Nessuno l’arrestò, perché non era ancora giunta la sua ora

Nessuno l'arrestò, perché non era ancora giunta la sua ora

Nessuno l’arrestò, perché non era ancora giunta la sua ora.

(Giov. 8, 19-20)

Non era ancora giunta la sua ora: l’ora della sua morte da lui voluta, non da altri decisa. Non dunque un’ora fatale, ma l’ora da lui voluta e, secondo un disegno divino, preparata.

1. Ciò che il santo Vangelo dice con poche parole, non può essere spiegato brevemente, se si vuole intendere ciò che si ascolta. Le parole del Signore sono poche ma dicono molto, e non si deve considerare il loro numero ma il loro peso, né la loro sobrietà deve impedirci di penetrarne la profondità. Quanti eravate presenti ieri, avete sentito che si è cercato di spiegare le parole: Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. E se anche giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma siamo io e il Padre che mi ha mandato. Nella vostra legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera; ora sono io a rendere testimonianza di me stesso, e c’è anche il Padre, che mi ha mandato, a testimoniare di me (Gv 8, 15-18). Il discorso che ieri abbiamo rivolto alle vostre orecchie e al vostro spirito, era su queste parole. Quando il Signore le ebbe pronunciate, quelli che ascoltarono Voi giudicate secondo la carne, dimostrarono che era vero quanto il Signore diceva di loro, rivolgendogli la domanda: Dov’è tuo padre? Intendevano il Padre di Cristo in senso carnale, perché giudicavano le parole di Cristo secondo la carne. In effetti colui che parlava era manifesto come carne, era occulto come Verbo; era manifesto come uomo, era occulto come Dio. Vedevano il vestito e disprezzavano colui che lo indossava; lo disprezzavano perché non lo conoscevano; non lo conoscevano perché non lo vedevano; non lo vedevano perché erano ciechi; erano ciechi perché non credevano.

2. Vediamo la risposta del Signore. Essi domandano: Dov’è tuo padre? Ti abbiamo sentito dire: Non sono solo, ma siamo io e il Padre che mi ha mandato; noi vediamo te solo, non vediamo tuo padre con te; come fai a dire che non sei solo, ma sei con tuo padre? oppure, mostraci che tuo padre è con te. E il Signore: Come posso mostrarvi il Padre, se voi non vedete neppure me? Questo è ciò che segue, questa è la risposta che egli ha dato e che noi già abbiamo commentato. Notate la sua risposta: Voi non conoscete né me né il Padre; se conosceste me, conoscereste anche mio Padre (Gv 8, 19). Voi domandate: Dov’è tuo padre? come se già mi conosceste, come se io fossi soltanto ciò che voi vedete; ma siccome non mi conoscete, perciò non vi mostro mio Padre. Voi mi considerate un semplice uomo e cercate mio Padre come un uomo, perché voi giudicate secondo la carne. Siccome però io sono una cosa secondo ciò che voi vedete e un’altra cosa secondo ciò che voi non vedete, parlo di mio Padre, a voi sconosciuto, io che sono per voi altrettanto sconosciuto: prima dovete conoscere me, e allora conoscerete anche mio Padre.

3. Se conosceste me, forse conoscereste anche mio Padre (Gv 8, 19). Egli, che sa tutto, dicendo forse, non esprime un dubbio ma un rimprovero. Infatti, l’avverbio forse che di per sé esprime un dubbio, si può usare anche in tono di rimprovero: l’avverbio ha senso dubitativo quando viene usato da un uomo, che dubita perché non sa; ma sulla bocca di Dio, al quale nulla è nascosto, non può essere espressione di incertezza da parte della divinità, ma suona rimprovero per l’incredulità degli uomini. Gli uomini stessi, qualche volta, esprimono un dubbio a riguardo di cose di cui sono più che sicuri, e lo fanno a scopo di rimprovero, usano cioè l’avverbio dubitativo pur non avendo alcun dubbio nel cuore; come se tu, essendo in collera con il tuo servo, gli dicessi: Tu mi disprezzi, ma non dimenticare che forse io sono il tuo padrone. E’ in questo senso che l’Apostolo dice a taluni suoi denigratori: Credo di avere anch’io lo Spirito di Dio (1 Cor 7, 40); chi dice credo sembra dubitare, ma quello dell’Apostolo non era un dubbio, era un rimprovero. E lo stesso Cristo Signore, in altra occasione, rimproverando l’infedeltà futura del genere umano, dice: Quando verrà il Figlio dell’uomo, credi forse che troverà della fede in terra? (Lc 18, 8).

4. Suppongo che abbiate capito in che senso egli dice forse, di modo che nessuno di quelli che pesano le parole e analizzano le sillabe, da intenditore venga a criticare la parola usata dal Verbo di Dio e, correggendo il Verbo di Dio, perda la sua eloquenza rimanendo muto. Chi infatti è in grado di parlare come parla il Verbo che era in principio presso Dio? Non fermarti alle parole, con la pretesa di voler misurare con queste tue parole comuni e logore quel Verbo che è Dio. Tu ascolti il Verbo e non gli presti attenzione; ma ascolta Dio che dice: In principio era il Verbo, e temi. Ti richiami al tuo linguaggio, e dici fra te: che cosa è la parola, che consistenza avrà mai la parola? E’ un suono che passa: risuona nell’aria, colpisce l’orecchio, e non è più. Ascolta ancora: Il Verbo era presso Dio; permaneva, non cessava come un suono. Forse ancora lo tieni in poco conto; ebbene: Il Verbo era Dio (Gv 1, 1). Anche in te, o uomo, quando la parola è nel tuo cuore, è una cosa diversa dal suono; ma la parola che è in te, per arrivare a me ha bisogno del suono, come di un veicolo: prende il suono e vi monta su come se fosse un veicolo, corre attraverso l’aria e arriva a me, senza allontanarsi da te; il suono invece, per venire a me, si allontana da te e nemmeno presso di me rimane. La parola dunque, che era nel tuo cuore, si è forse dileguata col cessar del suono? Hai detto ciò che pensavi, e perché ciò che stava nascosto dentro di te giungesse fino a me hai pronunciato delle sillabe; il suono delle sillabe ha portato al mio orecchio il tuo pensiero, e attraverso il mio orecchio il tuo pensiero è sceso nel mio cuore. Il suono intercorso è volato via; quella parola, però, che ha preso il suono, prima che risuonasse era dentro di te; dopo che l’hai pronunciata è dentro di me, senza essersi allontanata da te. Tieni conto di questo, tu che analizzi i suoni. Tu che non riesci a spiegarti il verbo, la parola dell’uomo, disprezzi il Verbo di Dio?

