Ormai è conclamato: coloro che amano meno il Natale sono i potenti e i privilegiati. Ne sono la riprova le linee guida anti-Covid della Commissione Europea che raccomandano la sospensione delle messe natalizie. Ci ha messo del suo anche il governo italiano con la conferma del coprifuoco notturno. Al bando della messa di mezzanotte, si è aggiunta una querelle, a tratti oziosa, sul reale giorno e orario di nascita di Nostro Signore.
In queste diatribe abbiamo assistito a prese di posizione molto differenti tra le chiese nazionali. Se l’episcopato francese si è impuntato, sfidando le restrizioni nel culto imposte dal governo Macron, in Italia, la Conferenza Episcopale ha privilegiato una linea morbida. Come più volte Cristiani Today ha ribadito, la vera questione non è una Chiesa che, per ragioni sanitarie cautelative, sceglie di ridimensionare l’attività liturgica. Il problema nasce quando la Chiesa si fa dettare le regole dallo Stato, evitando di agire in autonomia, persino in questioni cruciali come, appunto, la liturgia.
“Libera Chiesa in libero Stato”: principio ancora valido?
Il Concordato tutela questa indipendenza ma l’episcopato italiano, a quanto pare, non la sta facendo valere più di tanto. Salvo qualche voce fuori dal coro, come quella di monsignor Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, che ha dichiarato: “Non voglio uno Stato che entri a regolamentare quello che la Chiesa deve decidere. Quindi ci deve essere su questo punto una forte attenzione sui significati simbolici, culturali e di fede di ciò che la Chiesa vive”.
Stando alle dichiarazioni della maggior parte dei rappresentanti dell’alto clero italiano, tuttavia, sembra che la preoccupazione principale dei pastori sia diventata quella di far rispettare le regole già sancite dall’autorità civile, dando così il buon esempio. Emblematico, a riguardo, è il presepe recentemente allestito nel duomo di Torino, con Giuseppe e Maria provvisti di mascherina anti-Covid. Iniziativa dalla finalità educativa, ma esteticamente molto discutibile e, francamente, poco consona alla simbologia natalizia.
Mantenendo la linea attuale, vescovi e parroci si assumono una responsabilità grandissima. Davvero la salute del corpo e quella dell’anima sono in reciproco contrasto e, in questa particolare fase, la prima diventa più importante della seconda? Sono interrogativi non peregrini su cui finora non è stato avviato nessun vero dibattito. Su un tema così cruciale, si sta navigando a vista. Quando il mare è in tempesta, però, le decisioni coraggiose non sono un’opzione ma diventano qualcosa di assolutamente necessario.
Famiglie isolate
L’attacco sferrato al Natale dai poteri forti, tuttavia, non riguarda solamente il nucleo sacro della festa. Anche gli aspetti più prettamente antropologici e legati alle tradizioni umane sono nel mirino. Per rendere l’idea: sono migliaia le persone che non potranno raggiungere i propri familiari residenti in altre città, in forza del DPCM che vieta i trasferimenti in altre regioni nei giorni compresi tra il 21 dicembre e il 6 gennaio e, nei giorni del 25-26 dicembre e 1° gennaio, anche tra comuni.
Natale coi tuoi? Per molti, purtroppo, non sarà così. Al posto del tradizionale veglione di Capodanno, poi, la maggior parte dovranno accontentarsi di un ben meno esaltante brindisi “virtuale”. Non ci vuole un genio a capire che stappare lo spumante in solitudine, davanti alle facce dei propri amici incasellate sullo schermo di Zoom o di Meet, come tante api nelle celle di un alveare, sarà qualcosa che susciterà una certa malinconia.
In nome di un generico diritto alla salute, è stato soppresso il diritto di molti italiani a trascorrere il Natale con i propri cari. Posto che le pandemie non sono certo una novità, è probabilmente la prima volta nella storia che succede. Per tutelare la salute generale, migliaia di italiani si ammaleranno di solitudine e di malinconia. Per evitare loro un eventuale rischio di contagio da Covid, molti anziani saranno privati dell’affetto dei loro figli e nipoti. È lecito, in nome di un bene collettivo, sottrarre a una persona un bene personale ma, non per questo, meno importante? Davvero vale la pena? Davvero le famiglie sono tanto irresponsabili e incapaci di cautelarsi da sé contro il virus all’interno delle loro case, da meritarsi dei divieti così severi? Finché ci sarà libertà d’opinione, queste domande sono assolutamente legittime.
Un Natale “sobrio”?
In molti hanno ripetuto che, vista l’emergenza attuale, è giusto che questo Natale sia “sobrio”. Qualcuno si è spinto a dire che quest’anno c’è poco festeggiare. Niente cenoni, pochi addobbi, regali pochi o nessuno. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si è improvvisato spiritual coach degli italiani: “Il Natale – ha detto – non lo dobbiamo identificare solo con lo shopping, fare regali e dare un impulso all’economia. Natale, a prescindere dalla fede religiosa, è senz’altro anche un momento di raccoglimento spirituale”. Un modo per dire: visto lo scenario di crisi, approfittate per un sano distacco dal mondo e contemplate Gesù Bambino. Peccato che il suggerimento arrivi proprio da colui che ha posto il veto sulla messa di mezzanotte. Lo stesso che, da marzo, a suon di DPCM, sta di fatto restringendo la libertà di culto…
Questo Natale potrà anche essere più semplice, austero e povero dei Natali passati. In molte famiglie sarà inevitabilmente vissuto in modo più triste. La nostra predisposizione d’animo alla festività imminente, però, non può rappresentare l’“assoluto” della festa stessa. Natale è la festa della luce che irrompe nelle tenebre e quella luce è un fatto oggettivo, rispetto al quale tutti i nostri sentimenti e opinioni passano in secondo piano. La notte del 24 dicembre, quantunque forte possa essere il nostro malumore, il Bambino sarà lì ad accoglierci a braccia aperte nella mangiatoia. La sua gioia è pronta a riscaldare e consolare qualunque solitudine. Abbiamo la libertà di accoglierlo oppure no. Anche per questo se, nonostante tutto, volessimo stappare uno champagne o fare qualche regalo in più a qualcuno cui vogliamo bene, non dovremmo sentirci in colpa. Non lasciamoci rubare il Natale!