Non è molto frequente che i nostri editoriali del sabato vadano a trattare lo stesso argomento per due settimane di seguito. Oggi dobbiamo farlo. Siamo obbligati verso Indi Gregory, che da lunedì scorso non è più tra noi. La bimba inglese affetta da una rara e inguaribile malattia non è morta in modo naturale. Indi è stata uccisa. È stata vittima di un infanticidio perpetrato in modo gelido e ipocrita sotto gli occhi impotenti dei suoi pur eroici genitori. L’ennesimo delitto di Stato commesso nel Regno Unito ai danni di un innocente si presta a milleuno riflessioni. In questa sede ci limiteremo a un paio di considerazioni che non hanno risvolti né medici, né scientifici, né giuridici e forse nemmeno filosofici. Sono considerazioni a cui potrebbe arrivare qualunque persona di media cultura e con un minimo di coscienza etica.
Una tragedia del genere mette l’uomo necessariamente di fronte al mistero di Dio. Così è stato per Dean Gregory, lo sfortunato papà di Indi, battutosi come un leone fino all’ultimo per salvare la vita alla figlioletta. Dean non si presenta come un uomo raffinato, né particolarmente colto, né sembra avere il portamento elegante e british dei membri della corte che hanno condannato a morte la sua bambina. Eppure, Dean Gregory ha svelato un animo molto più nobile dei suoi avversari, ha mostrato quel che dovrebbe essere un vero padre di famiglia, riscattando, con il suo coraggio, l’insipienza di tanti padri di oggi. Dean è stato grande non solo per essersi esposto in prima persona contro una diabolica e crudele burocrazia sanitaria che tritura l’umanità, a partire dai suoi membri più fragili. Il papà di Indi è stato più che apprezzabile anche nel non nascondere la sua fragilità, la sua rabbia, la sua disperazione. Lo ha fatto poco dopo la morte di Indi, dicendo: “Siamo arrabbiati, con il cuore spezzato, pieni di vergogna”.
Dean è stato coraggioso anche per aver parlato di Dio, in un contesto culturale che lo rifiuta. Lui stesso aveva ammesso di non essere “né religioso, né battezzato”, eppure, per ragioni misteriose, che apparentemente sfuggono a qualunque ferrea logica, un paio di mesi fa ha fatto battezzare la figlioletta. Dean Gregory ha confidato alla stampa britannica che la triste vicenda che ha visto coinvolta la sua famiglia, lo ha “trascinato all’inferno”. Eppure, in quel tormento indicibile, Dean è arrivato a una sorprendente conclusione: “Ho pensato che, se l’inferno esiste, necessariamente debba esistere anche il paradiso”. Da quel momento, Dean ha scoperto la fede e ora desidera lui stesso farsi battezzare. “Vogliamo essere protetti in questa vita e vogliamo andare in paradiso”, ha detto.
Il potere teme i bambini, la tenerezza e l’innocenza. È davvero incredibile l’ottusità del potere di fronte all’ennesima ingiustizia legalizzata ai danni di un innocente, in un Paese da sempre etichettato come avanguardia della civiltà occidentale. Una legge svuotata di ogni contenuto morale e umano, capace solo di un frasario stereotipato e poco credibile, a partire da quel “best interest”, che, nel caso di Indi, si è evoluto in un ancor più inquietante “supreme interest”. Ci hanno forse guadagnato qualcosa gli aguzzini in camice di Indi? Ovvio che no. Se la bambina fosse stata semplicemente un peso e un costo per la struttura sanitaria dove era ricoverata, la direzione dell’ospedale avrebbe potuto benissimo firmare le dimissioni della piccola paziente e passare il testimone al “Bambino Gesù” di Roma, che si era offerto di curare la bimba. Indi è stata invece letteralmente sequestrata e sappiamo bene che molti sequestri si concludono con la tragica uccisione del rapito. Le dimissioni sono avvenute soltanto a beneficio di un hospice, pagato per lasciar morire la bambina, laddove ogni tentativo di rianimarla o salvarla sarebbe stato sanzionato a norma di legge. Era talmente inammissibile ammettere anche solo l’eventualità che un ospedale straniero (pontificio, per giunta…) avrebbe potuto guarire e salvare Indi, che si è preferito sacrificarla. Era così imprescindibile che Indi morisse che le autorità hanno imposto che il suo spostamento dal Queen’s Medical Center di Nottingham al menzionato hospice avvenisse scortato dalla polizia.
Gli innocenti sono una pietra d’inciampo per il potere. La loro purezza è come la luce per i vampiri o per i demoni. I prepotenti si agitano così tanto davanti alla tenerezza e all’innocenza per un motivo molto semplice: li risvegliano alla loro corruzione e torbidezza di cuore e opacità d’animo. Nel profondo della loro coscienza, sanno di essere nel torto ma, per orgoglio, non potranno mai ammetterlo. Il cuore del faraone è destinato a rimanere duro e a ostinarsi sulle proprie posizioni, fino all’autodistruzione. Non tutti gli innocenti possono sfuggirli ma chi sopravvive alla vigliaccheria dei potenti ha una responsabilità: testimoniare di essere stato salvato e graziato, vincendo l’odio ed evitando di diventare come il proprio carnefice. L’Avvento ormai imminente ci rimette di fronte alla vicenda di Erode e della Strage degli Innocenti. Storia attuale, attualissima. Storia profetica, che siamo chiamati a rivivere nel nostro tempo, qualcuno anche sulla propria pelle. Storia crudele ma, per motivi imperscrutabili, fondamentale per la nostra salvezza.