Non permettiamo che il matrimonio e la maternità vengano sabotati da una legge

Intervista a Don Fabio Bartoli sacerdote della Parrocchia di San Benedetto al Gazometro ROMA.

Cosa pensa della maternità surrogata e delle adozioni gay?
Penso che la maternità surrogata (come diceva il Ministro Alfano tempo fa, sia un abominio … proprio perché è una forma di sfruttamento del corpo delle donne che vengono trasformate come delle vere e proprie incubatrici viventi. E’ una vera follia!
Questo viene fatto sulla pelle di donne, che vengono costrette dalla loro situazione economica, a prestarsi per questa situazione. Loro sono delle vittime!
Da sacerdote e da uomo che sta dalla parte dei poveri, se dovessi scegliere tra due ricchi (che vogliono soddisfare il loro capriccio di genitorialità) e una povera donna (che per mandare avanti la famiglia che già ha) è costretta ad affittare parte del suo corpo … non ho nessun dubbio da che parte stare.
Per quando riguarda le adozioni gay, penso ciò che dice la scienza. C’è più di un secolo di studi che si basano sul Complesso di Edipo, cioè significa che il bambino si sviluppa col confronto con i genitori di sesso sia maschile che femminile.
So benissimo che sono stati messi in campo degli studi pseudo-scientifici che tentano di dire che un bambino cresce benissimo anche in condizioni diverse … ma aggiungerei anche che ci sono studi che dicono tutto il contrario.
Il punto più interessante è il seguente: oggi in Italia, ci sono disponibili 10 famiglie per ogni bambino adottabile, e sappiamo che la prassi per le adozioni dura anni, questo perché per lo Stato non basta solo l’amore a garantire un adozione.
Il Magistero della Chiesa ha parlato con chiarezza attraverso un Documento della Commissione della Dottrina della Fede del 2005, che sottolineava il dovere di coscienza per i Politici Cristiani, di opporsi a leggi che favorissero l’adozione da coppie omosessuali.
Per fino Giovanni Paolo II nel 1979, parlando all’ONU, anticipava già un certo tipo di deriva e con forza disse più volte: “Noi ci alzeremo in piedi contro quelli che vorranno trasformare il matrimonio ed i bambini in una merce di scambio”.

