Papa Francesco: Kazakhstan, la beatitudine della piccolezza

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Nell’udienza di questo mercoledì Papa Francesco, come di consueto, si sofferma all’esperienza recentemente vissuta, quella del viaggio apostolico in Kazakhstan. Ci comunica di cuore la gratitudine per aver conosciuto e visitato questo vasto paese asiatico, e per aver potuto prendere parte al Congresso dei Leader delle religioni mondiali e tradizionali

Il Santo Padre ci fa notare, come questo tipo di iniziativa, che quest’anno si ripete già con la sua settima edizione, in soli 30 anni di indipendenza del paese ospitante, significa mettere le religioni al centro dell’impegno per la costruzione di un mondo in cui ci si ascolta e ci si rispetta nella diversità. E questo non è relativismo, no: è ascoltare e rispettare – osserva il Papa – È una posizione equilibrata e di unità.

Mentre Francesco vede questo grande e importante momento-culmine per tutte le religioni, come grande opportunità, ricorda che questo passo avanti come frutto di un cammino che parte da lontano, rifacendosi agli eventi passati promossi dai Papi ma anche dai noti rappresentanti di altre religioni. Resta senza dubbio l’aspetto più importante: i momenti solenni sono importanti, ma poi è l’impegno quotidiano, è la testimonianza concreta che costruisce un mondo migliore per tutti.

Tenendo presente il recente passato del Kazakhstan, il Papa esprime la sua stima verso il governo e la Chiesa di questo Paese dell’incontro: in esso, infatti, convivono circa centocinquanta gruppi etnici e si parlano più di ottanta lingue. Questa vocazione, che è dovuta alle sue caratteristiche geografiche e alla sua storia,  – questa vocazione di essere paese di incontro, di culture, di lingue – è stata accolta e abbracciata come un cammino, che merita di essere incoraggiato e sostenuto. Come pure ho auspicato che possa proseguire la costruzione di una democrazia sempre più matura, in grado di rispondere effettivamente alle esigenze dell’intera società. 

Sappiamo che in questo enorme paese, i cattolici sono pochi. Papa Francesco lo vede come una spinta positiva. (…) Questa condizione, – dice – se vissuta con fede, può portare frutti evangelici: anzitutto la beatitudine della piccolezza, dell’essere lievito, sale e luce contando unicamente sul Signore e non su qualche forma di rilevanza umana. Inoltre la scarsità numerica invita a sviluppare le relazioni con i cristiani di altre confessioni, e anche la fraternità con tutti. Dunque piccolo gregge, sì, ma aperto, non chiuso, non difensivo, aperto e fiducioso nell’azione dello Spirito Santo, che soffia liberamente dove e come vuole. 

La riflessione finale di Francesco, su questo viaggio appena compiuto, ribadisce l’importanza di un’unica croce sotto la quale vengono riuniti tutti i popoli. Era la festa della Santa Croce. E questo ci fa riflettere: in un mondo nel quale progresso e regresso si intrecciano, la Croce di Cristo rimane l’ancora di salvezza: segno della speranza che non delude perché fondata sull’amore di Dio, misericordioso e fedele. A Lui va il nostro ringraziamento per questo viaggio, e la preghiera affinché esso sia ricco di frutti per il futuro del Kazakhstan e per la vita della Chiesa pellegrina in quella terra.