L’ideologia gender barcolla ma non molla: siamo alla resa dei conti?

Proteggiamo i nostri bimbi.
Nuovo tentativo di ufficializzare le teorie gender con "l'insegnamento" nella scuola; grimaldello per annullare la famiglia. Proteggiamo i nostri bimbi.

La scorsa settimana, al Senato, è stata vinta una battaglia, non certo una guerra. Gli ultrà dell’anti-omofobia non ci stanno e già meditano il contrattacco. Il ddl Zan è stato respinto a Palazzo Madama con 154 voti contrari e 131 favorevoli e ora i suoi sostenitori dovranno attendere almeno sei mesi prima di ripresentare una proposta di legge simile. A maggio prossimo, però, mancheranno dieci mesi alle elezioni politiche e imbarcarsi in un nuovo complesso iter legislativo sarebbe quantomeno rischioso.

Il primo a non arrendersi, però, è proprio l’onorevole Alessandro Zan, primo relatore del ddl bocciato, che, parlando agli studenti di un liceo di Oristano, ha annunciato: “Sfrutteremo fino all’ultimo minuto utile la legislatura mettendoci tutte le nostre forze per far approvare questa legge”. La propaganda indirizzata alle nuove generazioni e le manifestazioni di piazza sono alcuni degli strumenti messi in campo dalla revanche arcobaleno ma non gli unici.

È proprio in Senato, che l’ideologia lgbt si è presa la sua rivincita, facendo approvare un emendamento passato precedentemente alla Camera, per iniziativa del Partito Democratico e di Italia Viva (sebbene il partito di Matteo Renzi fosse stato additato dalla sinistra come il principale responsabile del sabotaggio del ddl Zan). L’emendamento è stato inserito nel decreto infrastrutture, contenente “disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale”. Al comma 4-bis, si legge: “È vietata sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell’appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale, all’identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche”.

Quel pesantissimo riferimento all’identità di genere andrebbe a ripercuotersi in un divieto di rappresentare nella cartellonistica stradale o sui mezzi pubblici, qualunque messaggio offensivo o discriminatorio nei confronti di omosessuali o transgender a tutti i livelli. Con il risultato che campagne di sensibilizzazione come quelle condotte da associazioni come Pro Vita & Famiglia (già penalizzata in passato da amministrazioni comunali come quelle di Roma e Milano) o CitizenGo potrebbero essere messe fuori legge. Il che, in linea teorica, potrebbe generare un paradosso: l’utero in affitto, procedura che apre le porte alla genitorialità omosessuale, non sarebbe più criticabile, ancorché si tratti di una pratica vietata dalla legge italiana.

Ci permettiamo di sottolineare che, essendo passato – previa richiesta di fiducia da parte del governo Draghi – a maggioranza assoluta (190 voti favorevoli e 30 contrari), il decreto infrastrutture è stato votato (emendamento antidiscriminazioni compreso) anche da una parte degli stessi senatori che, una settimana prima, con il voto segreto, affossavano il ddl Zan. Dai banchi dell’opposizione, l’intero gruppo di Fratelli d’Italia ha votato contro, mentre tra i parlamentari della maggioranza, si ha conoscenza soltanto della non partecipazione al voto del leghista Simone Pillon. Alla faccia della coerenza sui principi…

La volubilità della classe politica intorno a temi che richiederebbero prese di posizione cristalline e intransigenti è sicuramente un fatto negativo ma non tutti i mali vengono per nuocere. Questa evanescenza dovrebbe scuotere la società civile – cattolici in primis ma non solo – e indurre le masse a mobilitarsi per prime, far sentire la propria voce in tutti i contesti pertinenti e rispondere attivamente alla propaganda dei media liberal. Non è più tempo di delegare interamente questa battaglia ai politici e nemmeno ai “vescovi-pilota”. Sono i cittadini che devono assumere il controllo della situazione, iniziando a sviluppare una controcultura alternativa a quella dominante. Per i cristiani, in questo ambito, la preghiera e la vita di comunità diventano strumenti fondamentali e privilegiati, anche perché quella sull’identità dell’uomo è la più importante delle battaglie che si compiono in questi tempi escatologici, in cui lo scontro tra il bene e il male sta entrando nel vivo.