Papa Francesco: combattere l’ipocrisia

menzogna, maschera, ipocrisia
pexels.com

Anche nella Sacra Scrittura ci sono storie molto umane di confronti e litigi tra personaggi da cui probabilmente non ce li saremmo aspettati. Continuando il ciclo delle catechesi sulla Lettera ai Galati, oggi il Santo Padre ci presenta proprio lo scontro tra i due grandi, Pietro e Paolo. E, a differenza di ciò che potremmo pensare spontaneamente, è il secondo a rimproverare il primo, mettendosi dalla parte della verità.

Torniamo così al delicato rapporto tra la Legge e la libertà, e l’importanza dell’equilibrio nel considerare entrambe.  A un giudeo, la Legge proibiva di prendere i pasti con i non ebrei. Ma lo stesso Pietro, in un’altra circostanza, era andato a Cesarea nella casa del centurione Cornelio, pur sapendo di trasgredire la Legge. Allora affermò: «Dio mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro nessun uomo» (At 10,28), ci dice il Papa. E aggiunge: ricordiamo che lo Spirito Santo è venuto in quel momento nella casa di Cornelio quando Pietro è andato lì. 

Ed ecco però che Pietro non è fedele fino in fondo a questa libertà. Un fatto simile era accaduto anche ad Antiochia in presenza di Paolo. Prima Pietro stava a mensa senza alcuna difficoltà con i cristiani venuti dal paganesimo; quando però giunsero in città alcuni cristiani circoncisi da Gerusalemme – coloro che venivano dal giudaesimo –allora non lo fece più, per non incorrere nelle loro critiche. È questo lo sbaglio: era più attento alle critiche, a fare buona figura. 

E si attiva subito Paolo, chiamando le cose per nome. Questo è grave ai suoi occhi, perché Pietro veniva imitato da altri discepoli, primo fra tutti Barnaba, che con Paolo aveva evangelizzato proprio i Galati (cfr Gal 2,13). Senza volerlo, Pietro, con quel modo di fare – un po’ così, un po’ colà… non chiaro, non trasparente – creava di fatto un’ingiusta divisione nella comunità: “Io sono puro… io vado per questa linea, io devo andare così, questo non si può…”.

Entriamo dunque nell’argomento difficile e scomodo, quello dell’ipocrisia. Cosa è l’ipocrisia? – ci chiede Papa Francesco. Si può dire che è paura per la verità. L’ipocrita ha paura per la verità. Si preferisce fingere piuttosto che essere sé stessi. È come truccarsi l’anima, come truccarsi negli atteggiamenti, come truccarsi nel modo di procedere: non è la verità. Il Pontefice approfondisce. E così ci si sottrae all’obbligo – e questo è un comandamento – di dire sempre la verità, dirla dovunque e dirla nonostante tutto. E in un ambiente dove le relazioni interpersonali sono vissute all’insegna del formalismo, si diffonde facilmente il virus dell’ipocrisia. Quel sorriso che non viene dal cuore, quel cercare di stare bene con tutti, ma con nessuno…

Riportando anche altri esempi ricorrenti sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, in cui si combatte l’ipocrisia, il Papa ci mette in guardia da questo atteggiamento devastanteL’ipocrita è una persona che finge, lusinga e trae in inganno perché vive con una maschera sul volto, e non ha il coraggio di confrontarsi con la verità. Per questo, non è capace di amare veramente – un ipocrita non sa amare – si limita a vivere di egoismo e non ha la forza di mostrare con trasparenza il suo cuore. Ci sono molte situazioni in cui si può verificare l’ipocrisia. Spesso si nasconde nel luogo di lavoro, dove si cerca di apparire amici con i colleghi mentre la competizione porta a colpirli alle spalle. 

La catechesi si conclude con questa esortazione per tutti noi: Fratelli e sorelle, pensiamo oggi a ciò che Paolo condanna e che Gesù condanna: l’ipocrisia. E non abbiamo paura di essere veritieri, di dire la verità, di sentire la verità, di conformarci alla verità. Così potremo amare. Un ipocrita non sa amare. Agire altrimenti dalla verità significa mettere a repentaglio l’unità nella Chiesa, quella per la quale il Signore stesso ha pregato.