La storia di Angela Bianco “La fede più forte del tumore e dell’aborto”

Una mamma coraggiosa che ha accettato la vita dentro di se pur avendo un tumore

 Questa è la storia di Angela Bianco, una giovane mamma, era il 2013 quando scopre di essere incinta e al terzo mese di gravidanza scopre anche di avere un tumore. Angela vive in un piccolo paesino nel Cilento, il tutto inizia con un forte mal di testa e uno svenimento, viene subito portata all’ospedale di Vallo della Lucania dove entra in coma e va in emorragia celebrale. Dopo qualche giorno si risveglia e nel frattempo è trasferita all’ospedale Umberto I di Roma dove l’esito è terribile: un tumore maligno al cervello.

«Pensai alla mia vita, ma anche alla piccola di tre mesi che viveva dentro di me. In pochi secondi le immagini della mia storia mi si presentavano come un film. Dico ai medici che non voglio abortire, desidero che nasca mia figlia, un dono grande. A qualunque costo» – ha raccontato a Famiglia Cristiana.

La sua è stata una scelta difficile ma l’aborto è stato subito scartato tra le varie opzioni che le erano state presentate, in quei giorni un gruppo di pellegrini si trovava in pellegrinaggio a Lourdes e così pregano anche per Angela dentro la grotta di Massabielle.

«Tra di loro c’era un mio vicino di casa, compagno di classe del dottor Pantaleo Romanelli, un medico che avrebbe potuto aiutarmi, e mi contatta».

Infatti, tra le varie ipotesi che le avevano presentato, c’era una nuova possibilità d’intervento, il Cyberknife, un macchinario per la radiochirurgia in grado di bombardare in modo mirato le cellule tumorali. La tecnologia arrivava dalla Stanford University, negli Stati Uniti, e utilizza una serie di innovazioni prodotte nel cuore della Silicon Valley.

La provvidenza e l’intervento del cielo, vogliono che il vicino di Angela conosca il neurochirurgo italiano che negli Usa utilizza questa tecnica. «Pensai che poteva essere la soluzione, salvare la bambina e continuare a vivere», racconta a Famiglia Cristiana con un filo di commozione.

Da qui inizia l’incredibilità della storia di Angela perché l’intervento non era fattibile in Italia: «Alla fine, con il professor Romanelli, decidiamo di eseguire l’intervento in Grecia», spiega Angela. «Voliamo ad Atene cercando con la massima rapidità di agire con il Ciberknyfe, non danneggiando il feto». Prega tanto Angela, e con lei le comunità di amici e conoscenti, da Lourdes al Cilento.

Il dottor Romanelli interviene al quinto mese di gravidanza con quel computer in grado di orientare alte dosi di radiazioni in modo mirato, salvando la madre senza ledere la vita nel suo grembo.

La Bianco dice con fermezza: «Mi ha aiutato molto la preghiera in un momento difficile: grazie alla fede mi sono salvata». Ricorda Angela un momento particolare: «Il parroco mi fece donare il velo da sposa alla Madonna Immacolata: il giorno che le fu messo in testa, è stato l’ultimo di chemio dopo tempi durissimi».

Fonte Gaudium Press di Rita Sberna