Migranti: e se avessero ragione i vescovi africani?

Migranti: e se avessero ragione i vescovi africani?

Tornando all’assunto iniziale, non è affatto scontato che i vescovi africani scoraggino l’emigrazione dalle loro terre. Auspicare lo sviluppo economico per i propri paesi, contestualmente alla fine di ogni forma di sfruttamento neocoloniale, è un atto di coraggio, che può porre le gerarchie ecclesiali seriamente in contrasto con le logiche predatorie delle multinazionali e con i leader politici locali, in gran parte corrotti e foraggiati dalle armi vendute dall’Occidente. Sono proprio le strutture neocoloniali globalizzate, talora in combutta con le mafie locali, a incoraggiare l’esodo dei giovani africani. Sempre più terreni vengono espropriati (landgrabbing) e quei pochi che rimangono dei piccoli coltivatori diretti locali vengono giocoforza messi in cammino verso Nord. Molti giovani vengono illusi a trasferirsi in Europa con la promessa di un Eldorado inesistente. Le terrificanti traversate del Sahara, alle quali non tutti sopravvivono, la Libia con i suoi discussi hotspot (in molti casi veri e propri lager dove sono violati i più elementari diritti umani), infine, per i più ‘fortunati’, i gommoni, gli scafisti e l’eventuale salvataggio ad opera delle navi delle tanto discusse ong. Tutto il resto è cronaca attualissima: il recente caso Aquarius non è il primo e, verosimilmente, non sarà l’ultimo episodio di tale ‘storia infinita’.

I vescovi africani sono preoccupati per il destino crudele cui vanno incontro molti loro connazionali una volta giunti in Europa: emarginazione, disoccupazione, violenza, spaccio, prostituzione, sfruttamento della manodopera a basso costo, tratta degli esseri umani. Come già avevamo accennato in un precedente editoriale, se soccorrere un migrante in difficoltà – specie se profugo o perseguitato politico – è un’azione lodevole, abbandonarlo al proprio destino nei nostri territori non è accoglienza, è un atto criminale, così come disdicevole è favorire in modo capzioso le migrazioni. Siamo di fronte ad esodi di dimensioni bibliche che, più che vere migrazioni, hanno tutta l’aria di essere delle deportazioni di massa. Finché si impedirà all’Africa di crescere e svilupparsi, finché si sfrutteranno in modo rapace le risorse di quell’immenso e ricchissimo continente, lasciando agli autoctoni solo le briciole, finché l’Occidente vi fomenterà guerre e dittature, gli africani saranno costretti a scappare. L’Europa non potrà continuare a nascondere la testa sotto la sabbia, né a pretendere di scaricare tutto il peso del problema su paesi come l’Italia o la Grecia, che peraltro stanno tornando poveri e che, a loro volta, vedono i propri giovani emigrare.

Il mito dell’immigrazionismo e della società multietnica a tutti i costi va superato. Come auspicato anche dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, va contrastata la speculazione sulla pelle degli immigrati da parte di cooperative o altri soggetti. I primi a beneficiarne saranno proprio i migranti. È quindi ora che la Chiesa dimostri unità e, in particolare sulla questione migratoria, riesca a produrre una visione univoca. Papa Francesco ha difeso tante volte la dignità dei migranti ed espresso loro solidarietà. Egli stesso, però, ha anche dichiarato guerra alla tratta delle persone, si sta battendo per i diritti dei lavoratori, degli indigeni e dei popoli in via di sviluppo e contro lo sfruttamento scriteriato delle risorse naturali. È ora che il pensiero del Pontefice sia ascoltato fino in fondo e umilmente. Evitando luoghi comuni e slogan di comodo.