Quali potrebbero essere le conseguenze se passasse il disegno di legge Cirinnà?
L’art. 5 del DdL Cirinnà, se approvato nella sua attuale formulazione, consentirebbe “l’adozione -da parte del partner dello stesso sesso- del figlio biologico dell’altro partner” anche nei casi in cui il bambino sia nato grazie al ricorso a procedure di maternità surrogata e di fecondazione eterologa, codificando il diritto di adottare un bambino che è stato reso intenzionalmente “orfano” di uno dei due genitori, e per l’esattezza del genitore “donatore” o “surrogante”, da parte di chi ha coscientemente fatto ricorso a una procedura di filiazione che porta alla espulsione, dalla vita del concepito, del genitore biologico (il quale dovrebbe poi essere “surrogato” dal partner dell’altro genitore biologico che ha fatto ricorso a detta procedura), il tutto in un contesto in cui, a fronte della vuota formula ideologica di “genitorialità intenzionale”, si vuole in realtà far passare il principio più brutale, ma aderente ai fatti, di “orfanizzazione intenzionale”.
E questo in barba al sesto principio della carta internazionale dei diritti del fanciullo, che così recita: “salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non può essere separato dalla madre”. Ovviamente infatti non esiste alcun diritto ad avere dei figli, perché i figli non sono cose di cui disporre a piacimento, esiste invece il diritto del bambino a non essere separato dai suoi genitori naturali.
Questa è la linea del Piave che l’ideologia del postumano intende sfondare: introdurre il principio che il rapporto di genitorialità, grazie alla Tecnica e alle possibilità economiche di chi vi ricorre, non presuppone genitori di sesso diverso, nè un legame genetico, essendo sufficiente l’intenzione di essere “genitore” (sic) di un “figlio”. Capisci di che stravolgimento culturale stiamo parlando? La cosa più carnale e viscerale che ci sia, cioè il rapporto padre/figlio o madre/figlio verrebbe ridotto ad uno stato mentale, cioè a quello dell’intenzione. E poiché le intenzioni sono labili cosa garantirebbe la permanenza di questo legame? E la cronaca infatti, nei pochi mesi in cui questa pratica oscena dell’utero in affitto è venuta alla luce, ci ha già mostrato più di un caso di bambini rispediti “alla fabbrica” in base alla logica strettamente commerciale del “soddisfatti o rimborsati “. Chi un domani oserà parlare a questi bambini di amore incondizionato? Come educarli al disinteresse o alla generosità?
In altre parole, quindi, non penso affatto che la posta in gioco con questa proposta di legge sia la regolamentazione dello status delle coppie di fatto. Credo anzi che questo sia un false flag agitato a bella posta, come arma di distrazione di massa, visto che l’ordinamento italiano prevede di già l’istituto del contratto di convivenza che dà accesso a numerosi diritti come l’assistenza sanitaria del convivente, anche se omosessuale, la possibilità di visitarlo in carcere o la possibilità di ereditare. Si può eventualmente trattare sull’aggiungere ancora qualcosa alle possibilità offerte dal patto di convivenza senza però andare a inventare nuove figure giuridiche che finirebbero inevitabilmente con lo svalutare il matrimonio.
Ci sono in particolare due limiti che mi sembrano invalicabili, ed entrambi vengono stracciati dal DDL Cirinnà, che sono: 1) la possibilità di adottare, perché seguendo Freud e più di un secolo di psicologia clinica sono persuaso che l’uomo conosce se stesso confrontandosi con la polarità sessuale dei genitori, e 2) la reversibilità della pensione, che ha il suo fondamento giuridico nella tutela della prole. È evidente infatti che data la crisi dell’istituto pensionistico, offrire questa possibilità a coppie per definizione sterili andrebbe a ledere il diritto delle coppie con figli. Entrambi i punti dunque riguardano i figli, come è logico, visto che ciò che caratterizza il matrimonio (lo dice la parola stessa) è il sostegno alla “mater” cioè alla prole.
Per questo insieme di ragioni, niente affatto confessionali come vedi, ma del tutto razionali, considero questo DDL una vera porcheria, la questione è: come opporsi? Di fronte a questo, cioè di fronte alla possibilità, per me mostruosa, di vedere un bambino separato dalla sua mamma per soddisfare le ansie di paternità/ maternità di qualche ricco europeo, io non posso infatti restare indifferente, me lo vieta la mia coscienza. E poiché siamo in democrazia una legge la si contrasta con gli strumenti democratici a nostra disposizione, tanto più che ben pochi in parlamento sono quelli che si oppongono senza se e senza ma, tra i quali ovviamente c’è la manifestazione in piazza. Sono necessarie anche le “battaglie culturali”, è necessaria anche la testimonianza, e certo non ci tireremo indietro su quel campo, ma adesso la priorità è fermare l’itinerario di una legge iniqua e disumana.
Sono convinto anche io che non sarà una manifestazione a risolvere i problemi delle famiglie, il bonus fiscale ad esempio aiuterebbe assai di più, ma “queste cose bisogna fare senza trascurare quelle”. L’obbiettivo della manifestazione peraltro è assai circoscritto e preciso: fermare l’itinerario di un DDL che, al di là delle parole dei proponenti, danneggia oggettivamente i bambini. I problemi delle famiglie andranno affrontati in altre sedi e con altri linguaggi, d’accordissimo, ma intanto mi rifiuto di assistere passivo ad un ennesimo sfruttamento dei bambini, camuffato per di più in salsa umanitaria (e chi lo fa mente sapendo di mentire, visto che sa benissimo che in Italia, già adesso, per ogni bambino adottabile ci sono dieci famiglie richiedenti).

Servizio di Rita Sberna