio…non sarebbe la prima volta che una legge viene votata in modo subdolo prima dell’estate.

Ma che comporta il Ddl Zan?

Prevede l’estensione degli articoli 604 bis del Codice Penale sul reato di “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa“, 604 ter c.p. e 90 quater del Codice di procedura penale (sulle condizioni di particolare vulnerabilità della persona offesa).

Introdurrebbe nel nostro ordinamento misure di prevenzione e di contrasto delle discriminazioni “per motivi legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale, all’identità di genere” e per motivi legati alla disabilità (questi sono stati aggiunti in un secondo tempo a ottobre 2020, facendo capire che la disabilità non è la tematica principale della legge, ma un mezzo per arrivare a secondo fini).

Ricordiamo tuttavia che è già possibile contrastare qualsiasi forma di discriminazione come previsto dall’art. 3 cost.:

“tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”

I mass media parlano costantemente (e particolarmente in questo periodo di dibattito sul Ddl Zan) di un’emergenza necessaria per la tutela delle persone omosessuali o transessuali offese per il loro orientamento sessuale.

È importante lottare contro ogni forma di discriminazioni, tuttavia il nostro ordinamento tutela già l’incolumità delle persone, senza operare alcuna distinzione nel rispetto del principio di eguaglianza (ricordiamo a tal proposito gli articoli 575 c.p., 595 c.p. e 61, comma 1, n. 1 c.p.)

Ma che cosa c’è dietro il Ddl Zan e perché un richiamo del Vaticano al Concordato?

E’ chiaro che l’interesse principale del Ddl Zan è quello di introdurre nel nostro ordinamento l’ideologia gender, tale teoria ritiene che la differenza fra uomo e donna sia soltanto una “costruzione sociale” .

L’art. 1 del ddl Zan definisce l’identità di genere come: “l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”.

L’ appartenenza di una persona ad un genere risulta così per dire “fluida”, in quanto essa si identifica in determinato genere a seconda di come ci si percepisce in un dato momento.

Nel articolo 7 del Ddl “La Repubblica riconosce il giorno 17 maggio quale Giornata nazionale contro l’o­mofobia, la lesbofobia, la bifobia e la tran­sfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contra­stare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei principi di eguaglianza e di pari dignità so­ciale sanciti dalla Costituzione”. Il comma terzo prevede inoltre il coinvolgimento delle scuole, facendo riferimento ad attività da svolgere espressamente ossia «l’organizzazione di cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile per la realizzazione delle finalità di cui al comma 1”.

È facilmente intuibile che dietro al ddl Zan si nasconde un progetto ben preciso che mira alla “rieducazione della società” attraverso l’ideologia gender (negli ultimi anni certe associazioni LGTB hanno proposto interventi e percorsi educativi nelle scuole, ci sono anche libri, favole ad hoc rivisitate).

Diversi emendamenti proposti a tutela dei minori sono stati respinti: il consenso informato dei genitori, l’esclusione di tematiche quali la maternità surrogata, l’esclusione del coinvolgimento di studenti (di scuole di ogni ordine e grado).

Questo lascia intendere che la libertà di insegnamento potrebbe essere messa a dura prova come per il Patto di Corresponsabilità Educativa con le famiglie.

Nel Ddl Zan sono previste diverse sanzioni di cui farò alcuni esempi: reclusione fino ad un anno e sei mesi o multa fino a 6.000 euro per chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità; è vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità e così via.

Come nel caso di leggi simili già in vigore in altri paesi, questo vorrebbe dire ad esempio: che si potrebbe essere penalmente sanzionati per aver affermato che esiste una differenza biologica tra uomo e donna, che si è contrari alla maternità surrogata e che un bambino/a nasce da un padre e una madre; anche i genitori (o gli insegnanti) potrebbe essere dichiarati omofobi per aver rifiutato una didattica “gender” nelle scuole.

Si capisce allora che qualsiasi persona (e ovviamente non solo i cattolici) potrebbe essere incolpata per avere un pensiero diverso; è in gioco la libertà di pensiero e di espressione.

Si capisce allora il perché del richiamo della Santa Sede al rispetto del Concordato, di cui i commi dell’articolo 2 dell’accordo:

“La Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione” (articolo 2) (…) La Repubblica italiana, in conformità al principio della libertà della scuola e dell’insegnamento e nei termini previsti dalla propria Costituzione, garantisce alla Chiesa cattolica il diritto di istituire liberamente scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione” (art 9 ) o ancora  “È garantita ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” (articolo 2, comma 3).

Papa Francesco nell’Esortazione postsinodale Amoris Laetitia del 2016 avvertiva:

Un’altra sfida emerge da varie forme di un’ideologia, genericamente chiamata gender, che “nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L’identità umana viene consegnata ad un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo. È inquietante che alcune ideologie di questo tipo, che pretendono di rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili, cerchino di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini”.

Preghiamo e affidiamo tutto alla Divina Provvidenza perché solo in Dio è la salvezza dell’uomo.