[Colui che ha fatto tutto, sa tutto.]

5. Colui per mezzo del quale tutto è stato fatto sa tutto, e il suo dubbio non è che un rimprovero. Le sue parole: Se conosceste me, forse conoscereste anche mio Padre suonano rimprovero per gli increduli. Simile espressione ha usato per i discepoli, ma non in forma dubitativa, perché non c’era motivo di rimproverare la loro incredulità. Infatti ciò che in questa occasione ha detto ai Giudei: Se conosceste me, forse conoscereste anche mio Padre, lo ha detto anche ai discepoli, quando Filippo si rivolse a lui e gli chiese: Signore, mostraci il Padre e ci basta (Gv 14, 8); in altre parole: Noi ormai ti abbiamo conosciuto, ti sei mostrato a noi e noi ti abbiamo visto, ti sei degnato di sceglierci e noi ti abbiamo seguito, abbiamo visto i tuoi miracoli, abbiamo ascoltato le tue parole di salvezza, abbiamo ascoltato i tuoi precetti, speriamo nelle tue promesse, e la tua stessa presenza è stata per noi un bene immenso; ma tuttavia, siccome te ti conosciamo, mentre il Padre ancora non lo conosciamo, desideriamo ardentemente di vedere lui che ancora non conosciamo; l’aver conosciuto te non ci basta, finché non avremo conosciuto anche il Padre. Mostraci il Padre e ci basta! E il Signore, affinché si rendessero conto che ancora non conoscevano ciò che credevano ormai di conoscere, rispose: Da tanto tempo sono con voi e non mi avete conosciuto? Filippo, chi ha veduto me ha veduto il Padre (Gv 14, 9). Queste parole esprimono forse un dubbio? Ha forse detto: Chi ha veduto me, forse ha veduto anche il Padre? Perché? Perché il Signore si rivolgeva ad un fedele, non ad un persecutore della fede, e perciò non doveva rimproverare ma soltanto insegnare. Confrontiamo le due espressioni: Chi ha veduto me, ha veduto il Padre e Se conosceste me, conoscereste anche mio Padre; togliamo da questa l’avverbio che si riferisce all’incredulità degli ascoltatori, e le due frasi sono identiche.

[Evitare l’uno e l’altro scoglio.]

6. Già ieri facevamo osservare alla vostra Carità che non avremmo voluto metterci a spiegare le affermazioni che l’evangelista Giovanni fa narrandoci ciò che apprese dal Signore, se non fossimo costretti dalle interpretazioni che ne danno gli eretici. Ieri brevemente abbiamo anche informato la vostra Carità che esistono degli eretici chiamati patripassiani, o, dal loro corifeo, sabelliani. Costoro sostengono che il Padre è lo stesso che il Figlio; i nomi sono diversi ma la persona è la stessa. Quando vuole è Padre e quando vuole è Figlio; ma è sempre la stessa e unica persona. Ci sono poi altri eretici che si chiamano ariani. Essi confessano che nostro Signore Gesù Cristo è il Figlio unico del Padre; che questo è il Padre del Figlio e quello il Figlio del Padre; che il Padre non è il Figlio e il Figlio non è il Padre: riconoscono la generazione del Figlio da parte del Padre, ma negano l’uguaglianza del Figlio col Padre. Noi, cioè la fede cattolica proveniente dall’insegnamento degli Apostoli, piantata in noi, ricevuta da noi attraverso una successione ininterrotta, e che integra deve essere da noi trasmessa ai posteri, in mezzo ad entrambi gli errori mantiene salda la verità. Secondo l’errore dei sabelliani esiste una sola persona: il Padre è la stessa persona del Figlio; secondo l’errore degli ariani il Padre e il Figlio non sono la stessa persona, però il Figlio non solo è un’altra persona ma anche un’altra natura. Tu che sei in mezzo, che dici? Hai superato la posizione sabelliana, supera anche quella ariana. Il Padre è il Padre, il Figlio è il Figlio: sono distinte le persone ma identica è la natura, perché Io e il Padre – dice il Signore – siamo una cosa sola (Gv 10, 30), così come ieri ho cercato di spiegarvi. Sentendo siamo, si ritiri confuso il sabelliano; sentendo una cosa sola, si ritiri confuso l’ariano. Diriga il cattolico, fra l’uno e l’altro errore, la barca della sua fede evitando il naufragio nell’uno come nell’altro scoglio. Tu dunque sostieni ciò che afferma il Vangelo: Io e il Padre siamo una cosa sola: non dunque una natura diversa, perché una cosa sola; non una sola persona, perché siamo.